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Intervista a Franco Crispini.*

di Emilia Bruno


L’Unical si è classificata all’ottavo posto nelle classifiche delle università a livello nazionale. Cosa ne pensa?
 

La posizione che l’Università della Calabria occupa nella classifica delle università italiane è ben meritata, dobbiamo però chiederci come è riuscito il nostro ateneo a meritarsi questo importante ottavo posto.
A mio avviso, un primo fattore si deve ricercare nella buona gestione corrente che è in continuità con quella precedente; un secondo, lo si deve al buon andamento delle facoltà. Nella classifica CENSIS delle facoltà, la mia, quella di Lettere e Filosofia, ha conseguito un piazzamento onorevole (su 38 si è classificata intorno al decimo posto), per cui credo che questi risultati siano dovuti all’impegno e alle numerose attività che si svolgono in tutte le facoltà di questa università.
L’Unical deve comunque migliorare e lanciarsi verso un progetto ben più ampio; deve migliorare in quanto a servizi e alla razionalizzazione interna delle strutture, ma deve, soprattutto, compiere ulteriori passi in avanti nel campo della ricerca e giungere ad una completa applicazione dei nuovi ordinamenti.
 
Come pensa di potenziare l’attuale struttura della Facoltà e quali i mezzi per orientarne la crescita? Quali progetti futuri?
 
La Facoltà di Lettere e Filosofia per numero di studenti è la prima dell’ateneo.
Dobbiamo ritenerci soddisfatti?
Assolutamente no. La Facoltà deve andare oltre; l’applicazione dei nuovi ordinamenti ha comportato uno sforzo enorme per la facoltà che ha dovuto aggiornare i corsi di laurea tradizionali con i nuovi curricoli e arricchire l’offerta didattica con l’introduzione di nuovi corsi di laurea.
L’arricchimento dell’azione didattica ha posto però grandi problemi che riguardano soprattutto le risorse. La facoltà dispone di risorse che non sono conformi al numero degli studenti, per cui un aumento delle risorse è soprattutto necessario per garantire la docenza con tutti i sussidi della ricerca. Non basta avere il docente come figura centrale, lo studente va assistito. Il docente ha certamente cambiato la sua didattica, la laurea triennale ha infatti comportato modifiche dei programmi e, di conseguenza, dei metodi ed è quindi necessario che egli disponga di una serie di strumenti quali ad esempio le biblioteche, ma anche di una serie di figure intermedie che si pongono tra docenti e studenti e che possono consentire di realizzare l’avvicinamento tra le due parti, ma soprattutto far sì che lo studente sia veramente agevolato.
Dal punto di vista della didattica la Facoltà deve fare ancora molto, ma deve anche sforzarsi per aumentare il volume della ricerca, dobbiamo internazionalizzare i progetti di ricerca, dobbiamo raggiungere livelli più alti rispetto alla media sul piano nazionale.
 
Progetti futuri per la Facoltà?

 
La facoltà avrà tra poco anche le lauree specialistiche. Con le lauree specialistiche pensiamo veramente di essere competitivi e speriamo di poterlo essere sul piano nazionale. Abbiamo inoltre avviato le scuole di specializzazione, i master, i dottorati di ricerca. Questi momenti di passaggio vanno tuttavia ancora strutturati, per cui abbiamo un enorme lavoro da svolgere.
 
 
Università- territorio: come rendere più concreto ed esteso questo rapporto?

 
Il rapporto fra università e territorio è tradizionalmente complicato; in parte il territorio ha abbandonato tutte le diffidenze che hanno accompagnato la nascita e la crescita di questa università, però ancora non si apre all’accoglimento pieno dell’università.
Da parte sua l’università ha qualche momento in cui tenta di chiudersi in se stessa, di isolarsi, anche perché le università, in generale, sono un laboratorio di ricerca, di didattica, per cui il mondo universitario pensa principalmente alle sue strutture (biblioteche, laboratori) e uno sguardo al di fuori, verso la città non lo rivolge molto spesso. Bisogna, quindi, che sia da parte del territorio, sia da parte dell’università ci sia questa volontà di integrarsi, anche se l’università è già saldata al territorio, basta guardare la popolazione studentesca: da dove vengono queste migliaia di studenti se non dalla città e dal territorio?
Piuttosto gli enti pubblici, nel momento in cui l’università gode di autonomia e deve in un certo senso utilizzare le risorse che ha e dovrà avere, finita la fase centralistica, dovrebbero porsi seriamente il problema del rapporto con l’università. E’ necessario che di questa popolazione studentesca se ne faccia carico per una parte l’università, per l’altra il territorio e i suoi enti. Il rapporto, al momento, va corretto perché soffre di squilibri e si inceppa in determinati momenti. L’università serve bene il territorio, spetta dunque al territorio farsi un esame di coscienza.



*Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università della Calabria



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