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Cosenza, 23 Novembre:
Ribellione e bellezza del nuovo sud

di Nicky Vendola *


Un abbraccio stretto e generoso, borghese e proletario, della periferia e del centro storico, un abbraccio dai balconi e dai marciapiedi stipati e plaudenti, di bimbi e di anziani, di giovani, tutte le età arrampicate sui gradini di un orgoglio pulito che si radica nella storia della bella Cosenza: città accogliente e curiosa, laboratorio delle innovazioni e delle differenze, piccola capitale della libertà e della tolleranza.
Città segnata dall'eredità culturale dell'illuminismo antielitario di Giacomo Mancini, gelosa del suo spirito pubblico non soffocato dalla doppia superstizione del perbenismo e della mafiosità, aperta alle sperimentazioni più ardite, oggi governata da un sindaco donna, Eva Catizone, che non mostra esitazioni nel giocare il suo ruolo sul terreno impervio e fascinoso della sfida incarnata dal "movimento dei movimenti". Cosenza appare, nella piazza grande della festa e dei bengala, come una intuizione e una promessa: quella di una Porto Alegre d'Europa, quella di una fucina istituzionale di percorsi inediti della rifondazione della politica come "civiltà urbana" e come connessione sentimentale con le moltitudini ribelli.
C'era questo, sotto il sole di Cosenza, e c'era altro: la rappresentazione plastica di blocco sociale in formazione, di un nuovo possibile collante tra soggettività disperate, di una inedita egemonia che cerca la sua trama fuori dalle girandole del politicismo e del ceto politico.
Qui c'era tutto un Sud, il Sud che si fa opposizione politica e sociale contro il liberismo e il suo indotto repressivo che urla la propria antica e modernissima rabbia contro la carcerazione multipla della spoliazione di diritti, che non si beve le favole di uno sviluppo genuflesso all'impresa mafiosa e alla mitologia distruttiva delle grandi opere.
Qui è nato, come un corpo sociale prima che come organico riferimento teorico, un nuovo meridionalismo, che sa leggere i nessi cogenti che legano la tragedia di Termini Imerese l'inganno ciclopico del Ponte sullo Stretto, la custodia cautelare di una Procura di acchiappafantasmi e i rendiconto aspri del sisma a San Giuliano di Puglia. Nel mondo che si appresta a ridislocare i propri apparati di potere sulla scena della guerra preventiva ed infinita, nell'Italia che sceglie la falange di Bush e il massacro dei fondamenti stessi della Welfare, nel Mezzogiorno che consuma come tutti i sud del pianeta una fatale alternativa tra crescita drogata e deriva senza speranza: è qui che nasce l'agenda, il programma in fieri, di questo movimento che a Cosenza ha espresso tutta la sua potenza democratica e "sovversiva". Che si lega al conflitto sociale nato nel cuore della più importante storia industriale nazionale che sa mettere in rete la visione del capitalismo della deregulation e della guerra che capisce sulla propria pelle quanto le proprie idee siano capaci di strappare il velo del "pensiero unico" del mercato.
Ecco che la richiesta ritmata e ossessiva del "liberi tutti" parla dei compagni incarcerati da un teorema accusatorio che puzza di medioevo e codice fascista: ma parla anche di una giustizia a "doppio binario", forcaiola nei confronti del disagio sociale e del dissenso politico e garantista, anzi "innocentista" nei confronti dell'establishment. Ma "liberi tutti" parla del carcere ideologico e materiale del Sud: una geografia senza storia, una storia senza qualità, un dominio esercitato in condominio tra ceto statuale e ceto anti-statuali. Quel grido lo sente nella solennità della cattedrale anche l'arcivescovo di Cosenza: che apre, con una notturna veglia di riflessione, l'accoglienza quei giovani cosiddetti no-global che sono così dice "tanto più interessanti dei giovani che danzano sul nulla dell'edonismo". Chissà se comincia a sentirlo anche quel centro-sinistra che si avvita nel proprio incolmabile fossato di afasie e di autoreferenzialità.
Cosenza, ora che le tenebre la inghiottono e la festa continua, non è il guscio vuoto che acchiappa un evento effimero: si lascia contaminare dai ritmi e delle ragioni di questo strano e molteplice protagonista, lo cinge col suo calore intelligente, ne accetta la provocazione feconda. Qui Cosenza vive un nuovo parto. Qui può nascere la storia tutta da scrivere di un nuovo Sud della ribellione e della bellezza.

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(deputato di Rifondazione Comunista)



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