Tra i vari pregi del recente volume di Carla Ravaioli (Un mondo diverso è necessario, Editori Riuniti, Roma, 2002, pp.
252, Euro 12 ) c'è indubbiamente quello della problematicità. Esso pone una serie di interrogativi politici radicali che
tutti coloro che non si disinteressano delle sorti del mondo non possono non porsi.
Intendiamoci, non voglio dire che la Ravaioli non abbia suoi convincimenti da trasmettere o che non esprima forti
preoccupazioni per le tante contraddizioni del nostro tempo. Al contrario, le prime due parti del libro sono dedicate alla
critica dell'attuale modello di sviluppo economico, dell'occidentalizzazione del mondo e delle sue conseguenze,
dell'insostenibilità della crescita produttiva e degli attuali standard di consumi. A tal riguardo, Giorgio Ruffolo riferiva
una battuta che suona pressoché così :"Il socialismo reale è crollato perché non è stato capace di superare la prova del
mercato. Il capitalismo crollerà perché mostra di non saper superare la prova dell'ambiente". Ecco, Carla Ravaioli si
impegna a mostrare come la sconfinata accumulazione privata della ricchezza e l'interpretazione del "bene comune
come un sottoprodotto del profitto" non siano compatibili con un uso equilibrato delle risorse naturali e con il rispetto
e la salvaguardia degli equilibri ambientali.
E' nella terza parte del libro, intitolata "Le domande", che l 'autrice pone, come dicevo, dei quesiti che sono
imprescindibili per chiunque sia impegnato nel lavoro politico. "C'è qualcuno - si chiede Ravaioli - che abbia in
mente quello che viene definito "un modello alternativo". Cioè un sistema di produzione, scambio e consumo, capace
di soddisfare le esigenze di moderne società avanzate secondo abitudini dai più ritenute irrinunciabili, senza
danneggiare l'ambiente naturale o comunque riducendone al minimo il deperimento, così da poter consentire a tutti i
popoli del mondo - che lo desiderano - un analogo livello di benessere? Capace soprattutto di conseguire tutto ciò
senza i drammatici squilibri sociali di oggi ?".
La risposta a questa domanda non può che essere negativa. Ma allora hanno ragione coloro che ritengono che l'attuale
sistema socio-economico sia il migliore di quelli sinora immaginati, ed anche di quelli immaginabili, e che l'ordine oggi
dominante sia un "ordine naturale" e perciò privo di vere alternative? Anche questa volta la risposta non può che essere
negativa.
Ma in una situazione analoga ci imbattiamo se ci si interroga sul mercato e sulla sua utilità sociale. Anche in questo
caso ci troviamo di fronte ad un dilemma che non consente una via d'uscita univoca. Ad un osservatore di buon senso
risulta infatti che, da una parte, non è consigliabile rinunciare totalmente al mercato, dal momento che esso si rivela
utile ai fini del soddisfacimento dei bisogni dei consumatori, dall'altra, che è del tutto irrazionale pensare che con
l'attuale egemonia del mercato si possano risolvere i problemi della giustizia sociale, del rispetto del territorio e della
priorità del bene comune.
Naturalmente, il fatto che oggi non si disponga di un ben definito modello alternativo all'economia di mercato non
significa che non si possa e non si debba prendere partito contro il liberismo capitalistico. Innanzitutto, perché il
capitalismo, per sua natura, ossia per il suo meccanismo costitutivo (fondato sul produttivismo sfrenato,
sull'accumulazione privata e sulla ricerca spasmodica del profitto), si è rilevato e si rivela sempre di più incapace di
risolvere problemi d'ordine generale, quali il rischio ambientale, l'ingiustizia sociale, gli squilibri fra nord e sud del
mondo, ecc. Poi, perché esso ha ormai perduto "la sua spinta propulsiva". Sono lontani gli anni ruggenti delle
grandi rivoluzioni borghesi che hanno segnato un avanzamento per tutta l'umanità. Ma sono lontani anche gli anni del
grande progetto che, attraverso il New Deal e la costruzione del Welfare State, hanno dato vita al neocapitalismo.
Ormai, come dice Wallerstein, si può parlare di senescenza del capitalismo o se si preferisce di una sua fase regressiva
che è ormai subentrata, e ha sostituito, la precedente fase ascendente e progressiva . Per rendersene conto basta pensare
all' odierna politica internazionale. Si va avanti alla giornata. Non c'è più e non si cerca più di attuare una legalità