Ora Locale

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Occorre un'alleanza strategica fra istituzioni e organizzazioni

di Sergio De Julio
(ex-presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana)


Piero Bevilacqua solleva il problema della selezione della classe dirigente politica. E' un problema oggi centrale, la cui soluzione non può essere più rinviata, giacché l'impoverimento della classe dirigente politica degli ultimi tempi ha prodotto l'abbattimento del diaframma fra politica e imprenditori, con la scelta di questi ultimi, invero poco contrastata, di trasformarsi in ceto politico. Il potere economico ha saltato la mediazione politica per proporsi direttamente al governo del paese, con gravi rischi per il bilanciamento tra i poteri e, quindi, per la democrazia.
A questo proposito, i mass media hanno giocato un ruolo cruciale nel promuovere nella società civile la convinzione che i magnati della finanza avrebbero risolto i maggiori problemi delle cittadinanze esportando, sic et simpliciter, il modello di gestione delle aziende private alla res publica. In tal senso, i successi elettorali di Bush e Bloomberg negli Stati Uniti e di Berlusconi in Italia non sarebbero stati possibili senza la sponda del mondo dell'informazione: tutt'altro che casuale è il fatto che tanto Bloomberg (sindaco di New York) quanto Berlusconi siano proprietari di canali televisivi e che Bush e il suo vice Cheney dispongano di risorse finanziarie talmente ampie da conquistare, soprattutto attraverso il mezzo televisivo, un sostanziale consenso.
Il caso italiano sta limpidamente dimostrando l'inadeguatezza del mondo imprenditoriale a vestire i panni della classe politica: le tensioni sociali sono riesplose come non accadeva dalla seconda metà degli anni '70 soprattutto per contrastare il disegno di questa compagine di governo che identifica, erroneamente, il risparmio nella spesa pubblica con la drastica riduzione dei servizi erogati (in particolare scuola e sanità). Il drastico calo del fabbisogno nel mese di dicembre è il riflesso diretto della riduzione suddetta: accogliere questo dato con entusiasmo, come ha fatto una parte del mondo dell'informazione, appare quantomeno incauto.
Non so se l'attuale classe politica sia peggiore della società civile che dovrebbe rappresentare, ma sono certo che non è migliore, come è stata almeno parzialmente nel passato. E come dovrebbe essere, se vogliamo che chi si candida al governo del paese o di una regione non segua, non dico i propri interessi, ma nemmeno le pulsioni e le "mode" pilotate della società, esaltandone i vizi e deprimendone le virtù. Come dovrebbe essere, se vogliamo che essa sia in grado di progettare il benessere dei cittadini di oggi e delle future generazioni.
In Calabria non corriamo il rischio di vedere potentati economici che puntano alla conquista del governo regionale, semplicemente perché non vi sono i potentati economici. Ma corriamo un rischio (che forse è già una realtà) persino peggiore: quello dell'affermazione di una classe dirigente politica succube dei potentati economici nazionali o incapace di contrastarli, con la conseguenza d'avere una regione subalterna a interessi del tutto estranei alla regione stessa.
Siamo in grado di combattere questo rischio? Ci sono le forze per costruire un percorso alternativo? Se guardiamo all'università, ad alcuni enti locali, alle associazioni imprenditoriali, ai sindacati, ad alcune professioni, a molte associazioni, ci rendiamo conto che vi sono tante energie che producono nel loro piccolo risultati pregevoli e, a volte, sorprendenti. E allora perché questa classe dirigente diffusa non riesce a fare sentire la propria voce e ad esprimere un peso politico? Semplicemente perché non riesce a costruire una massa critica.
Ben venga allora il "laboratorio" aperto a soggetti diversi proposto da Bevilacqua. Per contare, però, non bastano le elaborazioni e i progetti che esso riuscirà ad esprimere, ma occorre che esso abbia alle spalle un'alleanza (sponda) istituzionale che gli riconosca e gli dia il peso necessario. I singoli professionisti, docenti, sindacalisti, amministratori locali, per quanto associati, da soli non bastano. E nemmeno bastano le singole istituzioni. Quante volte abbiamo assistito a proposte intelligenti o a giuste proteste di questa o quell'associazione, di questo o quel sindacato, di questo o quel comune? Passata l'eco della protesta o della proposta tutto tornava come prima.
E' giunto allora il momento che la parte di questa classe dirigente diffusa, che non è paga dei propri successi individuali, che è insofferente del basso profilo della rappresentanza politica ed è desiderosa di promuovere il contesto sociale in cui opera, stimoli un'alleanza istituzionale che aggreghi associazioni, università, enti locali, sindacati, associazioni imprenditoriali su un progetto politico di sviluppo non subalterno della nostra regione. Avremmo una voce autorevole che non potrebbe passare inascoltata e che, anche se si limitasse a fare saltare quel tappo costituito dall'attuale ceto politico, di cui parla Bevilacqua, potrebbe contribuire a un rinnovamento dei partiti politici, riportandoli ad essere sede di partecipazione e di elaborazione di progetti politici piuttosto che di conservazione di una misera classe politica estranea alla società.
L'esperienza personale mi ha dimostrato le grandi potenzialità che in Calabria risiedono nell'università sia per il livello di formazione delle giovani generazioni sia per la qualità della ricerca. Si fa un gran parlare di società della conoscenza, dell'importanza della ricerca e dell'alta formazione per la ripresa dello sviluppo del paese e della sua competitività, grandi personalità si mobilitano per protestare contro il governo e la sua legge finanziaria per la scarsa attenzione dedicata a queste tematiche, mentre per la Calabria si dà enfasi soltanto alla costruzione del ponte sullo Stretto. Portiamo invece l'Università al centro dell'attenzione delle famiglie, degli enti locali, delle imprese, dei lavoratori. Con la consapevolezza che l'università, anche se di qualità, da sola non basta per innescare lo sviluppo.
Ed ecco di nuovo la necessità delle sinergie istituzionali. Se vi fosse un progetto di sviluppo basato sull'università, sulla ricerca e sull'innovazione, quando un comune dibatte del suo bilancio di previsione, dovrebbe farlo dando priorità alle infrastrutture coerenti con quel progetto di sviluppo. Quando le associazioni degli industriali discutono dell'inadeguatezza delle istituzioni finanziarie delle regione, dovrebbero proporre soluzioni coerenti con quel progetto di sviluppo. Quando i sindacati elaborano strategie occupazionali, esse dovrebbero essere coerenti con quel progetto di sviluppo. Quando la giunta regionale redige un bando POR, dovrebbe verificare con i vari attori la coerenza con quel progetto di sviluppo.
Mi piacerebbe che il laboratorio proposto da Bevilacqua si cimentasse nell'elaborazione di un progetto di sviluppo della Calabria, stimolando un'alleanza strategica fra istituzioni e organizzazioni. Mi piacerebbe veder dare il loro apporto al laboratorio giovani studenti e laureati, sindacalisti, amministratori locali, imprenditori, professionisti, docenti e ricercatori. A questo lavoro apporterei con entusiasmo il mio contributo.



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