Ora Locale

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Un'altra Calabria è possibile?

di Tonino Perna *


Il dibattito, aperto da un articolo di Piero Bevilacqua sulla rivista "Ora locale", e ripreso su questo giornale mi sembra che arrivi proprio nel momento giusto. Il tema apparente è quello delle prossime elezioni regionali, su come arrivarci -per l'area di centro sinistra- e con quale metodo costruire una coalizione vincente . Il tema reale, a mio avviso, è un altro : l'insofferenza per l'attuale stato in cui versa questa regione, lo scarto crescente tra classe politica e bisogni sociali , la mancanza di orizzonti, di speranze e prospettive per le nuove generazioni. Bisogna essere intellettualmente onesti : le responsabilità della giunta di destra che governa la Regione Calabria sono grandi, ma le brevi esperienze precedenti di centrosinistra non avevano di certo brillato ed entusiasmato i cittadini calabresi. Il dramma, per chi vive in questa regione, è che questo stato confusionale, questa mancanza di un progetto di società , credibile e mobilitante, questa afasia e disincanto che si respira sia così profondo proprio in una fase decisiva per il futuro di questa terra. Siamo arrivati ad un appuntamento decisivo, ad una fase di cambiamento radicale, facendo finta o non volendo prendere coscienza che non si può più sperare di "tirare a campare " o pensare , come recita il titolo di un fortunato volume " io speriamo che me la cavi ". La bomba ad orologeria che tra poco scoppierà ha un nome preciso - federalismo- ma effetti collaterali sconosciuti o ignorati . Che lo si colori di solidarietà, che lo si chiami devolution, quello che sta per realizzarsi in questo paese è un radicale smantellamento e distruzione del welfare che passa attraverso il federalismo fiscale. Rispetto a quanto è accaduto in altri paesi ,come l'Inghilterra della signora Thacher o la Reaganomics in Usa, la via italiana alla riduzione dello stato sociale passa attraverso il federalismo . Questa strategia politica è , da una parte, il frutto della specificità del dualismo socioeconomico del nostro paese , dall'altra è una strada obbligata , data la presenza ancora consistente di un sindacato dei lavoratori che non farebbe passare facilmente la perdita di diritti acquisiti . Quale governo, infatti, potrebbe pensare di tagliare drasticamente i salari reali degli addetti alla pubblica amministrazione, o ridurre il personale della scuola o della sanità senza scatenare una rivolta sociale ? Se , invece, la palla passa alle regioni il discorso cambia , lo scontro si frantuma e gli effetti sul territorio saranno profondamente diversi. Vediamo come e perché .
In Italia esiste un dualismo regionale così pronunciato, come in nessun paese europeo, con una divaricazione territoriale così ampia e con un coinvolgimento di popolazione notevole : 20 milioni di abitanti che vivono nel Mezzogiorno, il 37% della popolazione nazionale. A partire dagli anni '70 del secolo scorso, lo Stato italiano ha giocato un ruolo di riequilibrio territoriale, rispetto alle risorse disponibili . Vale a dire: i trasferimenti netti dallo Stato alle regioni hanno avuto un segno positivo nel Mezzogiorno, un segno pressocché nullo nel Centro Italia ed un segno negativo nelle regioni del Nord. In sostanza le imposte prelevate nelle aree più ricche del paese servivano, in parte, per trasferire risorse finanziarie nelle regioni meridionali .Come sappiamo questo meccanismo ha permesso una rapida crescita dei consumi nel Mezzogiorno, ma non ha prodotto quel circuito virtuoso sperato che doveva far uscire il Mezzogiorno dalla "dipendenza" dalle risorse pubbliche . Per altro, anche questo è noto, la crescita degli investimenti e dei consumi nel Mezzogiorno è servito per molto tempo da volano allo sviluppo economico del centro nord , fino a quando il mercato mondiale è diventato ben più rilevante del piccolo mercato meridionale. A quel punto , non a caso, è nata la Lega Nord e più in generale si è concentrata l'attenzione per la cosiddetta "questione settentrionale" , cioè per l'area più ricca del paese che concorre con più del 70% alle nostre esportazioni e che chiede di gestire direttamente la ricchezza materiale che produce.
Per capire quale sia l'impatto possibile del federalismo fiscale basti pensare che la "dipendenza " del Mezzogiorno dai "trasferimenti netti" dello Stato è oggi ,mediamente, intorno al 25% del pil meridionale, con una significativa articolazione interna . Si passa , infatti, dai valori minimi degli Abruzzi (14%) e Basilicata (16%) , ai valori massimi rappresentati dalla Sicilia (32%) e dalla Calabria (36%). Vale a dire che per ogni 100 euro che un calabrese ha in tasca 36 dipendono dal risorse esterne trasferite dallo Stato centrale. Questi dati sono stati spesso sottovalutati in quanto si è calcolata la dipendenza delle regioni meridionali solo considerando il valore percentuale delle importazioni nette sul pil e non prendendo in considerazione il fatto che la spesa per la pubblica amministrazione nel Mezzogiorno è stata, nell'ultimo decennio, mediamente pari al 25% del pil meridionale , mentre nel Centro Italia è del 17 % , nel nord est del 15% e nel nord ovest del 14% . Se consideriamo i dipendenti pubblici sul totale delle forze di lavoro la questione appare più chiara . In Calabria, ad esempio, il 32% degli occupati lavora nella pubblica amministrazione (senza considerare tutte le forme di precariato pubblico come Lsu o Lpu ), mentre in Veneto ed in Lombardia il dato è dell'11%.
In soldoni, senza un trasferimento netto dello stato centrale il Mezzogiorno e soprattutto la Calabria, non potrebbero mantenere né la massa degli attuali dipendenti pubblici, né il livello salariale . Per andare ancora di più nel concreto, se la scuola e la sanità dovessero passare alle regioni, che dovrebbero sostenerle con le proprie risorse , si dovrebbe o ridurre drasticamente il numero degli addetti in questi settori o tagliare brutalmente i livelli salariali. Per esempio, se un insegnante di scuola media guadagna a Milano 1000 euro al mese, in Calabria , in proporzione al reddito pro-capite ed alle relative imposte, dovrebbe percepire uno stipendio intorno ai 700 euro al mese.
Chi dice che il federalismo fiscale costituisca un'opportunità per la nostra regione, non sa di che cosa parla , chi invece sostiene, e sono tanti, che questi trasferimenti netti dello Stato hanno fatto parte di una politica di assistenzialismo, che è stata la causa dei nostri mali , confonde i termini della questione . Il diritto alla salute ed all'istruzione pubblica costituiscono dei diritti di cittadinanza inalienabili e nulla hanno a che fare con l'assistenzialismo che è servito a foraggiare finti imprenditori e speculatori di ogni tipo, a mantenere servi e lacchè di una classe politica avida e corrotta . Non bisogna, come si suol dire, buttare il bambino con l'acqua sporca . Negli ultimi trent'anni il Mezzogiorno e la Calabria non hanno fatto registrare una crescita economica autosostenuta, se non a macchie di leopardo in alcune aree più dinamiche, ma è nettamente migliorata la qualità delle strutture sanitarie e di quelle scolastiche , e si è ridotta drasticamente, fino a pochi anni fa, il tasso d'emigrazione e di fuga dei "cervelli". Abbiamo in Calabria oggi tre Università (e speriamo quattro quando l'Università per Stranieri "Dante Alighieri" sarà riconosciuta), quando negli anni '60 non esisteva nemmeno mezza facoltà universitaria. Se dovessero passare sotto la gestione regionale che cosa succederebbe è facilmente immaginabile.
Lo scenario con cui dobbiamo fare i conti è quello di un paese dell'est europeo dopo la caduta del muro di Berlino . La nostra dipendenza dalla spesa pubblica è talmente grande e determinante che la comparazione è corretta . Quello che è successo in questi paesi ci serva da monito : peggioramento generalizzato dei servizi pubblici, caduta dei salari reali per la gran parte dei dipendenti pubblici e nascita di una nuova classe di neoricchi , spesso provenienti dall'apparato di partito, che sui processi di privatizzazione hanno fatto le loro fortune, crescita rapida della criminalità e della corruzione , emigrazione di massa verso l 'Europa occidentale. Molti di questi fenomeni sono già presenti in questa regione per cui è probabile che verranno esaltati nella fase di smantellamento dello Stato sociale e di drastica riduzione della spesa pubblica. Come è molto probabile che la lotta tra clan politici e criminali diventerà più acuta in una fase in cui la torta si restringe. La frantumazione sociale ed il caos politico istituzionale prenderanno il sopravvento, ma potrebbero determinare anche le condizioni per un cambiamento radicale e positivo della classe politica , nonché nei comportamenti diffusi e nella cultura politica locale. Alle volte, nella storia , le condizioni di necessità e di difficoltà estreme producono nuove virtù.
Guardando il futuro da questa prospettiva pensiamo che bisognerebbe affrontare e risolvere tre questioni fondamentali:

a) In una situazione eccezionale , come quella con cui sbatteremo il muso, centrodestra e centrosinistra valgono poco o niente come punto di riferimento , sono espressioni consunte se non chiariamo i termini della sfida. La salvezza di questa regione passa attraverso un più stretto legame con le altre regioni meridionali per creare una massa critica di lotta ed opposizione, chiunque governerà il paese, rispetto a questo perverso disegno di distruggere i diritti fondamentali di cittadinanza. Credo che la prospettiva debba essere, alla fine, europea: bisogna costruire un legame forte con tutte le regioni europee ,comprese quelle che stanno per entrare nella UE, affinché alcuni diritti di cittadinanza in termini di servizi pubblici siano garantiti indipendentemente dal pil regionale. Ma, è necessario altresì cambiare pagina ed immaginare una capacità di gestione della res pubblica in modo innovativo e partecipativo. Non basta, attenzione, un semplice ricambio di classe politica . Altre volte abbiamo sentito questa espressione ed abbiamo visto che risultati ha dato il ricambio. Un radicale cambiamento della classe politica regionale è una condizione necessaria, ma insufficiente. Bisogna capire innanzitutto che "qualità" deve avere questo ricambio e verso quale direzione. Rispetto alla qualità credo che abbia ragione Franco Piperno, nel suo intervento del 25 febbraio su questo giornale, quando proponeva di partire dai poteri locali e da chi ha maturato esperienza nella gestione degli enti locali. Ma, non mi fermerei, come fa lui, solo alle città della Calabria, non solo perché questa è una regione con più di quattrocento Comuni , ma anche e soprattutto perché ho potuto constatare sul campo come nei piccoli paesi della nostra regione operino dei sindaci di grande valore , che hanno fatto dei miracoli con la loro passione ed amore per paesi con pochissime risorse finanziarie e spesso tagliati fuori dalle grandi vie di comunicazione.

b) Seconda questione: la partecipazione. Senza il coinvolgimento di altri soggetti sociali , non si regge alla sfida che abbiamo di fronte. La mia esperienza nella gestione del parco nazionale dell'Aspromonte mi ha insegnato che con il mondo della cosiddetta "società civile" è possibile fare grandi cose se si instaurano rapporti innovativi fondati sulla responsabilità . Così abbiamo ridotto fortemente la piaga degli incendi, così stiamo riuscendo a dare una svolta nella raccolta dei rifiuti in aree non urbanizzate. La partecipazione va sposata con l'innovazione per conseguire un obiettivo strategico per questa regione marginale : il trasferimento di attività ad alto valore aggiunto e basso impatto ambientale. Nel campo dell'arte, della ricerca scientifica, della produzione di energie rinnovabili, della produzione agricola di qualità, nel turismo culturale e sostenibile, con il concorso di tanti soggetti sociali possiamo ottenere, ed esperienze positive non mancano, grandi risultati e soddisfazioni.

c) Terza questione , la più difficile ed importante : la costruzione di una visione comune del nostro futuro. Non partiamo dall'anno zero. Negli ultimi dieci anni si è diffusa la consapevolezza che la ricerca della "buona vita" non passa attraverso la crescita del reddito, quando si sono superate determinate soglie e garantiti dei bisogni fondamentali. Vi è un cambiamento lento, ma progressivo , che va in questa direzione in tutto il paese. L'anno scorso ho fatto , in un'intervista al Tg1 , un'offerta bizzarra ai cittadini del nord : vi offriamo 10.000 posti vitali tra le montagne dell'Aspromonte , vi diamo in comodato d'uso case e terreni da coltivare ed una natura meravigliosa da contemplare. Non potevo immaginare che ci fosse tanta gente interessata a lasciare il nord , le città dell'ipersviluppo, per venire a vivere semplicemente sulle nostre montagne. E' il nostro patrimonio naturalistico e culturale che dobbiamo salvare e tutelare , perché questo, dobbiamo prenderne coscienza, sta diventando un patrimonio per tutto il paese, specialmente per le aree più ricche dove il bisogno di sud , di un altro modo di vivere, sta emergendo dalle rovine dello sviluppo e della crescita infinita.

Vorrei concludere, con quello che ritengo costituisca un'esperienza carica di speranza e di significato . Nella "Carta della civiltà dell'Aspromonte", sottoscritta da decine di sindaci il 14 luglio del 2001 a Polsi, vi sono al primo posto tre punti indicati come valori fondamentali in cui ci riconosciamo:
1) l'ospitalità e l'accoglienzadello straniero, un valore da ribadire e preservare di fronte all'inciviltà delle società industriali avanzate che praticano la chiusura e la persecuzione del povero e dell'immigrato;
2) l'amicizia e la convivialità, di fronte alla logica invasiva della mercificazione globale che toglie alla vita spazi fondamentali di gratuità ed affettività ;
3) il rispetto e la salvaguardia del patrimonio naturale dell'Aspromonte, noi vogliamo conservare questo patrimonio naturale che oggi assume un valore inestimabile di fronte alle colate di cemento e alle "grandi opere" che hanno prodotto e continuano a produrre disastri ambientali

Quando, il 25 Aprile dell'anno scorso , siamo partiti con la Carovana sud-nord, una cinquantina di persone tra sindaci e rappresentanti di enti locali dell'Aspromonte, non pensavamo che incontrando altri sindaci e forze sociali di altri parchi nazionali -del Gargano, Monti Sibillini, Foreste Casentinesi, Cinque Terre, Gran Paradiso - avremmo ricevuto un'accoglienza entusiastica ed una grande attenzione per la nostra "Carta " dove sono indicati i nostri valori, ma anche il nostro impegno per cambiare e lottare per un futuro migliore. Soprattutto non pensavamo che da questa esperienza della Carovana sud-nord potessero nascere, tra gli enti locali aspromontani , tanti legami sociali , un nuovo spirito di collaborazione ed amicizia che ha rotto con la nefasta tradizione della litigiosità , del campanilismo ottuso, del complesso di inferiorità che ci ha penalizzato per troppo tempo. E la Carovana sud-nord ripartirà il 10 Aprile per andare a Norcia, nel parco nazionale dei Monti Sibillini, a fondare, insieme a centinaia di sindaci dei parchi nazionali italiani, l'Associazione dei Comuni e delle Comunità dei Parchi. E' un'iniziativa che parte dal profondo sud ,da una terra di frontiera, non solo geografica, e dimostra , a mio avviso, che un'altra Calabria , consapevole dei suoi valori e delle sue risorse - più dignitosa, libera e solidale- sia realmente possibile.

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*docente all'Università di Messina e Presidente del Parco Nazionale d'Aspromonte



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