Benvenuti a Cosenza, la città dell’informazione. Qui ha
sede regionale la Rai. Ten, privata de luxe, irradia su area regionale. Metrosat
guarda alla provincia, Cam Teletre quasi al quartiere. La Gazzetta del Sud ha un
centro stampa in città, una sede da Deserto dei Tartari, guidata da uno dei
suoi migliori commentatori politici, Raffaele Nigro, molto citato ma poco
conosciuto in viso. Qui è nato in un sottoscala il Quotidiano della Calabria,
che oggi espone con grande orgoglio una delle sedi più innovative della
nazione. Sede anche della Provincia Cosentina, novità localista che ricorda lo
stile popolare anglosassone. Il Domani lavora in service, offrendo altra
innovazione di mestiere legata al lavoro familiare dei giornalisti Martelli. E
ancora radio private (molto sport, tanta Ansa e letture dei quotidiani a
vantaggio degli speakers). Corrispondenti di agenzia. Ansa e Agi. Redazioni
staccate di Telespazio, il corrispondente del Giornale di Calabria. I service
della Rai e quelli che producono buone trasmissioni per i canali satellitari. E
ora arriva l’on line. Il primo è stato il navigato Antonlivio Perfetti. Ma il
colosso è il portale Telcal, CalabriaWeb e c’è chi giura che Intersiel farà
ancora di più. Un popolo di giornalisti. Le vecchie volpi legate al vecchio
Ordine. Sempre uguale. Con scherani e finti contestatori. I nuovi
professionisti. Vietcong che per anni hanno sbuffato e lottato nelle trincee e
dopo battaglia lunga hanno sbloccato l’accesso alla professione per tutti.
Senza dover più ricorrere all’emigrazione di indirizzo, scopo iscrizione. Gli
abusivi restano. Sono una componente del gioco. Sono più determinati di quelli
del passato. Hanno trovato il piatto pronto. Il loro futuro è flessibilità
spinta. Sognano di essere Montanelli, sono i nuovi operai del postfordismo. Ma
almeno guardano avanti e professano il vecchio mestiere. Molti di loro e dei
quarantenni vogliono essere addetti stampa. Il sogno medioborghese di molti.
Scrivere comunicati per guadagnare un sicuro stipendio fisso. Poi magari viene
il resto. Ci sono quelli storici dei grandi enti locali, bravi e preparati.
Quelli degli enti regionali, delle strutture private, dei teatri, delle banche,
dell’università. E il mestiere cresce. Associazioni culturali, enti di
volontariato,. E poi i ghost writer dei politici che non prendono una lira ma
sperano molto, e nel frattempo intervistano il loro cliente, curando domande e
risposte. Anche se poi chi arriva in alto gioca carte insperate. Come quel
cronista chiamato "Ciuccio" dalla vulgata e giunto al TG 1 delle 20 in
pompa magna, mentre in famiglia qualcun altro si prepara. Ognuno ha la sua
carriera. C’era chi era addetto stampa e per capacità di servizio è
diventato Capo di gabinetto al Comune. Paolo Palma che stava in redazioni romane
è diventato anche deputato di zona. Vi evito i pubblicisti politici, non fanno
più scandalo.
Oggi fanno clamore gli editori. Famiglia Dodaro. Salumi,
agroalimentare e un po’ di edilizia che non guasta mai. Spesso parlano con il
principe Caracciolo di via Po. Pierino Citrigno preferisce i politici locali.
Per un breve periodo ha avuto anche due piccole televisioni. Affianca il suo
giornale a molti palazzi e impianti termali. Editoria e cazzuola anche per
Rolando Manna, figlio di palazzinaro Dc, patron di ipermercato, emittente
Metrosat e tessera di Forza Italia. Stessa insegna di partito per la famiglia
Occhiuto. Roberto astro nascente della politica locale e Mario il fratello,
presidente dell’Ordine degli architetti, membro del Cnel per ordine della
Melandri. Hanno scalato le emittenti degli anni ’80 concentrando le antenne.
Da poco hanno stretto un contratto con la Regione per servizi on line, da mesi
annunciano la nascita di un quotidiano di famiglia. Non guardano al polo di
appartenenza. Se ti schieri contro sei "out" sulle loro frequenze. Che
trasmettono anche il satellite dei vescovi italiani. La redazione offre un degno
prodotto bipartisan.
Alla Rai, da buon servizio pubblico c’è spazio per tutti.
Ma sono sempre nel mirino. Troppi scheletri lottizzati e corporativi negli
armadietti di via Marconi. Il prodotto è buono, a volte persino innovativo. Li
frega il paludato, il luogo comune e la mai sopita polemica campanilista.
Peccato per alcuni colleghi che sono veramente superlativi. Sia anziani che
giovani. Spesso danneggiati da chi commenta con accento meridiano notizie da
scuola media.
A Cosenza molta l’informazione studiata. All’università
tanti studi specialistici. Cattedre e corsi di laurea. La Fondazione Guarasci
ogni anno convoca grandi simposi. Pantaleone Sergi, inviato di Repubblica, ha
anche aperto una rivista di approfondimento e sta approfondendo gli studi con
pubblicazioni un insegnamento nel campus. Tra le tante analisi i rapporti con il
suo antico antagonista Mancini. Il sindaco non ha più organi di bandiera.
Tramontata la gloriosa bandiera del "Giornale di Calabria" di Ardenti
e Guzzanti, il telekabulismo di Telecosenza, oggi bastone e carota a macchia di
leopardo con i media. Comunque, un telegiornale autogestito a pagamento in onda
in tutta la regione garantisce visibilità. Senza dimenticare un apparato di
comunicazione che schiera fior di professionisti in ogni settore.
L’innovazione più genuina nasce dalla strada. I giornalini
di parrocchia esprimono buone individualità. "Tam tam e segnali di
fumo", organo autogestito della curva del Cosenza offre buone tirature e
molti adepti sono passati al giornalismo ufficiale. Quella degli ultrà è una
discreta palestra che ha prodotto diverse personalità originali, che pur mai
facendo gruppo organico, hanno prodotto la variabile impazzita dell’informazione
cosentina. Altro punto di contatto di questo versante è Radio Ciroma.
Informazione spatronata, chiassosa, utensile di formazione, contraria alla
pubblicità. Una storia molto lunga e articolata. Da scrivere con humor e
ironia. Quello che spesso manca nello zapping locale. Dove da qualche tempo si
vede anche la front women di colore di Metrosat. Ma il regno del paradosso è
"Il posto delle fragole". Trasmissione che guarda a Vespa, ma poi
finisce per strizzare l’occhio a Freud e inconsapevolmente a Guy Debord.