L’Unical si è classificata all’ottavo posto nelle
classifiche delle università a livello nazionale. Cosa ne pensa?
La posizione che l’Università della Calabria occupa nella
classifica delle università italiane è ben meritata, dobbiamo però chiederci
come è riuscito il nostro ateneo a meritarsi questo importante ottavo posto.
A mio avviso, un primo fattore si deve ricercare nella buona
gestione corrente che è in continuità con quella precedente; un secondo, lo si
deve al buon andamento delle facoltà. Nella classifica CENSIS delle facoltà,
la mia, quella di Lettere e Filosofia, ha conseguito un piazzamento onorevole
(su 38 si è classificata intorno al decimo posto), per cui credo che questi
risultati siano dovuti all’impegno e alle numerose attività che si svolgono
in tutte le facoltà di questa università.
L’Unical deve comunque migliorare e lanciarsi verso un
progetto ben più ampio; deve migliorare in quanto a servizi e alla
razionalizzazione interna delle strutture, ma deve, soprattutto, compiere
ulteriori passi in avanti nel campo della ricerca e giungere ad una completa
applicazione dei nuovi ordinamenti.
Come pensa di potenziare l’attuale struttura della Facoltà e
quali i mezzi per orientarne la crescita? Quali progetti futuri?
La Facoltà di Lettere e Filosofia per numero di studenti è la
prima dell’ateneo.
Dobbiamo ritenerci soddisfatti?
Assolutamente no. La Facoltà deve andare oltre; l’applicazione
dei nuovi ordinamenti ha comportato uno sforzo enorme per la facoltà che ha
dovuto aggiornare i corsi di laurea tradizionali con i nuovi curricoli e
arricchire l’offerta didattica con l’introduzione di nuovi corsi di laurea.
L’arricchimento dell’azione didattica ha posto però grandi
problemi che riguardano soprattutto le risorse. La facoltà dispone di risorse
che non sono conformi al numero degli studenti, per cui un aumento delle risorse
è soprattutto necessario per garantire la docenza con tutti i sussidi della
ricerca. Non basta avere il docente come figura centrale, lo studente va
assistito. Il docente ha certamente cambiato la sua didattica, la laurea
triennale ha infatti comportato modifiche dei programmi e, di conseguenza, dei
metodi ed è quindi necessario che egli disponga di una serie di strumenti quali
ad esempio le biblioteche, ma anche di una serie di figure intermedie che si
pongono tra docenti e studenti e che possono consentire di realizzare l’avvicinamento
tra le due parti, ma soprattutto far sì che lo studente sia veramente
agevolato.
Dal punto di vista della didattica la Facoltà deve fare ancora
molto, ma deve anche sforzarsi per aumentare il volume della ricerca, dobbiamo
internazionalizzare i progetti di ricerca, dobbiamo raggiungere livelli più
alti rispetto alla media sul piano nazionale.
Progetti futuri per la Facoltà?
La facoltà avrà tra poco anche le lauree specialistiche. Con
le lauree specialistiche pensiamo veramente di essere competitivi e speriamo di
poterlo essere sul piano nazionale. Abbiamo inoltre avviato le scuole di
specializzazione, i master, i dottorati di ricerca. Questi momenti di passaggio
vanno tuttavia ancora strutturati, per cui abbiamo un enorme lavoro da svolgere.
Università- territorio: come rendere più concreto ed esteso
questo rapporto?
Il rapporto fra università e territorio è tradizionalmente
complicato; in parte il territorio ha abbandonato tutte le diffidenze che hanno
accompagnato la nascita e la crescita di questa università, però ancora non si
apre all’accoglimento pieno dell’università.
Da parte sua l’università ha qualche momento in cui tenta di
chiudersi in se stessa, di isolarsi, anche perché le università, in generale,
sono un laboratorio di ricerca, di didattica, per cui il mondo universitario
pensa principalmente alle sue strutture (biblioteche, laboratori) e uno sguardo
al di fuori, verso la città non lo rivolge molto spesso. Bisogna, quindi, che
sia da parte del territorio, sia da parte dell’università ci sia questa
volontà di integrarsi, anche se l’università è già saldata al territorio,
basta guardare la popolazione studentesca: da dove vengono queste migliaia di
studenti se non dalla città e dal territorio?
Piuttosto gli enti pubblici, nel momento in cui l’università
gode di autonomia e deve in un certo senso utilizzare le risorse che ha e dovrà
avere, finita la fase centralistica, dovrebbero porsi seriamente il problema del
rapporto con l’università. E’ necessario che di questa popolazione
studentesca se ne faccia carico per una parte l’università, per l’altra il
territorio e i suoi enti. Il rapporto, al momento, va corretto perché soffre di
squilibri e si inceppa in determinati momenti. L’università serve bene il
territorio, spetta dunque al territorio farsi un esame di coscienza.
*Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università della Calabria