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Il non luogo del cyberspace

(Colloquio intervista con Marc Augè)

di Walter Belmonte


1) Professor Augè, il concetto di non luogo si può applicare al cyberspazio? Possiamo parlare di un antropologia del cyberspazio? Quali categorie sociali e relazionali mutano?

Si può applicare la riflessione al recupero del concetto di luogo e non luogo del cyberspazio perché dal punto di vista empirico il non luogo è lo spazio della comunicazione, della circolazione e del consumo. Per intenderci, io credo che il cyberspazio in relazione al concetto di luogo e non luogo, permette di descrivere la socializzazione di uno spazio. Uno spazio fortemente socializzato è riferito al luogo, se, diversamente è governato, orientato da codici e se vi è una relazione effettiva di individui si definisce non luogo. Ma, è una questione relativa.
Il cyberspazio pone un problema particolare poiché in un certo modo si definisce per la sua capacità di mettere in relazione gli uni con gli altri o allo stesso modo di interfacciare l'incontro degli altri nel cyberspazio. Nel senso, che siamo in presenza di un luogo che possiamo chiamare cyberspaziale.
La questione che si pone è sapere se il tipo di relazione che si stabilisce attraverso il cyberspazio o più in generale attraverso i media è un tipo di relazione dello stesso ordine, della stessa relazione che noi abbiamo quando parliamo della relazione sociale o della relazione familiare o della relazione del potere. Relazione, nel senso tradizionale del termine.Io penso che si possa rispondere in modo positivo.
Credo di dover dire che il cyberspazio può essere un mezzo per creare delle relazioni di ordine diverso comprese le relazioni di tipo tradizionale. Noi possiamo usare il cyberspazio per mettere in relazione dei giovani che già si conoscono. E' vero, vi sono delle forme originali, notoriamente dei gruppi transnazionali di giovani che si conoscono attraverso delle relazioni di gioco. Io mi sono persuaso che si tratta di un tipo di relazione differente. Non posso dire che questa relazione non esiste, non funziona e che non è interessante ma sono delle relazioni di altro tipo. Penso, che la relazione face-to- face è una relazione particolarmente marcata. Quando si comunica nel cyberspazio si stabilisce una relazione di altro ordine, allo stesso modo di quella che noi abbiamo con un personaggio di finzione, un personaggio teatrale o di un romanzo. E' una relazione che esiste fortemente per noi ed è di tipo sociale. Allora, sicuramente, nel cyberspazio vi è una persona sociale con un'identità, quella che ci corrisponde. La relazione nel cyberspazio, la definerei, più precisamente, intermediaria tra la relazione sociale e la relazione finzione.

2) Nel cyberspazio si va verso un nomadismo, nella costituzione di tribù erranti e comunità virtuali?

E' da tempo che sto cercando di sviluppare questi concetti, ma occorre intendersi sul modo in cui si utilizzano. Non sono sicuro che, quando si parla di nomadismo o di tribù a proposito delle relazioni che passano dal cyberspazio, i termini vengono utilizzati in senso metaforico con molta immaginazione. Bisogna dire che siamo in presenza di una forma metaforica che ignora l'effetto.
Internet, mi sembra un viaggio che traspare dal mio computer. Ma, al contrario, questo viaggio, non appare al momento di instaurare una comunicazione attraverso lo schermo. E' possibile che, se sono completamente assorbito dalle relazioni attraverso lo schermo, trascuro le relazioni nel mio spazio sociale abituale. Ad esempio, dei giovani giapponesi sono affascinati dal computer e dalla musica e passano molto tempo all'attività del nomadismo mediatico. Il cyberspazio crea lo spazio di comunicazione senza essere presenti. Tuttavia, se diventa totalitaria, se esiste solo la modalità della relazione con l'altro attraverso lo schermo, essa si impoverisce perché blocca la relazione nello spazio reale. Posso avere dei compagni di gioco, dei compagni intellettuali o degli scambi poetici. In realtà, questo tipo di relazioni, stabiliscono una forma di società che non esiste.
Le comunità virtuali non hanno senso senza una possibilità di attualizzarsi. Comunità virtuali non è il termine che riserverei per qualificare le relazioni che si stabiliscono attraverso il cyberspazio che è utilizzato come una mediazione, un mezzo per incontrarsi. Il nome comunità virtuale è un espressione che utilizzerei con cautela.

3) Il fattore della comunicazione decentralizzata, del pari-a-pari (peer-to-peer), dello scambio, del baratto di musica, di programmi informatici, di film sono forme di solidarietà e resistenza nella rete telematica?

Non posso portare una testimonianza perchè non ho fatto questo tipo di esperienza. Penso, che rappresentino una forma di resistenza. Ma, occorrerebbe guardare ad ogni caso specifico. Quale economia si stabilisce e quale no.. Quale forma di solidarietà passi o quale forma di mercato economico permanga. Questa è una realtà che bisogna studiare caso per caso, per vedere se restano cose più marcate e come restano, o, se vi sono cose marginali o se vi siano realmente forme di resitenza organizzata. Ho una simpatia a priori per queste forme di solidarietà perché si rafforza il legame sociale. Occorrerebbe studiarle con più attenzione e guardare in quale misura il legame sociale resta marginale o centrale.

4) Gli hacker, sono i rappresentanti di questa nuova resistenza, i nuovi "maquis", i nuovi partigiani della rete telematica?

Questa utilizzazione sociale del computer, lega delle componenti sociali, ma non escludo che possa avere un effetto. C'è il rischio che si mostri un sistema sociale ed un'attività politica connesse ad un'immagine che passa e si costituisce solo attraverso lo schermo. C'è un limite del sistema.

5) Andiamo verso la costituzione di un'intelligenza collettiva o di un'intelligenza connettiva?

L'intelligenza collettiva, non so cosa esattamente sia. Può essere un concetto stabilito statisticamente. L'intelligenza collettiva è una nozione statistica che non vedo operativa ed acquisisce un senso solo posteriormente.
L'intelligenza connettiva, può essere il collegamento di informazioni per la soluzione dei problemi. La convergenza di informazioni permette, eventualmente, oggi, ad una nazione di avere una tecnologia potente e di decidere una guerra. Poiché, la concentrazione di informazione dà la possibilità di sapere che il nemico è là, in quel luogo.
Nell'intelligenza connettiva, nel senso di individui che si organizzano, esiste una capacità organica di mettere insieme delle informazioni, analizzare delle situazioni e reagire. Penso che si applichi ad un corpo individuale.

6) In relazione ad un'educazione ai media ed ai nuovi media, esiste un valore sociale ma anche un fine pedagogico?

L'apprendimento dell'immagine, in effetti, fare o vedere dei film ha un valore pedagogico perchè colui il quale produce sa di fornire qualche cosa di positivo. Ha una funzione positiva in relazione alla costruzione di immagini. Tuttavia, si può correre il rischio di essere dipendenti dall'immagine, essere alienati da una rapida successioni di immagini. Con l'abilità e la ginnastica mentale possiamo acquisire un senso critico.
Nel cyberspazio, non penso che l'apprendimento sia lo stesso. Perché la virtuosità può dare una sorta di realtà al mondo del cyberspazio che si può dominare o padroneggiare. A tal punto, che si vede un mondo solo attraverso questa possibilità.
Si può dire, che una pedagogia dell'immagine si applica ad una sorta di pedagogia più ciberneticamente controllabile. L'educazione ai media è una gran cosa, ma vi sono situazioni che non fanno altro che sedurre. Il cyberspazio ha una tendenza a fermare i virtuosi del cyberspazio nello stesso cyberspazio, ha una tendenza a cercare uno spazio talmente vasto da non essere definito.



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