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Ambiente urbano e sviluppo sostenibile

di Ugo Leone


Numerosi organismi internazionali hanno ipotizzato che per costruire uno sviluppo sostenibile bisogna partire dalle città, cioè dalle comunità insediate come punti nodali e modelli di uno sviluppo coerente ed integrato. Infatti:

Nelle città, inoltre, si concentrano la maggior parte delle attività che sono all’origine dei cambiamenti ambientali locali e globali. La qualità delle risorse naturali che vengono assorbite dalle attività urbane è di gran lunga superiore a quella che le città sono in grado di produrre.
Lo sviluppo sostenibile riguarda da vicino le città, coinvolge le loro politiche economiche e sociali, l’uso del suolo, la protezione degli ecosistemi naturali, le modalità di spostamento, i loro abitanti.
Le città possono mettere in campo strategie e buone pratiche, declinando i principi dello sviluppo sostenibile e coinvolgendo la comunità locale.
Un ecosistema è un’unità che include tutti gli organismi che vivono insieme (comunità biotica) in una data area e interagiscono con l’ambiente fisico, in modo tale che un flusso di energia porta ad una struttura biotica ben definita e ad una ciclizazzione dei materiali tra viventi e non viventi all’interno del sistema.
Ritroviamo tutti gli elementi di un sistema: gli organismi e l’ambiente fisico (aria, acqua, substrato geologico); lo stato è dato da diverse variabili (popolazione, fabbisogno energetico, superficie territoriale disponibile, ecc.); le relazioni sono date dal flusso dell’energia e dei materiali.
Di un ecosistema possono essere misurate la produttività, l’efficienza e la capacità della comunità di sostenere variazioni dei fattori ambientali. Per funzionare l’ecosistema ha bisogno di ricercare l’equilibrio rispettando la capacità di carico che l’ambiente fisico impone.
La città può definirsi "ecosistema di transizione" in quanto in essa si riconosce la potenziale capacità di costruire nuove stabilità operando sull’esistente senza distruggere, ma adattando, rinnovando e mantenendo il patrimonio.
La città ha, inoltre, le caratteristiche di un ecosistema eterotrofo (che si nutre di altri) perché è fortemente dipendente dagli scambi di materia, energia ed informazioni con l’ambiente esterno. Ecosistemi di questo tipo possono esistere se hanno a disposizione un ambiente esterno generoso, vasti territori di produzione di quelle risorse e di quei beni di cui hanno bisogno per vivere, ma entrano in crisi quando la domanda di risorse supera la disponibilità, mettendo a rischio la capacità del territorio di riprodurre quelle risorse e quei beni e di riciclare gli scarti.
Questa situazione si aggrava per gli ecosistemi urbani a causa della esauribilità della fonte di combustibili fossili e dell’incapacità dell’ambiente di riciclare i prodotti di combustione.
Per "metabolismo urbano" si intende l’insieme dei materiali e dei beni necessari agli abitanti nel lavoro, a casa e nel tempo libero, dei materiali di costruzione della città e infine dei prodotti di scarto la cui rimozione conclude il ciclo metabolico.
Per una città le voci più importanti in entrata e in uscita sono acqua, cibo, combustibili da un lato e acque reflue, rifiuti solidi ed inquinanti atmosferici dall’altro.
La città contemporanea costituisce un sistema in costante squilibrio nei confronti di un ambiente dal quale attinge materiali ed energia.
Se questo è l’ambiente in entrata, cioè il territorio che fornisce cibo, acqua, energia e quant’altro è necessario per la vita degli abitanti, anche l’ambiente di uscita, costituito dai luoghi in cui si scaricano i rifiuti solidi, liquidi e gassosi, è in continua espansione.
Per questi motivi la città costituisce un organo parassitario. Il celebre ecologo Odum ha definito la città moderna un "vero parassita dell’ambiente rurale dato che, con l’attuale gestione, la città produce poco o niente cibo o altri materiali organici, non purifica l’aria e ricicla poco o niente dell’acqua o dei materiali inorganici".
Si può ridurre questo parassitismo? Si può, cioè, ridurre il deficit tra flussi di materia ed energia in ingresso e consumo degli stessi non solo risparmiando sui consumi e riducendo gli sprechi, ma addirittura trasformando la città in produttrice di energia e materia? Si può contenere la produzione di rifiuti e abbattere le emissioni inquinanti? Si può, partendo dalle città, promuovere uno sviluppo economico e sociale sostenibile?
In altre parole, è realistica la realizzazione di città il più possibile "fondate su se stesse", cioè capaci di valorizzare le risorse locali e utilizzarle in modo integrato?
Il laboratorio "Ambiente urbano e sviluppo sostenibile" vuole appunto esplorare queste possibilità per il Mezzogiorno d’Italia, partendo da esperienze concrete realizzate nelle città meridionali nel campo delle politiche urbane rivolte allo sviluppo sostenibile.
I settori chiave presi in considerazione sono: la rigenerazione urbana, la mobilità urbana, il consumo di energia, acqua e materie prime, la gestione dei rifiuti, la protezione dei sistemi naturali locali.
L’intento è quello di valutare, far conoscere e mettere in relazione grandi e piccole esperienze che sono maturate o stanno maturando nelle città meridionali, anche grazie ai nuovi strumenti istituzionali: i Programmi di Riqualificazione Urbana (PRU), i contratti di Quartiere, i programmi comunitari Urban I, per quel che riguarda le politiche per la riqualificazione di ambiti urbani degradati e per lo sviluppo locale; il Piano Generale del Traffico Urbano per quel che concerne il traffico e la mobilità; i Piani Energetici Comunali per quanto riguarda le politiche in campo energetico; i Piani di riciclaggio, smaltimento e gestione dei rifiuti solidi urbani per quanto riguarda la problematica dei rifiuti; i progetti LIFE per quel che riguarda la protezione dei sistemi naturali locali.
Pensiamo che il confronto fra quanto di innovativo è stato sperimentato in ambito urbano e la conoscenza dei risultati raggiunti e delle ricadute sociali ed economiche conseguite può essere utile anche a ri-orientare le riflessioni fin qui sviluppate sul tema dello sviluppo sostenibile e a sollecitare un fecondo dibattito.



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