Ora Locale

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A partire dalla Ciroma per arrivare
alla buona vita che vogliamo per Cosenza




Negli ultimi tempi il tema della qualità della vita è diventato di grande attualità, e ha sostituito, per fortuna, buona parte dei discorsi sull'arretratezza del sud, sul divario incolmabile tra sud e nord, sul bisogno di costruire a tutti i costi. I discorsi si sono spostati sul traffico, la tutela dell’ambiente, i servizi come i buxi di Internet e delle enormi potenzialità che l’accesso alla rete comporta tanto per gli abitanti di via Popilia tanto per quelli di via Mazzini e dei casali.
Ora rispetto ai temi qui proposti quello che manca è la discussione pubblica, roba rara a Cosenza, tanto pregiata da rimanere chiusa nei consigli comunali. Dentro chi decide e fuori quelli che i greci avrebbero chiamato idiotes. Si, idioti per i greci antichi erano tutti quelli che non avevano accesso alla vita pubblica cittadina, che non ricoprivano cariche pubbliche. Si tratta, se ci fate caso, di una condizione diffusa tanto a Cosenza come in atri posti. Condizione che i greci trattavano con disprezzo, tanto che per Pericle chi non si occupa della casa pubblica non è un uomo tranquillo, ma un cattivo cittadino.
Assunta la colpa, più che lagnarci come scolaretti pensiamo che sia venuto il momento di praticarla la buona vita. Più che fare dichiarazioni è ora d'agire. La buona vita di una città, a nostro avviso, si misura soprattutto dal numero di persone che discutono e decidono in merito alle cose che riguardano la città: i piani urbanistici, i disoccupati, gli anziani.
Per fare cosa si chiederà qualcuno? Bene, per occuparsi di quello che accade a Cosenza così" come ci si occupa delle cose proprie, ovvero avendone cura.
Non basta, infatti, lagnarsi su quanto i politici locali sono sconsiderati, autoritari e dispotici, perché a guardar bene il problema non riguarda la maggioranza e la minoranza, ma quello che noi come cittadini siamo capaci di elaborare e produrre. Si tratta piuttosto di fare uno sforzo, questa volta comune, per immaginare una città diversa, una città che faccia venir voglia di viverci.
Allora togliamoci la polvere di dosso e iniziamo l'opera, senza delegare. E’ possibile e si può fare, lo abbiamo sperimentato per anni a Ciroma dando vita a forme di partecipazione alla sfera pubblica attraverso l’esperienza della discussione democratica e dell’azione collettiva.
Rimaniamo convinti che i luoghi pubblici o l’agire pubblico non siano monopolio delle istituzioni, ma che esso per sua natura sia un terreno praticabile direttamente dai cittadini attraverso l’invenzione e la costruzione di nuove forme della politica.
Per nostra natura ci sentiamo lontani dai temi che saranno oggetto di questa campagna elettorale, siamo fin dalla nostra nascita più sensibili ai temi propri del vivere urbano ma curiosi come siamo e forse rappresentativi di quel popolo che si asterrà dal voto vogliamo tentare di stimolare un dibattito capace di collocare questioni come la depenalizzazione delle droghe leggere, la gestione della giustizia, la soluzione politica degli anni dell’emergenzialismo, il riconoscimento di cittadinanza agli extra comunitari presenti nelle nostre città, il reddito di cittadinanza, come elementi discriminanti e capaci di determinare uno scatto culturale nello scarno panorama politico della nostra città.
Per quanto attiene il vivere urbano rimaniamo convinti che siamo ancora ai preliminare di quella che abbiamo spesso definita Democrazia Municipale, intendendo con ciò l’antica capacita di autoregolarsi attraverso gli strumenti dell’autogoverno e l’autorganizzazione urbana come esercizio di libertà e democrazia diretta.
Per autogovernare cosa si chiederà qualcuno? Proposte:

1) Mettere mano al problema della disoccupazione: siamo disposti a fare tutte quelle attività che non degenerano nel lavoro
Senza indugi la prima questione da risolvere riguarda quella tragicommedia della disoccupazione. Basta con le file alla ricerca di un lavoro che non c’è. Basta con le esperienze mortificanti dei lavori socialmente utili. Vogliamo un reddito minimo per tutti i disoccupati di Cosenza. Non puntiamo sul reddito come miserabili affamati di soldi, ma su quel reddito che si compone anche della forma non monetaria, quindi di servizi gratuiti. Detto in altri termini non ci frega niente di diventare ricchi vogliamo solo essere liberati dal giogo del posto fisso che non c’è. Riteniamo inoltre che il reddito di cittadinanza sia un modo dignitoso per sottrarsi alle forme di assistenzialismo ad personam che assumono forme inevitabilmente clientelari. Il salario garantito non fa che razionalizzare cose che già esistono, si pensi agli assistiti di Cosenza, alle paghette che le famiglie elargiscono ai figli. La proposta non è un sogno è già stato fatto altrove e ha funzionato! Perché non provare?
2) Accesso gratuito ai servizi come trasporti, palestre, corsi di formazione, cinema e teatro
La buona vita deve riguardare tutti e, così" come per Internet, desideriamo che tutti abbiano accesso a quei servizi che migliorano la qualità della vita. Una volta aperte le porte di cinema, teatro e tutto il resto saranno poi i cittadini di Cosenza a decidere se vogliono usufruirne.
Rispetto ai servizi ci sembra una buona idea quella di realizzare un maneggio sul fiume Crati, per riqualificare con poca spesa e poco cemento uno dei posti più suggestivi della bella Cosenza.
3) Vivere fuori dal casino
c'è da riflettere sul fatto che lo scempio del traffico trova i punti più alti di congestione di fronte al tribunale, la questura, le caserme, le scuole, l’università e gli uffici statali. Luoghi simbolo della nostra dell'ordine e della cultura. Noi vogliamo una città capace di tutelare dalle nevrosi dell’auto bambini, anziani, donne e uomini. E’ un problema di civiltà che non si risolve senza la partecipazione dei cittadini. Non ci servono i contenitori come la città dei ragazzi vogliamo che i giovani vivano per strada senza rischi. i cittadini possono decidere da soli
Il problema non riguarda l’esercito dei vigili che finalmente si è rimesso a lavoro, ma l'adozione di forme di vita all'altezza del genere. non possiamo comportarci da primitivi, quindi stop auto e se proprio vogliamo usarle occupiamo i posteggi non le strade.
4) Recuperare lo spirito del mediterraneo che è sempre meglio di quello europeo
Cosenza ha poco da spartire con l’Europa e di questo dobbiamo essere orgogliosi. Perché una città così" antica, basta fare un giro nel centro storico per accorgersene, non ha bisogno della benedizione europea per sentirsi viva. Il problema non è quello di rincorrere l’Europa, ma quello di massaggiare al cuore la Cosenza.
Riorganizzare la vita nei quartieri a partire dai modi di vita del sud: liberalizzare le licenze di vendita, prolungare i tempi di apertura dei negozi. Siamo stanchi dei supermercati vogliamo i mercati di quartiere, dove si possano ritrovare le cose della nostra terra. Ci piace l’idea di fare musica e teatro per strada, bere e ballare, rompere l’isolamento tra i quartieri, fare in modo che ogni quartiere abbia delle bellezze da vivere e mostrare.
5) Dal comune alla federazione dei quartieri
il recupero dei quartieri si effettua con un doppio movimento: da un lato il comune si ristruttura come federazione dei quartieri cittadini, rendendo le circoscrizioni i luoghi pubblici dell’autogoverno; dall’altra il comune si associa con gli altri comuni ed in particolare con i casali in una forma federativa più complessa in grado di affrontare i problemi posti dall’area urbana della "grande Cosenza".
6) Giustizia in città
organizzazione di una giustizia comunale in grado di derimere le controversie a livello di quartiere con giudici di nomina comunale. Questo snellirebbe le pratiche velocizzando i tempi, infatti, l’inefficienza burocratica è spesso il frutto dell’interferenza distruttiva di leggi e regolamenti nazionali che mal si adeguano alle realtà locali. Insomma di burocrazia si muore. In attesa che il parlamento dia il via ad un’iniziativa che ristrutturi i compiti della pubblica amministrazione, il comune può e deve sperimentare in questo campo intervenendo direttamente nell’amministrazione della giustizia civile, dell’ordine pubblico e della sanità.
7) Autogestione degli spazi
Architettura pubblica non vuol dire solo costruire ma anche abbattere le costruzioni abusive e gli edifici mostruosi che deturpano la città, compresi gli edifici fatiscenti che non hanno valore architettonico per inventarsi nuove piazze nella città antica così come nei quartieri. La comune è un esempio di ciò. Un esempio fra tanti di cosa si intende è quello dello spazio della centrale del latte di san Vito. Luogo che può diventare uno spazio di aggregazione per i cittadini dotato di tecnologie telematiche. Il tentativo è quello di puntare sulla crescita culturale della città come motore per la sua crescita economica, evitando di trasformare tutto in vetrine e negozi.
Recuperare all’uso cittadino il cinema Morelli, il palazzo Vaccaro nel centro storico e tutti gli spazi dismessi e dimenticati per avviare delle esperienze di autogestione da parte di cittadini interessati. In questi spazi vogliamo fare quello che ci piace fare. Così" si eviterà la solita ressa per gestire o dirigere vedi il teatro Rendano, la casa delle culture, e chi più ne ha più ne metta. Contrapponiamo al carattere filisteo della tradizione teatrale del Rendano il teatro di quartiere, di strada le feste di piazza tutti elementi della teatralità del mediterraneo. Rompere la solitudine urbana con la creazione di spazi comuni per agire.
8) Non ci importa delle spartizioni della torta all'interno degli schieramenti, non ci bastano gli interventi dall’alto perché noi non siamo idioti e decidiamo
Su questi temi e su quelli che emergeranno dalle discussioni pubbliche sarà interessante il confronto nelle prossime ma ormai vicine elezioni amministrative, terreno agevole per l’esperienza ciromista che non rimarrà estranea ma che vorrà essere parte attiva a quell’appuntamento.
Crediamo che la vera debolezza di Cosenza sia culturale ed intellettuale e solo allargando alla base la partecipazione è possibile pensare di incrociare e ricorrere le energie che finora non sono state utilizzate, non certo rinnovando questo e quel partito.
Il nostro impegno nei prossimi giorni che saranno prodighi di parole e di buoni intendimenti, sarà quello di far riprendere tra la gente l’abitudine alla conversazione di corpi a corpi, senza la quale ne siamo certi, non nascerà mai un nuovo ceto politico.

Come sempre la nostra Radio diventerà una finestra di democrazie capace di interagire con i cittadini e la loro città.
 

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*Solo una nota: sfera pubblica passa nella tradizione italiana (Machiavelli: "discorsi sopra la prima decade di Tito Livio" ) come spirito pubblico e forse è meglio usare l’ultima. In ogni modo il termine sfera pubblica traduce quello tedesco Offentlischkeit = luoghi, situazioni o contesti di carattere pubblico. Riguarda le condizioni che ci aiutano a discutere con altri in modo ragionato su questioni di carattere non personale ma generale. Il bene di tutti, o i cacchi che interessano tutti. C’è sfera pubblica là dove di discute insieme con altri o si riflette su qualcosa: in radio, nei centri sociali, alla casa delle culture, sul treno. Là dove c’è riunione di persone che discutono, attenzione, in modo ragionato su questioni che riguardano tutti. Dalla strada rotta al tipo di servizi culturali che vorremmo in città, alla gestione di questi. Discutere significa avere la libertà di proferir parola senza incappare in punizioni: il taglio di finanziamenti da parte del comune, il divieto ad usare uno spazio pubblico etc. etc.



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