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Sanità-salute-malattia a Cosenza

di Piero Adamo


Questo contributo vuole solo aprire un ambito di analisi, ricerca, confronto su una dimensione sostanziale e caratterizzante la vita complessiva in una comunità.
La questione della salute/malattia e dell’organizzazione della medicina come dispositivo istituzionale/culturale per il "governo" della malattia nel contesto della nostra città, va letta nella specificità territoriale sede di definizione della domanda sociale, di aggregazione degli interessi, di interazione di questi ultimi con i valori, con le espressioni dei bisogni ecc.
Siamo in una città del Sud e dunque la questione della sanità non può non tener conto della questione meridionale connessa alla dipendenza e alla subordinazione delle aree meridionali, con i caratteri distorsivi propri delle economie e delle società dipendenti.
La città, negli ultimi decenni, ha subito l’inversione e l’arresto del flusso migratorio, la fine delle crisi economiche con l’esplosione dei consumi ed anche la crisi del welfare e il sostanziale fallimento dei momenti riformatori.
Sostengo che in città sono operanti vincoli ed ostacoli istituzionali ai processi riformatori nonché processi di modernizzazione che non sempre corrispondono al miglioramento sociale e di qualità della vita. Va ricordato che il sistema sanitario è una struttura complessa che non ubbidisce alle finalità primarie di curare i malati, questo è il fine dichiarato che in realtà è un mezzo per altre finalità: sviluppo industriale, regolazione della spesa pubblica, mantenimento di sistemi parassitari, mantenimento di privilegi e poteri corporativi ecc.
Orbene, se la fase che stiamo attraversando è di indebolimento sostenziale dei diritti sociali ( forse non reversibile), come si manifesta nella nostra città?
E la questione della salute che ruolo vi svolge? Quale cioè il ruolo della sanità nel processo di modernizzazione della nostra realtà?
Quali sono i canali di esclusione/inclusione sociale?
Quale il ruolo istituzionale?
Complessi sono gli ambiti da esaminare storicamente e nei loro influenzamenti reciproci.
Qui mi limito a porre questioni aperte e contraddizioni, forse, non secondarie.
Come, dunque, nella nostra città, la sanità ha realizzato, favorito, anticipato il processo riformatore ovvero lo ha snaturato, ritardato, impedito? Questa domanda per porre le questioni tra sviluppo e sanità, nei loro influenzamenti reciproci.
Proprio nella sanità si può cogliere il permanere di arcaismi, di sottosviluppo, di ritardi, e l’operare di nuove contraddizioni nell’ambito dei processi di modernizzazione:
La sanità è un interessante indicatore in questa dicotomia: può infatti valorizzare la salute (qualità della vita, processi di democrazia attiva, relazioni e processi di integrazione sociale, consapevolezza collettiva) ovvero dilatare la medicalizzazione come modalità di riduzione delle dimensioni socio-ambientali-storiche a competenza medica.
Il processo riformatore nel campo della salute è iniziato negli anni 70 (la 833 è del 78) ed è, con varie contraddizioni, involuzioni e slanci, tuttora in corso. (vedi scheda 1)
Orbene, nel meridione, in Calabria in particolare, a Cosenza in specie, l’intervento dello Stato negli ultimi decenni non ha avuto il senso dello sviluppo di un processo di emancipazione dei protagonisti, piuttosto di un rafforzamento del ceto politico che controlla i canali della spesa pubblica.
Qui l’apparato di gestione-denaturazione delle riforme è andato rafforzandosi (ne sono esempio la struttura del potere medico, del ceto politico e degli stessi amministratori ……, che, insieme, spesso hanno costituito un blocco di forze controriformatrici …. Senza che si sviluppasse un’altrettanto forte opposizione).
Nell’ottica della riforma dunque la sanità è in ritardo, presenta contraddizioni, non è un volano di emancipazione, non per generica arretratezza meridionale, ma per i vincoli istituzionali cui accennavo.
L’istituzione delle Aziende Sanitarie, con la definizione degli ambiti territoriali e dei poteri decentrati di governo e gestione, è stata un’occasione di moltiplicazione dei centri di poteri: Il quadro si è ulteriormente complicato con l’aziendalismo.
Dal '95 nella città sono presenti due Aziende Sanitarie, quella ospedaliera e quella territoriale; in analogia reciproca con Catanzaro e Reggio Calabria.
Non basta, d’altronde, modernizzare, ciò non significa automaticamente progresso civile, ma può significare, invece, controllo sociale e che le istituzioni della sanità hanno spesso svolto prevalentemente questo ruolo è indubbio.
La presenza dello Stato nel settore della difesa della salute è una delle espressioni del processo di modernizzazione, eppure la qualità e la gestione di questo processo ha prodotto gravi patologie sociali.
Chi è stato beneficiato dallo stato sociale? Sarebbe una bella e preliminare domanda per comprendere cos’è l’indebolimento dei diritti sociali e di cittadinanza.
Con istituzioni che attivamente sono di impedimento dei processi riformatori andrebbe esaminato il rapporto tra sapere e potere (ad esempio quello medico), specie in epoca di modernizzazione.
Nella nostra città , intanto, non si può affermare che la sanità, che la medicina, assicurino una buona coniugazione tra l’efficienza e l’equità!
Scarsa è la negoziazione tra medico e malato, tra amministratore e cittadino! Scarsa è la comunicazione tra infermità (punto di vista del malato) e patologia (punto di vista del medico).
Il malato, cioè, continua ad essere "paziente", a volte "utente", o, modernamente, "cliente", ma quasi mai persona-cittadino.
In assenza di democrazia e sviluppo di partecipazione e di elaborazione collettiva dei conflitti, la stessa grande questione della salute è affidata all’ assistenzialismo, ai mille rivoli del privato parassitario e del pubblico debole.
Le stesse istituzioni finiscono, dunque, per svolgere un ruolo di controllo sociale perché distanti e snaturate!
L’istituzione medica in città è un ospedale, che fa azienda a sé, e intorno una miriade di strutture private (sovvenzionate dal pubblico) con flussi finanziari diretti dalla Regione alle Aziende Sanitarie alle cliniche "convenzionate", e oggi, con altre "snaturazioni" non solo linguistiche della riforma, "accreditate".
Poi, in città, opera una serie di servizi, di centri diagnostici, di agenzie varie, di studi privati convenzionati, accreditati ecc., che concorre a definire una sorta di sanità diffusa, subliminale, ma grandemente efficace nel mantenere e riprodurre forme arcaiche, dipendenti, assistenziali, paternalistiche del legame sociale.
I servizi pubblici, quando sono presenti, sono "poveri" e inefficaci per scelta politica, per attivo impedimento al loro decollo. (vedi scheda 2)
Sanità e medicina non coincidono, la prima risponde a logiche di tipo economico, la seconda, invece, a logiche di equità.
Nella nostra realtà e nel momento storico attuale tende a prevalere la sanità, cioè l’economicismo, l’efficienza contro l’equità.
La città di Cosenza risente della accelerazione dello sviluppo dell’ospedale, centro operativo ed ideologico del sistema sanitario, cominciato dagli anni 70 e continuato e spesso accentuato con la forma gestionale di tipo "aziendale", "manageriale". (vedi scheda 3)
Non è possibile qui estendere il discorso sulle analisi delle ideologie dello e nell’ospedale (ospedale come fabbrica e come officina di riparazione; ospedale come massima delega al potere medico; come luogo di denaturazione della malattia rimosse dai luoghi dove essa nasce e si sviluppa; come luogo, nodo e volano di interessi economici, politici, clientelari ecc.) ma segnalare che la sua centralità permane e permea la sanità, tanto riconfermando vecchi schemi caritativo-assistenziali con il permanere del senso di ineluttabilità della malattia e conseguente sottomissione del malato all’istituzione e ai suoi gestori; quanto caratterizzandosi e diffondendo modelli biopatologici di stampo positivistico, oggettivo, neutrale; quanto, infine, diffondendo i nuovi modelli a forte contenuto tecnicistico, tecnologico, imbevuti cioè di trionfalismo progressivo tendenti ad una gestione totale, informatica, di qualità, dei problemi.
Ne è un esempio il fatto che la modalità della classe egemone di accesso alle prestazioni sia caratterizzata da un "savoir faire" definibile come capacità di procurarsi informazioni privilegiate e raccomandazioni, grinta sufficiente a far convergere su un dato classico l’attenzione necessaria.
Tutto ciò permane anche in fase di enorme espansione delle attività mediche e anche con la sostanziale democratizzazione dell’accesso alle prestazioni.
Brevemente il rimando paradigmatico ad un particolare ospedale: il manicomio.
E’ stato distrutto in Italia, ma ciò non significa che lo sia stato per sempre e comunque.
Il manicomio è un’istituzione, appunto ospedaliera, che funziona con logica sottile ma implacabile: è un’economia sofisticata e che, seppure preferisca indossare il nuovo, l’ultimo grido, può anche infischiarsene di ripresentarsi con i suoi vecchi abiti, con gli stracci vecchi.
Così in Calabria, e nell’Azienda Sanitaria di Cosenza, permangono sacche di manicomio con gli stracci vecchi, assieme a sempre più ampie zone di camuffamento nuovi, contestuali a vuoti, abbandoni, indifferenza, inadeguatezza culturale e civile.
Ritorna una domanda: cosa è accaduto quando è andato in crisi il Welfar State, e si è affermata l’aziendalizzazione della sanità pubblica ed è avvenuta la cesura di ciò che si chiamava il socio-sanitario?
Certo si è anche aperta la strada ad una nuova istituzionalità tramite:

Per quanto riguarda, poi, la diffusione della psichiatria di comunità ancora siamo indietro in termini quantitativi e di mera efficienza: non un day-hospital, non un Centro Diurno.
Prevale un’ambulatorietà diagnostico-terapeutica invece di un intervento antropologico sociale complesso.
Prevale la pratica dell’ospedalizzazione del disagio: Servizi Psichiatrici ospedalieri (SPDC) ampliati e duplicati.
Nessuna struttura intermedia, non solo per i dimessi dai manicomi ma soprattutto per la nuova utenza "maggiore" regalata ai privati o a lungo resa permanente negli SPDC o manicomializzata a domicilio.
Eppure potrebbero affermarsi anche nella città pratiche e ricerche nell’ambito di progetti trasformativi importanti, utilizzando momenti propulsivi di saperi contigui alla psichiatria: a Cosenza è viva la realtà universitaria, ma ciononostante non è stato possibile avviare, finanziare, sostenere progetti di formazione ad esempio per il disagio adolescenziale, per la riabilitazione sociale, per l’epidemiologia dei diritti approntati dai servizi territoriali in collaborazione con saperi disciplinari presenti in quell’Università (psicologia, sociologia, antropologia, filosofia ecc.).
Concludo riflettendo sul fatto che in fase di marasma dello Stato Sociale l’impianto aziendalistico della sanità pubblica in una città meridionale forse non può che produrre il massimo dei danni possibili.
La sanità pubblica predetermina la domanda sanitaria in base a budget e ai centri di costo, e tutto ciò che non attiene direttamente alla "cura" e che riguarda l’integrazione sociale: casa, lavoro, ricostruzione di reti nazionali, di identità, di validazione ecc., viene semplicemente delegato al privato più o meno sociale.
 
 
SCHEDA 1

La sanità in Calabria
senza programmazione regionale

 
L’unico piano sanitario regionale è del 13 aprile 1995: Con un ritardo, cioè, di circa 20 anni dall’avvio del processo riformatore.
Nel '95 la regione della Basilicata, ad esempio, aveva redatto il V° piano sanitario regionale.
Tale riferimento per segnalare che Cosenza risente della quasi assoluta mancanza di capacità/volontà/cultura programmatoria della Regione che si coniuga con una gestione e attuazione improvvisata. Infatti sono i piani regionali che rimandano ai piani attuativi delle singole Aziende Sanitarie istituite il 1°/2/95).
Quell’unico piano sanitario regionale del 95, ad esempio, comportava che le Aziende Sanitarie approntassero i piani attuativi in 2 o 3 mesi; improvvisazione, inattuazione, inapplicazioni parziali, stravolgimenti, deformazioni (in base ad interessi locali, parziali, politici, amministrativi, professionali ) sono i termini propri del destino e dell’evoluzione negli anni dell’incapacità, e della non volontà programmatoria.
Dal 95 ad oggi nella Regione si sono succedute alternativamente giunte di centro-sinistra e centro-destra (4 alleanze politiche, 5 assessori, una miriade di Direttori Generali nelle Aziende Sanitarie ).
In particolare nell’Azienda Sanitaria di Cosenza in 5 anni si sono succeduti 6 Direttori Generali e nell’Azienda Ospedaliera 2.
 


SCHEDA 2

Azienda Sanitaria territoriale (A.S.)

L'azienda territoriale è organizzata in 5 Distretti: con proliferazione di apparati burocratici più funzionali ai personalismi, alle carriere, alla frantumazione dei servizi, ecc. che al governo dei processi di salute-malattia(la norma indica un Distretto per un minimo di 60.000 abitanti).
Il Distretto di Cosenza (unico capoluogo di provincia) è privo di un poliambulatorio specialistico.
In compenso operano una miriade di studi, laboratori, e altri presidi (convenzionati, accreditati "provvisoriamente", cioè sovvenzionati col denaro pubblico).
Nell'A.S. operano, inoltre, 14 cliniche private (convenzionate, accreditate "provvisoriamente" ) (con un totale di 960 p.l.) di cui 7 per l'assistenza ospedaliera, 4 per attività  medico-riabilitativa, 2 ad indirizzo psichiatrico.
Nel 2000, sono costate 92 miliardi
Nel 2001, 98 miliardi
Nell'Azienda Sanitaria il finanziamento (a quota capitaria) FSN determinato dalla Regione è contemporaneamente "sottostimato" e "sperequato" rispetto ad altre Aziende Sanitarie .
L'Azienda Sanitaria governa un ospedale ad Acri.
L'Azienda Sanitaria governa inoltre il circuito assistenziale riabilitativo e dell'esclusione: anziani, handicappati, malati mentali (psichiatria, riabilitazione, RSA, comunità , cliniche, istituti vari) anche qui con gravi fenomeni di arretratezza, favoritismi, assistenzialismo, medicalizzazioni, istituzionalizzazioni, con interessi professionali, imprenditoriali preminenti.
Il disavanzo dell'Azienda Sanitaria per il 2000 è di oltre 40 miliardi in un bilancio complessivo di 377 miliardi, che si somma a quelli degli anni precedenti,sì da definire, allo stato attuale, un disavanzo di oltre 80 miliardi.
 



SCHEDA 3

Azienda Ospedaliera

Consta di oltre 1600 p.l. (posti letto) tra il presidio di Cosenza "Annunziata", "Mariano Santo", Rogliano "Santa Barbara".
Nell’Azienda Ospedaliera è evidente la sperequazione tra la "modernizzazione" strutturale-tecnologica e la qualità e la pertinenza dei servizi rapportati ai bisogni sanitari della popolazione, che continua ad emigrare o subire scarse risposte.
Dal '96 al 2000 investiti 140 miliardi per costruzione nuovi padiglioni, ristrutturazioni e adeguamento tecnologico.
Il finanziamento dell’Azienda Ospedaliera avviene per DRG (sistema complesso e diverso da quello a quota capitaria dell’Azienda Sanitaria ).
Nel 2001 viene assegnata la quota spesa ospedaliera pari a 259 miliardi.
Da un’indagine sul sistema ospedaliero nazionale il Tribunale dei Malati ha, nel 2000, relegato al quart'ultimo posto, nella speciale graduatoria, per qualità e adeguatezza dei servizi ospedalieri, l’Azienda Ospedaliera di Cosenza (l’ultimo posto è stato riconosciuto all’Ospedale di Lungro).



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