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Nasce il comitato dell'Ulivo dell'area urbana di Cosenza

di Massimo Veltri


Noi siamo nati intorno alla fine di giugno, cogliendo come motivo occasionale e per così dire epifanico, il disastroso esito delle elezioni del 13 maggio. Dico motivo occasionale perché i fermenti e le volontà di far nascere un movimento organizzato dell'Ulivo, da noi, c'erano e si erano manifestati da tempo. La nascita della Margherita, il prossimo congresso dei democratici di sinistra, i Comitati Rutelli e dell'Ulivo rappresentano momenti significativi della riorganizzazione del centrosinistra, tutta da esplorare, da percorrere da portare a compimento, verso il traguardo di un riformismo profondo, condiviso, plurale, non egemonico né conflittuale.
In questo quadro c'è il nostro Comitato: esponenti e responsabili dei partiti di centrosinistra, intellettuali, professionisti, docenti, giovani, imprenditori.
Ci accomunano una preoccupazione e una speranza.
La preoccupazione riguarda la deriva impetuosa di una destra demagogica, populista ed escludente verso estesi settori della società meridionale e calabrese, rispetto alla quale i partiti di centrosinistra non sono in grado, così come sono messi, di opporre o proporre granché, di trasmettere messaggi credibili e mobilitanti, di convincere il popolo disilluso e smarrito del centrosinistra.
La speranza, non fideistica né sentimentale, ma ragionata e attendibile è quella che ci sono energie, risorse, ideali e strumenti per adeguare, rinnovare e qualificare il nostro agire politico al fine di prospettare ai cosentini e ai calabresi un'alternativa di modernità, solidarietà, giustizia e libertà.
Aveva ragione Guido Dorso: il problema del mezzogiorno coincide con quello delle sue classi dirigenti, con quello del suo ceto politico dominante.
Nel documento per chi avrà voglia di leggerlo troverete analisi, prospettive e proposte che partono proprio da questo assunto.
Il Comitato continuerà nella sua azione, insieme all'Ulivo che l'onorevole Principe ha fatto nascere nella vicina Rende, insieme all'Ulivo istituzionale calabrese di cui è coordinatore l'onorevole Nuccio Fava, insieme ai partiti, lo ripeto, le associazioni e i forum, presenti numerosi nel nostro comprensorio. Con o senza di me ci faremo sentire verso la Regione, verso il governo centrale, nella società, all'Università e alle prossime scadenze amministrative di Cosenza.
A questo proposito, ogni tanto riaffiorano nel dibattito sulla stampa, in termini generalissimi e propagandistici, temi come l'area urbana, la grande Cosenza, il ruolo della vicina Università. Ossessivamente siamo martellati da slogan su Cosenza città europea, dinamica ed evoluta.
Più puntualmente e nel merito, per fortuna, c'è chi dalla sua autorevole cattedra ci ricorda che c'è troppo silenzio in questa nostra città, che c'è una parte non piccola che soffre, che c'è una parte importante subalterna e ossequiosa dei poteri, che c'è troppa distanza tra chi ha e chi non ha, che l'eticità dell'agire, privato e pubblico, è un dovere imprescindibile, che la democrazia, intesa come strumento di partecipazione responsabile, e quindi di emancipazione e crescita reale, è mortificata…e così via.
Noi ci riallacciamo, nel nostro fare politico, a queste parole non strumentalizzandole ma volendo dar loro un seguito concreto. Più responsabilità e meno rappresentanza, più libertà (come dice il premio Nobel Senn) e meno passività, più solidarietà e meno divaricazioni, più diritti che esclusioni, più merito che rendite di posizione.
Ecco: questo siamo e vogliamo essere noi.
E vogliamo esserlo ancora di più dopo la tragedia delle Twin towers, del pentagono, delle migliaia di persone innocenti di novanta nazionalità diverse( riflettiamo anche su questo dato, tipico del melting pot ) uccise dalla barbarie.
Il nostro pensiero, il nostro omaggio, la nostra solidarietà vanno al popolo americano.
Il nostro rifiuto, la nostra esecrazione sono diretti contro la violenza e il fanatismo omicida.
Ci chiediamo, subito dopo, e continueremo a farlo nei prossimi giorni: può la condanna più intransigente assolvere la ritorsione?
Può la sacrosanta indignazione autorizzare la risposta violenta e oscurare le ragioni della politica, che , non dimentichiamolo, di fronte all'uso delle armi dichiara il suo fallimento ?
Può il mondo occidentale, culla del pensiero speculativo e dei lumi, cedere all'istinto guerresco ?
Non ci siamo, in Italia, nella sinistra italiana, un po’ troppo disinvoltamente ubriacati di mondializzazione?
Non abbiamo esagerato con le opportunità decisive che questa avrebbe dovuto offrire anche ai paesi più emarginati?
Dopo il crollo del comunismo sovietico, chi funziona da riferimento per gli oltre cinque miliardi di persone cui tocca solo il quindici percento del reddito mondiale, a fronte dei solo ottocento milioni che godono dell'ottantacinque percento?
Che dire del dato agghiacciante secondo il quale i tre quinti almeno dei soggetti che contano, su scala mondiale, sono corporation, multinazionali e grandi società che controllano o influenzano l'agenda politica?
Non è vero che non ci sono più ideologie, dal momento che il mercato, il profitto, l'arricchimento, lo spogliare il pianeta e le sue risorse naturali e ambientali senza un intervento autorevole della politica, regolatrice di progetti e non solo holding che bada ai profitti e al PIL, sono diventati nei fatti stelle polari della sinistra. Si ha un bel dire " si all'economia di mercato , no alla società di mercato", se non si procede a una seria e profonda revisione del nostro essere.
Respingiamo subito eventuali obiezioni circa atteggiamenti giustificazionisti e doppiezze proprie della storia e della cultura veterocomunista. La biografia e la coerenza di comportamento di ciascuno di noi sono il nostro passaporto, limpido e inattaccabile.
Riflettiamo piuttosto sul fatto che i problemi che prima ho sunteggiato possono risolversi con atti muscolari, inviando 100, 1000, 10000, aerei nel medio oriente, in una escalation contro l'ISLAM, mentre si sono trascurati questioni cruciali quali i rapporti Israele-Palestina, si è puntato a omologare storie, pensieri, cultura e religioni entro una impostazione rigidamente occidentocentrica. E’ cresciuta a dismisura , come ricordavo prima, la distanza tra i dannati della terra, (facile preda di assassini e agitatori) e le società opulente, sempre più insicure.
Dobbiamo, anche da qui, gridare no alla guerra, dobbiamo far prevalere le ragioni della politica, vogliamo dire con Goethe "sbaglia chi compensa con la violenza ciò che gli manca in verità e forza", siamo con Turati quando dice "la violenza è paura delle idee e delle azioni altrui, e poca fiducia nelle proprie".
Oppure, in quest'epoca in cui, come dice Hobsbawm, bruciamo e dimentichiamo tutto, neanche Goethe, neanche Turati, servono più?
La verità, cari amici, è che mai come in queste ore dobbiamo avere la consapevolezza di essere sull'orlo del vulcano, o in uno di quei punti di discontinuità della storia.



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