Evaluation è il titolo di un volume pubblicato nel luglio 2002, per i tipi dell'editore Salvatore Sciascia, nella collana "Percorsi Formativi", diretta da G. Cacioppo. Si tratta di una raccolta di studi in onore dalla sessantennale attività di Aldo Visalberghi, noto intellettuale da poco collocato "a riposo" come Ordinario ed insignito del titolo di Professore Emerito nell'università "La Sapienza" di Roma.
Il titolo non è stato certo scelto a caso dai curatori del volume, G. Cives, M. Corda Costa, M. Fattori e N. Siciliani de Cumis. Evaluation è un vocabolo d'oltre oceano che si traduce nell'italiano valutazionee che viene utilizzato dalla pedagogia contemporanea ogni qualvolta si rende necessario "apprezzare", sulla base di determinati standard, non solo il profitto di un allievo ma anche l'organizzazione di una scuola, un ordinamento scolastico, un progetto educativo, in generale la multiforme realtà dell'educazione.
Quando in Italia si parla dievaluationil pensiero corre dritto alla figura e all'opera di Aldo Visalberghi. I pedagogisti che si occupano di valutazione e dei problemi ad essa collegati non possono fare a meno di prendere le mosse dai suoi scritti pubblicati nella seconda metà degli anni Cinquanta. Misurazione e valutazione nel processo educativo (1955) ed Esperienza e valutazione(1958) diedero l'avvio, valorizzando l'opera di John Dewey e mutuandone il lessico, ad un nuovo pensiero dell'educazione, che fu subito in grado di porsi al centro del dibattito politico e pedagogico su questioni cruciali per l'avvenire dell'Italia, come l'avvio della scuola media unificata, dotata di formule curricolari e modelli d'istruzione rinnovati, e l'inizio di un confronto tra l'insegnante e un pubblico diverso da quello tradizionale, che, per dirla con Egle Becchi, andava anch'esso, al pari dei discenti, istruito e "valutato".
Su problemi di tale rilevanza Visalberghi ha sempre fatto sentire la sua voce autorevole, quella di "organizzatore culturale" e di "politico dell'educazione", come viene definito nella premessa al volume. Visalberghi ha costantemente guardato al futuro, più che al presente, dell'educazione, coniando espressioni e termini originali, come quelli di ludico e ludiforme, con riferimento soprattutto al momento della didattica.
Molti sono i contributi raccolti in Evaluation, firmati da eminenti pedagogisti e filosofi: da T. De Mauro a G. Benvenuto, da M. Alighiero Manacorda a R. Fornaca, da P. Bertolini a E. Lecaldano a V. Orsomarso e G. Cacioppo, per citarne alcuni. Tutti si propongono come unico obiettivo quello di "aprire la strada alle analisi ed agli approfondimenti che in seguito si renderanno necessari". Ma l'aspetto più importante che la pubblicazione, nel suo complesso, lascia intravedere è che i vari contributi, che attengono ai diversi campi di indagine del Visalberghi filosofo, storico, scienziato e pedagogista, alla fine raggiungono, nonostante l'eterogeneità dei testi proposti, quella "unitarietà di intenti" che i curatori di Evaluation intendevano raggiungere. Proprio l'unitarietà degli intenti fa di questa "operazione editoriale" un prezioso strumento di consultazione per quanti vogliono dare risposte concrete ai "perché" ed ai "come" della pedagogia.
Qui voglio dare risalto al contributo di uno dei curatori, il professor Nicola Siciliani de Cumis, che Ora Localeannoverava tra i suoi più illustri collaboratori. Nel suo saggio, intitolato I bambini di Makarenko, tra "pedagogia" e "antipedagogia", egli entra nel vivo di quel "romanzo dell'educazione" che è il Poema pedagogico di Anton S. Makarenco, il noto educatore e pedagogista russo.
Siciliani de Cumis dedica maggiore attenzione agli elementi più espressivi del Makarenko educatore, che si auto-assegna la non facile funzione della "mediazione", una categoria limite, potremmo chiamarla, dell'azione didattica verso i suoi bambini, che si rivela come la vera novità apportata dall'autore del Poema al dibattito sulla pedagogia del Novecento.
Bambini e adulti, qualità e quantità, fatti e teoria, vita e coscienza, motivazioni individuali e motivazioni collettivistiche: i termini di queste relazioni non vanno più valutati singolarmente, ma occorre mediarli, secondo Makarenko, se si vuole uscire dallo stato di "astrattezza" della scienza pedagogica e magari stimolare la nascita di un'antipedagogia, intesa - scrive Siciliani de Cumis - come "un prevalere del fare sul conoscere, della vita reale sulle rappresentazioni fittizie di essa, delle complessità e difficoltà del collettivo sulle semplificazioni edificanti di qualsiasi tipo" (p. 358).
L'antipedagogia di Makarenko si presenta, secondo Siciliani de Cumis, come un rovesciamento dei ruoli generazionali nel processo di insegnamento-apprendimento. Makarenko afferma, dall'alto della sua esperienza d'educatore, che i "grandi" hanno tutto da imparare dai "piccoli", e non viceversa, se questi ultimi fanno propria, prima dei grandi, quella che è "la dimensione educativa propria e nuova in progress". La ragione del rovesciamento dei ruoli generazionali, osserva Siciliani de Cumis, sta nel fatto che il piccolo ha dalla sua parte la "vita" che, ancor prima della coscienza, è "garanzia di misura della validità di un'azione formativa" (p. 363).
Ma l'antipedagogia di Makarenko, sottolinea finemente nelle conclusioni l'autore del saggio, è una pedagodia della lotta. Quasi a voler dire che la mediazione presuppone, in una qualche misura, il conflitto. La pedagogia della lotta inaugurata da Makarenko è pur sempre pedagogia, ma lo è nel senso di una "esperienza educativa concreta", che non sempre è garanzia di successo. Non per nulla essa si fa "poema" e non per nulla quello di Makarenko è un "romanzo di formazione".