In questo particolare momento in Calabria i teatri si sono moltiplicati, non solo a Cosenza, a Reggio
e a Catanzaro, ma anche in centri più piccoli, altri sono in costruzione e in ristrutturazione; i gruppi
e le compagnie che fanno teatro sono cresciuti notevolmente negli ultimi anni: è il momento di
cercare di avviare una politica teatrale che contempli i modi di sostenere e rafforzare questa crescita.
In questa prospettiva, Primavera dei teatri ha significato anche dare avvio a una collaborazione
istituzionale fra forze di un territorio ampio e articolato come è quello che si estende dal campus di
Arcavacata, a Rende e alla città di Cosenza, in modo da coinvolgere e stimolare con proposte
culturali dense di linguaggi e temi contemporanei, una popolazione vasta. Bisogna infatti lavorare
affinché il periodo formativo dell l’Università costituisca per i giovani – molti dei quali provenienti
da realtà socio-culturali svantaggiate - una esperienza culturale complessa. Ciò significa che le
istituzioni del territorio in cui gravita l’Università devono tenere in considerazione la presenza di un
bacino vasto di potenziali fruitori ( gli studenti iscritti alle facoltà presenti ad Arcavacata sono
28.000. Con questo obbiettivo - provare a costituire un nucleo istituzionale che possa porsi come
interlocutore rispetto alle politiche culturali regionali e nazionali, si è organizzata, la tavola rotonda
su “Il Teatro in Calabria: stato e prospettive” che ha visto presenti interlocutori e punti di vista
diversificati . Oggetto del dibattito il testo di legge, approvato dalla commissione cultura, relativo
alla programmazione delle attività teatrali nella regione Da un lato gli interventi “laudativi” del
direttore della Fondazione Politeama, del responsabile dei teatri calabresi associati (che dispone di
15 teatri in tutte le province calabresi) e del direttore artistico del Teatro Stabile della Calabria che
hanno sottolineato l’importanza di questo regolamento per una regione dove finora i contributi per il
teatro sono stati irrisori e, in parallelo dell’impegno degli enti sopracitati (pubblico -privati) a dotare
la Calabria di una regolare e capillare circuito di distribuzione di spettacoli , di attivare una
programmazione regolare nei teatri delle principali province che finora o sono stati inagibili o
hanno vissuto in modo rapsodico . Da tale versante è emersa una istanza forte di razionalizzazione,
basata sulla logica della dimensione aziendale (nel senso della conquista di un pubblico, anche
strizzando l’occhio alla televisione) e di un professionismo basato su una produzione “media” .
Dall’altro versante, attraverso gli interventi di Renato Nicolini, Giancarlo Cauteruccio (Krypton) ,
Antonello Antonante (Teatro dell’Acquario), Scena Verticale, Luciana Libero (consiglio di
amministrazione dell’ETI), Domenico Talarico (assessore allo spettacolo del Comune di Rende)
sono state evidenziate una serie di questioni per niente rassicuranti: la politica anticulturale della
regione legata ai grandi eventi (il concorso di Miss Universo, esempio eclatante), l’assoluta assenza
di criteri di assegnazione dei contributi che non siano quelli clientelari, la equivoca idea di
promozione di un “locale” basato sulla difesa della “cultura calabrese”, sulla “diffusione dei
prodotti culturali calabresi” e degli “autori che riflettano la cultura calabrese”, oltre che della
“valorizzazione di improbabili teatri greco-romani presenti nel territorio”. Altrettanto preoccupante
il fatto che non si faccia menzione dei meccanismi di finanziamento delle attività previste, né di un
regolamento attuativo. Il fatto che invece vengano fissati parametri molto alti (contributi e giornate
lavorative) per le compagnie per avere possibilità di accesso ai finanziamenti regionali, significa di
fatto penalizzare quelle più giovani che portano avanti un lavoro di laboratorio, formazione, attività
didattiche sul territorio anziché di circuitazione di spettacoli.
Sarebbe utile raccogliere la proposta di Paolo Aniello (presidente dei teatri d’arte contemporanea
dell’Agis) di costituire un osservatorio che recensisca le realtà esistenti nella regione e costruisca un
confronto fra tutti i soggetti istituzionali e indipendenti che lavorano sul territorio, al fine di
costruire dei rapporti utili a raggiungere gli obbiettivi di una pluralità di realtà e attività.