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Da Platone a Moretti

La vera storia dei "girotondi"

di Romeo Bufalo


Al Meeting di Rimini, organizzato, come ogni anno, da Comunione e Liberazione nella seconda metà di agosto, se ne sono viste (e sentite) delle belle. Forse perché il tema prescelto era " Dal 'senso del bello' al 'senso dello Stato' ".
Molti più o meno autorevoli relatori si sono succeduti dinanzi all'attenta e 'umorale' platea dei giovani ciellini. Il 18 agosto è stata la volta di Marcello Pera. Il quale, prima di diventare Presidente del Senato (e prima di fare il responsabile per la giustizia per Forza Italia) faceva di professione il filosofo della scienza.
Che cosa ha detto il Presidente-Filosofo sulla connessione tra il senso del bello e il senso dello Stato? Praticamente, nulla. Eppure, di cose da dire ce ne sarebbero state molte. Per esempio, che nel mondo antico i due sensi, per molti versi, coincidevano. Bello era infatti considerato dai Greci ogni insieme ben ordinato di elementi, cioè ogni totalità interconnessa in cui ciascun 'pezzo' stesse al posto giusto in un equilibrio armonico delle parti. Ogni aspetto della realtà naturale ed umana che presentasse queste caratteristiche (di ordine, proporzione, simmetria, armonia) non solo era considerato 'vero' (in quanto oggettivamente conoscibile), ma anche bello in quanto at-traente e desiderabile.
Lo Stato, pertanto, sarà bello (o susciterà il senso del bello, cioè poi sarà, per così dire, 'amato' dai cittadini) se rifletterà quei caratteri di 'giusta proporzione' 'equilibrio fra le parti' che sono propri della bellezza. Questa idea è presente, in modo particolare, in Platone. E, forse, proprio questa idea avrà suggerito il titolo suggestivo agli organizzatori del Meeting. Invece il filosofo (o ex filosofo?) Pera è andato fuori tema. Non ha detto cioè nulla sugli eventuali rapporti che intercorrerebbero tra i due 'sensi' cui era dedicato il raduno di quest'anno. Ha invece detto molto per collocare il povero Platone (che peraltro non ha potuto replicare) tra i cattivi maestri della storia, ossia tra i nemici della cosidetta "società aperta" teorizzata, come è noto, da K.R.Popper in La società aperta e i suoi nemici, autore molto amato dal nostro Presidente.
Era stato proprio Popper a scorgere in Platone (e in Hegel e Marx) una marcata componente totalitaria in quanto teorico di una 'società chiusa'. Pera ha parlato, a sua volta, di un 'tic' totalitario del filosofo greco.
Ora, qualcuno si potrebbe chiedere: "Ma se queste cose le aveva già dette Popper, dove sta la novità?". E' qui che viene il bello (anche se non il 'senso del bello'). Perché l'idea di un Platone capostipite del totalitarismo (idea che, peraltro, nessun serio storico della filosofia antica avallerebbe) è stata utilizzata per una tirata anti-girotondini. I quali, poche settimane prima, si erano permessi di manifestare contro il modo in cui l'ex filosofo aveva condotto i lavori al Senato in occasione della (non)discussione ed approvazione della cosidetta Legge-Cirami. Il succo del discorso di Pera è stato, in sostanza, che i girotondini, nel loro furore 'totalizzante', sarebbero gli odierni eredi del 'tic totalitario' platonico. Dunque: da Platone a Moretti. Ecco il male che si anniderebbe nelle coscienze di questi intolleranti ed intollerabili manifestanti con serio pericolo per la democrazia!
Ma il bello è (ancora una volta!) che il carattere antidemocratico di pacifiche manifestazioni di protesta veniva pronunciato proprio in occasione di una manifestazione quale era quella di Rimini!
Il vero problema è che Pera, non solo non ha detto nulla su come il senso del bello si lega (o si dovrebbe legare) al senso dello Stato, ma è stato anche reticente su altri 'tic' contro cui l'amato Popper aveva messo in guardia. Come ha rilevato G. Bosetti (su Repubblica del 31.8.02), è fortemente riduttivo presentare Popper come critico della 'società chiusa'. In lui c'è molto di più, che non è stato detto. Per esempio, egli ha denunciato con forza il 'tic' populista, il 'tic' monopolista', per non parlare del 'tic' telecratico. Fare appello al 'popolo', al 'mandato popolare' come salvacondotto universale e legittimazione di qualunque azione politica, è solo un'astuzia (nemmeno tanto raffinata) per dominare senza controlli. La sostanza della democrazia, al contrario, consiste, per Popper, nella libertà di sostituire, col voto, chi non ha governato bene. La libertà, cioè, si misura, per il filosofo(ma anche per tutta la tradizione liberale) con la forza dell'opposizione, non già con la 'bontà' del governo. Ma questo molti nostri liberali all'amatriciana non lo sanno (o fanno finta di non saperlo, il che è peggio).
Se c'è una cosa, anzi, che la democrazia richiede come propria linfa vitale, è il riconoscimento del diritto, da parte della pubblica opinione nelle sue varie sfaccettature, di esercitare un controllo reale sui vari poteri dello stato ed eventualmente di protestare (anche con i girotondi). Non si capisce bene, infatti, come ha rilevato Umberto Eco (Repubblica, 29.8.02) come mai esponenti di rilievo dell'attuale maggioranza parlamentare ritenessero legittimo protestare in piazza quando erano opposizione e gridino invece allo scandalo (ora che governano) se le manifestazioni si autoorganizzano oppure le organizza il Sindacato. Forse perché raccolgono milioni di persone? Se è così sarebbe davvero preoccupante!



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