Chi pensasse che la musica in Spagna sia solo il flamenco
commetterebbe un errore. Esiste infatti un'area celtica (Galizia e Asturie) in
cui i suoni sono altri, il flamenco è musica andalusiana e in quasi 800 anni di
dominio arabo Al-andalus non comprese mai quelle regioni. A chi volesse
accostarsi ad un mondo musicale estremamente affascinante è altamente
consigliato l'ascolto di Carlos Nunez, ormai mitico virtuoso della gaita (la
cornamusa galiziana), di cui è da poco uscito l'ultimo album intitolato Mayo
longo, in cui continua coerentemente un percorso fatto di contaminazione e
modernità coinvolgendo tra l'altro Roger Hogson dei Supertramp, l'album è di
buon livello ma forse non quanto i precedenti, tuttavia Nunez non rischia di
cadere nella banalità e nella ripetitività del pop del più celebre Hevia (che
invece è asturiano) che si può dire stia alla musica celtica come Renzo Arbore
sta alla musica napoletana. Carlos Nunez ha esordito da solista nel 1996 con
"Brotherhood of stars" che ha venduto centomila copie in Spagna, di
questa "confraternita delle stelle" fanno parte Ry Cooder e Gli
Chieftains, il mitico gruppo di Paddy Moloney che lo scoprì facendolo suonare
in The Long black veil e poi successivamente nel 1996 in quel capolavoro che è
Santiago, e proprio nel solco dei mitici folletti di Dublino, punto di
riferimento del folk mondiale da quando composero la colonna sonora di Barry
Lindon di Kubrick, Nunez intende la musica etnica come riscoperta e recupero del
patrimonio tradizionale, ma anche innovazione e contaminazione senza la quale la
musica etnica diventa un fenomeno reazionario, in questo senso ponendosi in
esplicita polemica con un gruppo come i Milladoiro, portavoce ufficiale della
musica galiziana, e del governo regionale conservatore (vedi intervista apparsa
sul nr. 40 di World Music). Parlando del concetto di identità l'antropologo
Jean-Loup Amselle cita questo "musicista galiziano che esprime le sue
radici celtiche suonando con la cornamusa melodie di origine araba" esempio
per affermare che "contrariamente a ciò che pensano gli ossessionati della
purezza delle origini, la mediazione e il cammino più corto verso
l'autenticità". Questo concetto è ancora più evidente nel secondo
lavoro, del 1999, Os Amores libres, un vero e proprio manifesto programmatico
della World Music, oltre ad ospiti del calibro di Jackson Browne e Teresa
Salguerio dei Madredeus, ma anche l'ebrea Noa, il coro sufi - Andaluso di
Tangeri e il gruppo tzigano Caraf de Carensebes.