Non è per niente facile affrontare tematiche che riguardano il mondo del lavoro. Ancor più difficile diventa quando vogliamo calarci nella nostra specificità di meridionali, di cittadini relegati ai margini del benessere europeo.
Le trasformazioni politiche e sociali dell'ultimo decennio hanno generato nuove forme di povertà, restringendo sempre di più i confini geografici del benessere: i rapporti degli indicatori economici posizionano il Sud a livelli da inizio anni '50. Le regioni meridionali sono ritornate ad essere un bacino di mano d'opera per le regioni industrializzate del Nord, seppur con maggiori difficoltà rispetto al passato: molti emigrano per periodi brevi, poiché anche al Nord i salari sono bassi e servono appena per coprire le spese.
Il divario Nord/Sud cresce in modo esponenziale, con interi territori che pagano un prezzo elevatissimo a queste logiche accentratrici dell'economia italiana.
Uno di questi territori è quello della provincia di Crotone, che attraversa uno dei periodi peggiori della sua storia. Lo smantellamento radicale dell'apparato industriale ha portato ad un collasso delle condizioni economiche della popolazione, alimentando un flusso migratorio che non si vedeva da qualche decennio.
Nuove forme di assistenzialismo e di lavori precari permettono di tenere la popolazione sotto controllo, tranquilla, entro i limiti di una sopportazione che non genera disordini sociali. Una popolazione che forse non ha più voglia di protestare e che accetta, da quasi dieci anni, tutto quanto come fosse la punizione per una sconfitta, il prezzo da pagare per essere stata un'anomalia del Sud, una zona di forte occupazione industriale e di emancipazione politica, sociale e culturale. Un prezzo da pagare a causa dell'ultimo grande sobbalzo di dignità che la regione Calabria ha visto nell'ultimo decennio.
Era il 7 settembre 1993, quando Michele Mattace salì sulla ciminiera dell'Enichem: protestava perché aveva ricevuto la lettera di cassa integrazione a zero ore. Ed erano 333 le lettere che l'Enichem aveva inviato agli operai di Crotone, senza alcuna possibilità di trattazione, senza discussioni preliminari. La sera scoppiò la rivolta. Gli operai occuparono la palazzina della produzione ed accesero il fosforo sulla S.S. 106. La mattina seguente le donne occuparono i binari della stazione ferroviaria, e gli studenti, i commercianti scesero in piazza; la solidarietà ai lavoratori arrivò da tutti i settori, dai politici di ogni schieramento al vescovo della città. Crotone divenne improvvisamente un simbolo della resistenza operaia, e per 10 giorni i riflettori dei media nazionali restarono accesi su questo lembo di Calabria. La mediazione del governo portò ad un armistizio. Crotone ottenne il riconoscimento di area di crisi e l'Enichem potette smantellare il reparto fosforo attraverso contratti di solidarietà e cassa integrazione a rotazione tra i lavoratori. Il governo stanziava 150 miliardi per la reindustrializzazione; venne creato il consorzio "Crotone sviluppo" per seguire le pratiche per i nuovi insediamenti industriali.
Ma di nuovo, a distanza di nove anni, c'è ben poco. Anzi a distanza di nove anni, qualcosa di nuovo è emerso e che ha ulteriormente modificato lo scenario economico del territorio. Hanno chiuso definitivamente lo zuccherificio di Strongoli e la cartiera di Crotone, si sono ridimensionati gli organici lavorativi sugli impianti idroelettrici silani, e nel mese di aprile di questo anno, dopo una lunga e sofferta agonia, si sono chiusi per sempre i cancelli della Pertusola Sud, la storica e più grande fabbrica della Calabria.
E' cambiato tanto. Si guarda al passato con un senso di nostalgia, di rabbia, di frustrazione. La gente che non parte tira fuori tutta la sua forza per andare avanti.
Si inventano i lavori e si utilizzano le forme incentivate dallo Stato (imprenditoria giovanile) per aprire nuove attività commerciali e/o artigianali. Del resto è quanto riescono a proporre la classe politica, i sindacati, le amministrazioni locali, spinte dalla filosofia dominante che il lavoro si costruisce dalla bontà delle proprie idee, organizzando convegni con illustri relatori in modo da spingere i giovani in tal senso. Bisogna però stare attenti a non creare un eccesso di attività analoghe, in concorrenza tra di loro, a dividere il poco denaro in circolazione.
Nuove e più grandi realtà produttive stanno, invece, avviando le loro produzioni, principalmente nell'area industriale di Cutro, dove un'amministrazione dinamica e lungimirante ha bruciato le tappe burocratiche per consentire l'insediamento di diverse nuove aziende. Si tratta per il momento di poche decine di assunzioni, ed ancora non si conoscono l'incidenza e la richiesta che avranno sul mercato le merci prodotte.
Esistono, invece, dati comparabili su qualche realtà esistente ormai da qualche anno. La Datel, per esempio. Un'azienda nata nel dopo alluvione, quale impegno concreto dell'allora governo Prodi per fronteggiare il disastro economico subito dalla Città di Crotone. Questa azienda lavora a pieno ritmo nella fatturazione di bollette e come call-center per la TIM, grazie anche alla grande professionalità, all'impegno e serietà dei nostri giovani. Ma non è del gruppo Telecom (come si voleva nelle promesse originarie), e i circa 400 posti di lavoro attuali non valgono 200 posti nella vecchia Enichem o Pertusola, sia per trattamenti salariali, che per diritti sindacali: gli stessi contratti di assunzione non garantiscono ad un giovane di guardare in una prospettiva esistenziale a lungo termine.
Non è per niente facile, oggi, affrontare tematiche che riguardano il mondo del lavoro. I tempi sono cambiati, tante trasformazioni hanno investito del resto anche le regioni settentrionali, che puntano anch'esse il dito contro i mali della globalizzazione. In questo contesto, la situazione nella provincia di Crotone e nelle regioni meridionali assume un aspetto drammatico, come una forma di esclusione dai diritti basilari che uno Stato sociale deve garantire: lavoro, libertà, giustizia, eguaglianza, autonomia, dignità, equità, benessere e solidarietà.
La cosa peggiore è che non si vedono all'orizzonte segnali di cambiamento, prospettive per un futuro diverso. Non è difficile capire che non esiste alcun progetto politico serio che guardi allo sviluppo del Sud e nel particolare, della nostra terra, della Calabria. Persino i fondi della Comunità Europea non valgono in quantità le risorse della Cassa del Mezzogiorno. Persino l'idea di un ponte, come simbolo di prosperità, di magnificenza dello Stato è una scatola vuota che non modifica nulla nel contesto complessivo dell'economia.
Ed allora bisogna guardare avanti, oltre. È necessaria una nuova spinta alle nostre rivendicazioni; questa non può che venire da tutti i settori della società. Il caso Crotone del '93 è emblematico e propedeutico. Quando i cittadini, i politici, gli amministratori e la chiesa si stringono attorno a un problema sociale, non esistono ragioni per nascondere o soffocare le giuste motivazioni che generano il dissenso.
Il problema sociale emergente è, oggi, il lavoro e tutti hanno il dovere di arrestare questa misera ed umiliante nuova emigrazione. Dunque un processo di trasformazione, che avviene acquisendo la convinzione di un'autonoma capacità di riscatto attraverso azioni, battaglie (civili, democratiche e non violente), interventi che rompano il blocco politico ed economico che ci attanaglia.
Bisogna costruire un progetto economico su cui lavorare con serietà, che non può eludere da una visione più ampia dell'esistente, cominciando a ragionare in termini di un grande mercato delle merci prodotte nel meridione, sia per il fabbisogno interno che per l'esportazione al Nord; tracciando inoltre progetti di uno sviluppo sostenibile dell'ambiente, uno sviluppo nei servizi pubblici, nella valorizzazione del patrimonio artistico, nei circuiti del sapere e della comunicazione, nello sviluppo urbanistico e nella pianificazione del territorio, nelle forme alternative di turismo, nella valorizzazione delle risorse agricole, nella solidarietà, nell'assistenza., ecc...
E' tempo per cominciare ad entrare nella logica delle idee.