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Santi Fedele,
Il retaggio dell'esilio.
Saggi sul fuoruscitismo antifascista, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2000, pp. 207


di Katia Massara


Il lavoro di Santi Fedele, studioso da sempre attento alle varie realtà espresse dagli antifascisti italiani all'estero, raccoglie saggi editi e inediti scritti dall'autore nel corso degli ultimi anni.
La tesi centrale dell'opera è quella di restituire al travaglio ideologico, maturato dagli esuli sia a livello personale che collettivo, la sua dimensione reale. Quella cioè di un fenomeno importante, sebbene numericamente esiguo, in quanto testimonianza etico-politica e strumento di propaganda attiva, ma soprattutto per avere portato a compimento una riflessione più consapevole sulle cause dell'affermazione e del consolidamento del fascismo nella mutata società italiana del primo dopoguerra. Dall'analisi attenta della situazione lasciata nel proprio paese, aiutati dal confronto con le altre realtà e dagli stimoli suscitati dallo scambio con gli esponenti più rappresentativi della cultura internazionale, gli antifascisti italiani elaborarono le ragioni della sconfitta e le strategie di lotta che costituiranno le premesse ideali del processo di ricostruzione democratica avviato dopo la Liberazione.
In questa disamina dell'attività delle varie organizzazioni antifasciste all'estero solo pochi cenni sono dedicati al PCI, la cui storia è stata del resto ampiamente indagata. Partendo dal periodo immediatamente successivo alla promulgazione delle leggi eccezionali, l'attenzione dell'autore si concentra in primo luogo sui momenti di azione comune e su quelli di scontro dialettico o addirittura di divisione vissuti da socialisti, repubblicani, giellisti, massoni e anarchici, sia all'interno dei singoli movimenti che nel più ampio fronte della Concentazione antifascista, ripercorrendone le fasi salienti del percorso organizzativo e teorico-politico.
L'operazione del ripensamento critico della stagione del fuoruscitismo italiano è effettuata dall'autore tenendo sempre ben presenti il momento dell'elaborazione teorica e quello dell'attività pratica dei movimenti e dei partiti antifascisti all'estero, dei loro organismi (ampio spazio viene dato ai dibattiti riportati dagli organi di stampa) e delle loro ramificazioni. Viene così ripercorsa la vicenda della massoneria del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani con la conseguente emigrazione dei liberomuratori in Francia, connessa alla nascita della Lega italiana dei diritti dell'uomo e alla ricostituzione formale del GOI in esilio. Particolare risalto viene dato alla creazione e allo sviluppo del movimento di Giustizia e Libertà, che, sorto nel 1929 in alternativa al programma e alla strategia concentrazionista, rappresenta secondo Fedele non solo "la più originale esperienza prodottasi in tutto l'arco dell'esilio antifascista", bensì "il momento più alto e completo di fusione tra impegno culturale e lotta politica" (p. 20). L'eterogeneità culturale dei suoi aderenti e l'apertura al recepimento delle istanze delle diverse ideologie faranno confluire al suo interno le voci diverse di un antifascismo militante e coraggioso. Questo aspetto, connesso al carattere movimentista di GL e a quello del rifiuto di una strutturazione partitica rigida, stanno alla base delle simpatie e dei rapporti che Carlo Rosselli intratterrà, durante la prima metà degli anni Trenta, con gli anarchici italiani fuorusciti.
Non mancano nel testo accenni anche alle diverse posizioni sui motivi del successo della dittatura mussoliniana espresse da intellettuali fuorusciti non inquadrabili nelle formazioni e nei partiti ufficiali, quali Luigi Sturzo, Francesco Saverio Nitti e Gaetano Salvemini, i cui scritti ebbero un grande impatto su un numero di lettori ben più numeroso di quello al quale erano indirizzati i giornali e i documenti prodotti dalla propaganda organizzata. Altro protagonista dell'antifascismo in esilio è Ugo Coccia, alla cui condizione di esule e al cui impegno a favore della ricostituzione dell'unità socialista, finalmente raggiunta nell'estate del 1930, è dedicato un intero capitolo.
Seguendo il filo rosso che collega tra loro le varie anime dell'antifascismo in esilio, l'opera si struttura secondo un percorso logico e cronologico. L'ascesa del nazismo in Germania segna una tappa fondamentale nella riflessione e nell'impegno dei fuorusciti italiani. Lo scioglimento della Concentrazione, cui segue il primo patto di unità d'azione socialcomunista e l'avvio della politica dei fronti popolari, apre per gli esuli una nuova stagione, documentata nel testo nella parte dedicata alla riflessione dei giellisti sul ruolo dei partiti tradizionali e sulla loro struttura non partitica (o meglio di "superpartito" dell'antifascismo), alla loro alleanza con le altre forze politiche che combattevano la dittatura e alla presa di distanze ancor più netta nei confronti del comunismo. Dopo avere brevemente delineato i rapporti e l'eredità intellettuale lasciata da Giustizia e Libertà al Partito d'Azione e il peso del partito laburista inglese sull'emigrazione italiana durante il ventennio, il libro, sempre sostenuto da un robusto apparato bibliografico e documentario, si conclude con una concisa riproposizione degli atteggiamenti e dei giudizi espressi dagli antifascisti italiani non comunisti nei confronti dei processi inscenati da Stalin contro "i traditori della rivoluzione".



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