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Per un diverso sistema di relazioni tra governo locale, territorio e società*


Occorre riaprire il discorso sulla democrazia partendo dalle forme che esistono per ripristinare il valore e riempirle di contenuti, per passare a una democrazia sostanziale che si avvalga anche della rappresentanza senza esaurirsi in essa.
Intanto, il discorso sulla democrazia ci appare in stretta connessione con il “giro” di riflessioni centrate sui temi dell’identità e della qualità sociale del sistema di sviluppo locale. Sotto tale profilo, parliamo di democrazia come scuola di autogoverno, come tensione/tendenza della comunità a governare i processi che la riguardano e la coinvolgono, letteralmente “inventando” e sperimentando i modi di una partecipazione intensa e continua, “sapiente”, ad atti fondamentali della vita sociale, materiale, amministrativa e politico-istituzionale.
Consideriamo assai importante, al riguardo, le esperienze di partecipazione e coinvolgimento diretto delle comunità (e del terzo settore) – anche e proprio in ambito meridionale-nel campo dei servizi e delle politiche sociali, finalizzate alla creazione di servizi e attrezzature innovative in grado di rispondere alle nuove esigenze delle famiglie e a particolari bisogni sociali ancora inevasi.
O, ancora, nel campo dei programmi di riqualificazione di ambiti urbani degradati con ruolo attivo da parte degli abitanti e degli operatori economici e sociali lì insediati.
Allo stesso modo, condividiamo, e seguiamo con convinta adesione e sostegno, il dibattito teorico e le realizzazioni pratiche, che hanno preso corpo attorno e in seguito al costruirsi della “Rete del nuovo municipio” ed alle prove di “bilancio partecipato” (da Porto Alegre al Vecchio continente). Sicché, vogliamo riflettere con intensità sulla “democrazia municipale”, convinti come siamo che si è in presenza “di una diversa e più avanzata forma della democrazia, di un diverso sistema di relazioni tra governo locale, territorio e società”. Dal Nuovo municipio, “un rilancio del rapporto tra democrazia diretta e rappresentanza, attivando istituti intermedi di partecipazione alle decisioni strategiche e alle politiche e azioni concrete dei governi locali; un’alternativa al governo gerarchico del territorio e al centralismo autoritario, come sviluppo di autogoverno locale in rete (municipio federato); un processo di interazione con la società insediata come valorizzazione in particolare del “terzo settore” tra stato e mercato, dando spazio e rappresentanza agli attori sociali più deboli negli istituti partecipativi.
Il Nuovo Municipio, oltre che una diversa forma della democrazia, è anche sostanziale, includente, attiva, scritta nelle buone e positive azioni effettivamente condotte, nelle iniziative efficaci e socialmente condivise di trasformazione della società locale” (CARTA, n. 42, Documento della Rete del nuovo municipio).
Ma non basta, e sempre nella stessa fonte ritroviamo precisato: “l’orizzonte dello sviluppo locale autosostenibile si oppone alla subordinazione e alla unificazione nel mercato unico mondiale del “neoliberismo”, nonché detto, dei nuovi municipi, che essi si costituiscono come attori della costruzione di “un reticolo internazionale della globalizzazione dal basso di modelli di sviluppo alternativi, attivando reti solidali non gerarchiche”.
Ed a proposito di quanto rilevato sulla dittatura del mercato unico mondiale, verrà forse la pena di ricordare, a noi e a tutti, che questo rappresenta l’autentico motore della globalizzazione dall’alto, e si appresta a scatenare una guerra, una nuova guerra, esclusivamente per ragioni di potere e di interesse, perché il suo paladino si appropri di risorse energetiche altrui, per controllare i grandi flussi delle materie prime, per pura “necessità di dominio, insomma, indicando l’ignominia che è sempre una guerra, come lotta di autodifesa e per la democrazia, chiamando a raccolta, accanto a sé, paesi e stati che non sapremmo meglio definire tra servi e/o complici, comunque co-interessati.
In secondo luogo, intendiamo ribadire con forza l’assoluta contrarietà nei confronti della “deriva” concettuale e pratica che induce a considerare riduttivamente la democrazia e ad identificarla in assoluto con le elezioni, accompagnando il tutto con la sopravalutazione dei meccanismi e delle procedure di voto, ma soprattutto concorrendo al più generale, e avvilente, fenomeno della “spettacolarizzazione” della politica e della sua assimilazione ai riti consumistici del “mercato”. Non potremo ami abbastanza dolercene, ma intanto segnaliamo le storture che caratterizzano quei regimi politici e istituzionali, dagli USA a Israele, della cui democraticità, misurata sul metro elettorale, pochi sembrano dubitare.
La nostra idea è radicalmente diversa: democrazia diffusa che sorge dal basso, che faccia crescere insieme i livelli di responsabilità e di competenza, i diritti e i doveri, che leghi i membri della comunità, in un contesto di forte identità, riconosciuta e condivisa, e li abiliti al confronto con la modernizzazione e all’impatto con il “globale”, l’una e l’altro, a loro volta, anche senza ulteriori aggettivi e specificazioni, di quanta non ne abbiamo rivelata finora.
Beninteso, pensiamo, se di costruzione di nuove concezioni deve trattarsi e di nuove pratiche di democrazia a partire dalle concrete esperienze locali, occorre concepire, e sostenere, movimenti di propagazione e di “contagio”, a livelli via via più estesi e profondi, della prima dimensione in cui possono manifestarsi e vivere esperienze del genere. Nel caso specifico del Mezzogiorno, il cammino della democrazia si è sempre rivelato alquanto accidentato, e comunque costruito sempre, o quasi, dall’alto verso il basso. I risultati sono nella scarsa qualità dell’alto e nella risentita estraneità del basso, nella reiterata indisponibilità a muoversi insieme, governanti e governati, amministratori e amministrati. Non è detto, dunque, che la via con maggiori possibilità di successo non sia quella della costruzione delle reti di solidarietà e di prossimità anche sotto il profilo-istituzionale, nonché amministrativo.

*Dal documento Identità, qualità sociale dei sistemi di sviluppo locale, Democrazia, Napoli, 3-4, XII, 2002.



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