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Lavorare e non solo

Sul programma della sinistra in Calabria


di Tobia Cornacchioli


È da più di un decennio ormai - dall'inizio dell'inglorioso autunno dei partiti - che nella nostra regione nelle lunghe o brevi vigilie elettoriali si svolge un gran dibattito a sinistra per individuare temi e protagonisti del programma elettorale; anche se poi, alla resa dei conti, da parte delle forze più rappresentate a livello nazionale si finisce con il ripiegare sulle mediazioni partitiche romane e spesso su personale d'importazione, nel mentre il programma partorito si è già degradato ad un pio elenco di desideri. Anche in questi giorni, scorgendosi all'orizzonte della vita istituzionale calabrese alcune tornate elettive, si sta assistendo al rinascere della solita discussione.
C'è da augurarsi questa volta che - al contrario di quanto successo finora - alla proposta di magniloquenti quanto impotenti "strategie" si sostituisca qualche proposta pratica, anche modesta, ma capace di incidere sul malessere generale.
Un suggerimento che merita attenzione viene dalla lontana Argentina, dalla Patagonia, dalla città di Neuquen, da una fabbrica di piastrelle che, portata al fallimento dal ciclone neo-liberista, è stata riaperta, e con successo, dalla cooperativa costituita dagli operai rimasti senza impiego.
Questi hanno colto le opportunità, le risorse - a cominciare dal rispetto e dalla fiducia in loro stessi - e le occasioni per iniziare una straordinaria vicenda, aiutati nella loro lucida - e apparentemente folle - avventura dalla memoria attiva di un passato cooperativistico di tutto rispetto, da una città che si è stretta intorno a loro ed alla fabbrica, da istituzioni giudiziarie che hanno messo al primo posto il diritto alla vita rispetto agli astratti diritti dell'economia.
E l'esperimento ha avuto successo: quello che era un incubo per i fautori del liberismo, è divenuto un sogno realizzato per chi pensa che la produzione debba essere sottomessa ai bisogni umani ad iniziare da quelli primari.
Per maggiori informazioni sulla vicenda, su come gli operai si sono organizzati, sulle loro innovative strategie di marketing e sul loro successo, si può leggere il bel resoconto di L. Rastello, Metti una fabbrica in Patagonia ("D. Supplemento di La Repubblica" del 22 marzo 2003, pp.98-102).
Come non essere stimolati da un così significativo ed efficace progetto?
Alla Calabria non mancano le fabbriche che chiudono un mese dopo l'altro, non manca la memoria della cooperazione (dagli esemplari Decreti di Fausto Gullo alle recenti cooperative sociali, cocciutamente volute e realizzate da Giacomo Mancini), non manca una società civile sensibile alle proposte serie intorno alle quali essa stessa è disposta a mobilitarsi con continuità e con passione.
Dopo venti anni di delirante esaltazione delle "taumaturgiche doti" del liberismo, oggi probabilmente manca da noi un quadro istituzionale che renda pienamente agibile la proposta di affidare la gestione delle fabbriche (fatte fallire da sedicenti imprenditori incapaci e malaccorti o furbescamente lesti nel privatizzare i guadagni e riversare sulla collettività le perdite) alla direzione di quanti vi lavorano e ne conoscono perfettamente tutti i passaggi produttivi, le possibilità, le risorse.
Ed è a questo proposito che deve intervenire la sinistra con riflessioni, con la promozione di un serrato dibattito, e, soprattutto, con proposte programmatiche (da sottoporre già all'elettorato), apparati legislativi appropriati e risoluzioni amministrative efficaci per far sì che l'istituto regionale, le amministrazioni locali e le deputazioni parlamentari (nazionale ed europea) si facciano promotori di quanto può essere utile per la realizzazione del progetto.
La ben calibrata sinergia di leggi nazionali ed europee e di provvedimenti amministrativi regionali e locali che convergano nella direzione di assicurare ai detentori della forza lavoro la possibilità di produrre socialmente e solidalmente (dimenticavo di dire che i profitti realizzati dalla fabbrica argentina sono utilizzati per dotare la città che la ospita di servizi e infrastrutture), rimetterebbe in sintonia le forze politiche della sinistra con il proprio popolo, e rappresenterebbe un costruttivo segnale per una riscossa politica (e di politica alta) idonea a garantire una sana gestione dell'economia, ovvero dei rapporti degli umani con la natura nonché fra essi stessi.
A questo sono chiamate oggi - e in Calabria, innanzi tutto - le forze della sinistra, riformiste o massimaliste che dichiarino d'essere. Per altri versi, non sarebbe che l'inizio.



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