Ora Locale

(Digita o Clicca su "Ora Locale" per tornare indietro)


Quale "economia plurale"?
A proposito del ritorno del dono

di Serge Latouche


Bisogna proprio riconoscere che i discorsi sull'economia plurale, e più in generale attorno a questo tipo di logica associativa, con cui si pensa di risolvere le contraddizioni sociali attraverso giudiziosi dispositivi tecnici ed un appello alla buona volontà, non si muovono davvero su una linea alternativa.
Si tratterebbe di una economia articolata su tre poli: il Mercato, lo Stato ed un polo di reciprocità. Questi poli corrispondono ai differenti principi di organizzazione della società analizzati da Polanyi: il principio di mercato, di redistribuzione e di reciprocità. E' il loro riconoscimento ed è la loro ibridazione che permettono di pensare, secondo J. L. Laville, la nozione di economia plurale in opposizione al principio di unicità del mercato (Laville, 1998).
La costruzione sociale della struttura associativa che, in condizioni particolari, tiene insieme ed ibrida volontari, utenti e istituzioni - ovvero reciprocità, Mercato e Stato - rappresenterebbe la possibilità di reincardinare l'economia nella società.
Ora, se noi seguiamo il ragionamento di Polanyi, con il capitalismo, l'avvento del mercato come principio di organizzazione sociale è una vera rottura, che fa della società una società di mercato che assorbe (sussume) gli altri principi: l'insieme della vita sociale è sottoposto alla legge economica e alla pretesa che il lavoro, la moneta e la natura divengano merci.
Con la riaffermazione del liberismo nel corso degli anni '80, il Mercato si presenta esattamente come astratto principio unico di organizzazione sociale. L'economicismo non consiste dunque in un eccesso di crescita economica, che si tratterebbe di ricondurre a giuste proporzioni mediante la costruzione di corpi intermedi tra Mercato e Stato, come il terzo settore o l'economia plurale. E' la forma stessa della società che diventa economia, è una forma di socializzazione che si impone a tutta la società con una violenza tanto più legittima quanto più appare generata dalla Necessità. L'Economia non si sviluppa contro la società oppure accanto alla società: essa piuttosto la ingloba e procede alla sua riorganizzazione secondo la logica dell'efficienza.
In tal senso le possibilità di reincardinamento dell'economico nel sociale, cui poco sopra si è accennato, restano problematiche se noi restiamo in questo immaginario economico.
Si assiste infatti ad una situazione paradossale. Il ritorno del dono può essere rivendicato con una certa verosimiglianza dagli ultraliberali. In effetti, smantellando lo Stato Sociale (Etat-providence), Margaret Tatcher e Ronald Reagan non hanno rinunciato a fare appello allo spirito di solidarietà dei loro concittadini per porre rimedio alle insufficienze del mercato ("market failures"). Certo, questa posizione non cessa di essere paradossale poiché la regolazione attraverso il mercato si fonda sulla fede nell'armonia naturale degli interessi e, dunque, sulla esaltazione dell'egoismo. Come giustificare l'altruismo che autorizza la ritirata dello Stato? Ma, d'altra parte, i social-democratici devono affrontare un paradosso in qualche modo simmetrico. Lo Stato Sociale si basa sull'affermazione della necessaria solidarietà tra i cittadini e si riallaccia ad una visione altruista dell'uomo. Solo che, rendendo obbligatorio il finanziamento della previdenza sociale, impedisce allo spirito del dono di manifestarsi…
In realtà, se lo Stato Sociale rivendica la giustizia e non la carità, ciò implica certamente uno spirito del dono. E' infatti questo che funge da fondamento alla solidarietà e alla condivisione che presiedono alla previdenza sociale, agli assegni familiari, alla indennità di disoccupazione, alle pensioni sociali. Tutte queste istituzioni, in effetti, sono fondate su una relativa, ma reale, mutua condivisione delle risorse di fronte ai rischi, secondo la massima "tutti per uno, uno per tutti". Questo sistema costituiva il fondamento della moderna cittadinanza, equivalente dell'antica philia (amicizia). La mondializzazione ultraliberale, smantellandolo, per certo libera il dono, ma non tanto nella forma della carità quanto come base necessaria di una ricostituzione del legame sociale.
La questione centrale è proprio quella dell'immaginario. Mi sembra che ci sia una contraddizione insormontabile tra l'immaginario economico in cui siamo immersi e l'immaginario che implica l'espansione di una autentica economia plurale, se vogliamo che quest'ultima abbia una qualche consistenza. Si tratta allora di pensare la compatibilità tra i tre poli del tripode. Come può l'etica della guerra economica ad oltranza coesistere con l'etica della solidarietà, della gratuità e del dono, che dovrebbe animare il mondo dell'associazionismo, con l'austerità della cittadinanza e l'uguaglianza fraterna implicate dallo Stato democratico? Che abbia luogo alla corte dei grandi tra i vari Bill Gates, Andy Grove, Michel Eisner e soci oppure a quella dei meno grandi tra i Tchuruck, Messier, Pinot ed altri Bouyghes, il "gioco" economico è fatto di darwinismo sociale accompagnato dalla morale "occhio non vede, cuore non duole" (ovvero "non visto-non catturato" secondo un proverbio francese), i cui ingredienti sono le OPA (offerte pubbliche di acquisto di pacchetti azionari, NdR.) selvagge, lo spionaggio industriale, l'evasione fiscale di massa, la corruzione attiva e passiva mescolata ad un'etica protestante che sboccia nella "buona governance" imposta dai fondi di pensionamento. Questo gioco, in ogni caso, si fa sulle spalle dei lavoratori salariati ed attraverso la strumentalizzazione di massa dei consumatori. L'etica della solidarietà e quella della cittadinanza egualitaria sono con assoluta evidenza condannate a restare la cattiva coscienza dell'etica degli affari.
Non si tratta di fare le verginelle timide, ma il confronto , anche conflittuale, non può esistere che nell'ambito di un rapporto di forza relativamente equilibrato, non certo in una giungla senza principi. Come ci accingiamo ad allevare i nostri figli e a "fabbricare" i futuri agenti della società del domani? Quale di queste morali vedremo, ci troveremo ad ascoltare ed ad approvare con il plebiscito dell'auditel alla TV o sulle onde?
La verità è che con il trionfo della società di mercato e l'apoteosi della guerra economica non c'è proprio dialogo o confronto pacifico tra queste etiche. Persino la redistribuzione, non necessariamente altruista, e certamente conforme agli interessi a lungo termine delle multinazionali, finisce per essere svalutata, schernita e marginalizzata.
I governi socialisti, difensori naturali dei servizi pubblici, partecipano allegramente al fatto che questi stessi servizi vengano fatti a pezzi e si rendono complici di un pensiero unico che tratta come un cane rognoso i sistemi di pensione sociale, pur conformi al buon senso ed alla giustizia, per attuare invece fondi di pensionamento all'americana.

--------------------------------------------------------------------------------------

(traduzione di Osvaldo Pieroni)  



Ora Locale

(Digita o Clicca su "Ora Locale" per tornare indietro)


L'edizione on-line di Ora Locale e' ideata e progettata da
Walter Belmonte