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L'universo come vivarium

di Giacomo Schettini


Il libro di Giovanni Franzoni ("Anche il cielo è di Dio", EdUP 2000, sottotitolo:" Il credito dei poveri", £ 16000) sembra evocare alcune grandi riconversioni: quella spirituale della Chiesa, quella che fonda sulla Pacei rapporti internazionali, quella solidale delle relazioni sociali ed economiche, quella ecologica della produzione e degli stili di vita. Già "La terra è di Dio", del 1973, conteneva idee e principi che in "Anche il cielo è di Dio" si precisano e prendono corpo in una proposta. Il punto di partenza resta quello che nel 1973 veniva indicato come riferimento per il Giubileo del 1975: lo spirito del Concilio Vaticano 2° che, rielaborando la tradizione biblica e giubilare (che comandavano di far riposare la terra, affrancareglischiavi,rimettere i debiti), affermava solennemente in un suo documento: "non sia dato sotto forma di dono quello che è dovuto per giustizia". La carità assume un significato forte: non alibi o metafora della ingiustizia (spontaneo rifluire delsuperfluo su chi non ha), ma attribuzione universale dei beni del creato, realizzazione della giustizia per rendere pura la carità. Essa dovrebbe essere comparata e vissuta come la riproduzione permanente della Creazione che, come la concepiscono alcuni teologi della liberazione, non è identificabile in un'azione espansiva della potenza di Dio, in un'affermazione pura e semplice della Sua perfezione, main un ritrarsi, in una riconquista della perfezione attraversando e conoscendo la imperfezione. Così la conoscenza perde la sua natura di figlia del peccato e della trasgressione per prendere quella di discendente di una scelta, di un desiderio (a partire da quello di Eva che fa oltrepassare in sessuata la conoscenza sapienziale). Lungo il cammino che porta ad essa si può andare in compagnia della seduzione, persino della felicità - che sanno come impastarsi con la fatica e con la sofferenza -` ma non della beatitudine. Questa visione della carità include anche una visione della evoluzione della specie umana fondata, come sostengono, sulla base di recenti ricerche scientifiche, alcuni teologi della liberazione (1), non sulla selezione darwiniana, ma sulla cura, sulla solidarietà, addirittura sulle "coccole". E' probabile che questa forma di relazione con i soggetti deboli sia intervenuta in un momento successivoauna prima fase diselezione naturale verosimilmente feroce.
Il filo di questo discorso Franzoni lo tesseva nel tempo in cui, gli inizi degli anni settanta, il capitale globale poneva le basi (si pensi alla inconvertibilità del dollaro, alle iniziative della Trilaterale e della CIA - il golpe in Cile -, all'attacco contro le tutele sociali attraverso le quali la carità si era fatta diritto perdendo, per questa parte, la funzione di alibi della ingiustizia, alla flessibilità territoriale e professionale, etc) di quei processi che hanno attraversato l'ultimo quarto di secolo approdando a forme di liberismo selvaggio che producono abissi di disuguaglianza.
Bisogna dire che la ispirazione biblica e giubilare fu evocata dall'attuale Papa il l° gennaio 1998 proprio in riferimento al Giubileo del 2000. A Giubileo concluso risultano terribilmente deludenti l'impronta affaristico-spettacolare, l'assenza di una analisi critica delle responsabilità della stessa Chiesa cattolica di fronte alle tecniche e alle politiche volte ad affermare i poteri e gli interessi forti e alle pratiche di esclusione, di cui si sono resi autori, per boria di religione, anche principi della Chiesa come il Card. Biffi. Insomma la Chiesa non si è misurata con gli abissi del 900, con le responsabilità che vi porta e con gli squilibri giganteschi rinviati al nuovo secolo nellesfere sociale, umana, ambientale (il20%della popolazione mondiale possiede e consuma più dell'80% delle ricchezze planetarie, in Italia il 7% possiede il 44% della ricchezza, l'ambiente fornisce servizi valutati in 33 trilioni di dollari alla formazione della ricchezza mondiale che a sua volta ammonta a 18 trilioni di dollari). Misurarsi con quegli squilibri significa affrontare, per esempio, un problema come quello del debito dei Paesi in via di sviluppo, nello spirito di quel documento del Concilio Vaticano II, già ricordato, secondo cui "non sia dato sotto forma di dono ciò che è dovuto per giustizia". E' noto il meccanismo odioso attraverso il quale si forma il debito di questi Paesi: bisogna ricordare che era nel 1980 pari a 603 miliardi di dollari e ha raggiunto i 2465 miliardi di dollari nel 1998 (i Paesi in via di sviluppo dell'area mediterranea hanno versato ai Paesi del Nord Europa, secondo Susan George, l'equivalente di due piani Marshall). La proposta avanzata da Franzoni va oltre la questione del debito: se si dovesse rispettare il principio di una attribuzione universale dei beni del creato, quello che oggi viene definito debito si trasformerebbe in credito, e in credito non soltanto morale, come anche la Chiesa ripete, ma reale. Il punto da cui bisogna partire è costituito dal dato che esistono in natura dei beni indivisibili che non possono essere attribuiti agli individui, né alienati, ma destinati all'uso e al bene comune: sono, in altri termini, la comune eredità di cui sono proprietari tutti gli uomini e le donne della terra rata parte. Una eredità che non trasferisce la proprietà ma la cura dei beni che debbono essere tramandati di generazione in generazione. In questo senso l'universo è da ritenersi un vivarium, appunto il luogo in cui si curano le piante e le cose che vi si custodiscono. Questi beni, per fare degli esempi, sono le bande elettromagnetiche, le orbite satellitari, la luna, i pianeti, le loro pertinenze, i minerali e le altre risorse che vi si trovano, i fondali marini, le piattaforme glaciali e innanzi tutto l'acqua che, come sostiene Petrella, andrà sempre di più scarseggiando fino a diventare un punto critico della vita e dei rapporti internazionali. Come è facilmente comprensibile, non tutti hanno i mezzi, le tecnologie per fruire, utilizzare e, quindi, trarre vantaggio da questi beni del patrimonio comune, perciò coloro i quali hanno i mezzi e le tecnologie per utilizzare queste risorse debbono pagare una "tassa" da versare in un fondo (Fondo per la perequazione del debito e dello sviluppo), nel quale far giuridica più forte regola che si è trasferita anche nel diritto anglosassone. Questo complesso sistema di norme e di consuetudini si fonda sul presupposto che le cose non appropriate sono di nessuno, cioè res nullius, e quindi possono essere sottoposte all'occupazione, cioè oggetto dello jus praedae. Invece nella concezione proposta i beni e le risorse del patrimonio comune sono, appunto, non di nessuno ma di tutti gli esseri umani (o anche dei viventi?). E' qui che si pone il diritto al risarcimento in seguito all'uso e allo sfruttamento di questo patrimonio, ma è anche da ciò che discendono molti interrogativi sia sulla eventuale legittimazione a sfruttare, sia su eventuali forme surrettizie di acquisizione, sia su chi ha la titolarità di porre limiti e norme. Forse in questo modo si imprime una correzione a un corso della storia che, per più versi si presenta sbagliato, proprio perché all'originefu mossodaatti predatori(cosi Krisnamurti). Tornando al debito, dal fondo per la perequazione del debito e dello sviluppo si dovrebbero trarre le risorse per assicurare a ogni donna e a ogni uomo della terra un minimo di beni e di servizi corrispondente a uno standard dignitoso, benché minimo, di vita. Questo standard minimo di beni e di servizi non può essere considerato come un approdo pacificatore che porti alla passivizzazione, ma come un terreno su cui, avendo abbassato la soglia dell'angoscia e del panico che la precarizzazione produce, si può far crescere una coscienza critica diffusa, la cui mancanza, come dice Manuel Vasquez Montalban, "è la cosa che più fa paura". Qui si arriva al punto politico. Un approdo di questa portata non può che essere il risultato di un movimento politico e culturale diffuso capace di dargli anche forma giuridica (lo spazio della politica va infatti dal bisogno alla norma). Non vi è dubbio che bisogna fare i conti con la crisi della politica, che è crisi di contenuti e di soggetti alternativi, non ricostituiti dopo che l'onda venuta dalla Storia e dal Mondo ha travolto quelli che si erano strutturati nel `900. Il capitale globale ha fatto una grande politica attraverso la fine della politica. La crisi ha colpito le menti e le coscienze. Franzoni annota che ai tempi di Saint Just la ghigliottina tagliava le teste ma lasciavala speranza, a me è venuto da pensare che ora siamo in una situazione peggiore perché vi sono ghigliottine che tagliano la speranza e lasciano le teste. Sergio Quinzio, a proposito della crisi della politica e dei suoi soggetti, ha. scritto che "la politica è scesa dagli dei ai sacerdoti, dai sacerdoti ai nobili, dai nobili ai borghesi, dai borghesi al proletariato e ora non ci sono più gradini". L'affermazione è estrema. Credo che si possano scorgere germi di resistenza e di intervento alle e nelle contraddizioni che il capitalismo della terza fase sta producendo, come dimostrano i movimenti da Seattle a Davos, a Nizza, alla Fiat, ecc. Non vorrei incoraggiarmi ad ogni costo, penso solo che senza una risposta che tocchi i meccanismi delle attuali forme di produzioni, di scambi e di organizzazione sociale e che abbia la forza trascinante della coscienza critica, potranno prodursi per lungo tempo processi distruttivi umanie ambientali. La politica deve sapere "svergognare" ed intervenire anche attraverso la pedagogia del pericolo.


(1) Ramos Regidor, Leonard Boff, (quest'ultimo si riferisce agli studi di Jevolock).



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