Ora Locale

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Mario Alcaro
Economia totale e mondo della vita ­
Il liberismo nell'era della biopolitica
Edizioni Manifestolibri

di Francesco Kostner


Più d'uno, probabilmente, potrà non trovarsi in sintonia con l'approccio interpretativo che attraversa "Economia totale e mondo della vita", l'ultima fatica di Mario Alcaro, Professore di Storia della Filosofia all'Università della Calabria.
Un volumetto agile e leggero, nell'impostazione come nei contenuti, anche se di indubbia qualità analitica, che rischia addirittura di passare quasi inosservato, vista la sobrietà della veste grafica, ma che, una volta "scoperto" e decifrato nella sua indiscutibile matrice "antiborghese" e marxiana, sarebbe un grave torto ed una imperdonabile leggerezza intellettuale, assimilare ad un prodotto di pura propaganda ideologica o, ancora peggio, all'ennesimo "manifesto" delle idee e delle azioni di certa parte politica, che tutto punta a sovvertire e a cambiare, nella sua decisa critica del sistema e dei suoi apparati istituzionali, economici, politici e culturali, penalizzanti per larga parte della società.
Chi, fosse eventualmente attratto da questo tipo di lettura e, troppo sbrigativamente, decidesse di muoversi in questa direzione, commetterebbe un errore grossolano. Noi, dopo aver letto questo assai stuzzicante contributo di riflessione sulla società del nostro tempo, le sue caratteristiche e la sua "unidirezionalità ultracapitalistica", ci schieriamo senza dubbi dalla parte che consideriamo giusta e corretta, vale a dire tra quanti ­ e saranno certamente i più ­ non tarderanno a riconoscere che Alcaro, con questo lavoro, è riuscito a mettere in piedi una riflessione certamente stimolante ma, ancor più, di indiscutibile utilità.
Una raccolta di idee e di valutazioni che mette in luce la forte idealità dell'autore e la sua passione, il gusto e l'attrazione che egli prova per un impegno politico frutto del confronto e dell'analisi, e dunque sganciato da qualsiasi pregiudizio o limitazione verso tale impostazione.
In questo senso, va compresa ­ e condivisa ­ la sua preoccupazione che la crisi della politica e dei suoi protagonisti, la mancanza di idee e di proposte, del coraggio di compiere scelte non sempre facili né risolutive, prevalga ed ammorbi, ancora una volta, la volontà e la passione dei tanti ­ e Alcaro certamente è uno di questi - che invece a questa disciplina vogliono e sentono di dare un contributo.
Alcaro, va ricordato, non è nuovo a questo tipo di esperienze. Egli non è solo un fine studioso dell'esperienza filosofica, ma uno dei protagonisti di "Ora Locale", quella palestra di discussione e di confronto meridionalistico diventata in questi anni uno dei punti più seri e qualificati del dibattito attorno a questa antica e dibattuta questione, cui sono legati forse alcuni tra i migliori contributi investigativi e analitici della storia del sud e del suo ruolo negli equilibri economico-sociali del Paese.
E' da lì' ­ riprendendo alcuni temi sviluppati anche su "Critica Marxista" - che Alcaro parte per mettere in piedi la sua forte critica al sistema, attraverso una concezione della politica intesa come <potenziamento della vita> e in grado, tra l'altro, di <ricucire i legami sociali e ridare senso comune alla collettività>.
Da qui, da questo senso rinnovato dell'azione e della finalità che debbono animare la politica, Alcaro auspica e prefigura possa riprendere vigore e significato l'idea di comunità, in rapporto alla quale è possibile disegnare uno scenario nuovo e costruttivo dell'agire quotidiano che ripone al centro l'uomo e le sue esigenze.
Qui, in questa nuova dimensione della politica e dei suoi obiettivi, prende forma la protesta di Alcaro, "indignato" e "rattristato" per ciò che avviene nel mondo. In Europa. Nel nostro Paese. Per la difficoltà, ad esempio, di stabilire con chiarezza i confini e le differenze tra destra e sinistra, tra <un certo modello di sviluppo che produce crescita economica ma non progresso umano, e uno sviluppo alternativo che difende la dimensione umana della vita, il buon vivere, la vita buona, contro la mercificazione, l'artificializzazione, la manipolazione esasperata del mondo contemporaneo>; tra chi, come la destra liberista, è per <una crescita economica e una innovazione tecnologica che non producono progresso sociale (in termini di istruzione, gioia di vivere, relazioni sociali, solidarietà etc.) e chi, al contrario, <deve progettare uno sviluppo alternativo sottratto alla manipolazione predatrice, uno sviluppo capace di potenziare, anzicchè deteriorare, la qualità umana della nostra esistenza>.
Qui, si inserisce anche il "no" di Alcaro verso una globalizzazione che, se pure, per molti aspetti, rappresenta un processo inarrestabile, <è intesa esclusivamente come globalizzazione dei mercati> ed iscritta unicamente <dentro la partita doppia delle entrate e delle uscite dei bilanci delle multinazionali>.
E qui, ancora, che si colloca anche la constatazione del fallimento ­ certificato dalle esperienze in cui esso si è materializzato ­ del comunismo e delle sue teorie, <non solo per gli errori e i crimini di alcuni suoi capi storici, ma anche e soprattutto perché ha ritenuto necessario costruire uno Stato che non incontrasse più ostacoli, intralci, contrapposizioni di parte>, al punto che, <con la scomparsa dell'autonomia della società civile e dei soggetti sociali lo Stato ­ come universale etico ­ ha recitato la sua parte in una desolata e agghiacciante solitudine>.
Ecco allora che, per Alcaro, lontano da qualunque equivoco nostalgico, ma in una valutazione della democrazia intesa come <corretta mediazione degli interessi e della volontà dei popoli della terra>, <l'orizzonte entro cui collocare oggi la lotta antiliberista e anticapitalista non è quella di un universalismo che schiaccia il particolarismo e che sopprime i soggetti sociali..>, ma la convivenza <con il mercato, in quanto luogo della mediazione degli interessi egoistici dei soggetti economici> e soprattutto <con la volontà conflittuale dei popoli di affermare le proprie diversità>. Accettare il particolarismo, avverte Alcaro, <non significa soccombere ad esso, né rendersene portavoce come fa il liberismo, ma incanalarlo in una prospettiva in cui l'economia venga rimessa al servizio della società e i conflitti fra le diversità dei popoli trovino sul terreno internazionale una compensazione unitaria e una risoluzione democratica>.
Per finire - ma i temi trattati nel volume sono qui soltanto accennati, meritando perciò una riflessione certamente più attenta e approfondita - nella analisi complessiva della società e dei suoi punti di squilibrio, che Alcaro lucidamente tratteggia, si notano anche l'auspicio, mutuando le riflessioni di John Dewey (1927), per una valorizzazione della comunità locale, che <non significa chiusura localistica, né angustia campanilistica e provincialistica, né nostalgia agreste e reazionaria>, ma rappresenta la strada <per superare l'eclissi del pubblico e per riconsegnare lo Stato al suo ruolo più autenticamente democratico>.
Quella comunità in cui, come ha messo in evidenza di recente Giuseppe Spadafora, Direttore del Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Università della Calabria e apprezzato studioso dei problemi della democrazia in questo importante filosofo americano, <l'individuo non può che esprimersi socialmente>, come <attore sociale che determina i suoi legami di solidarietà e di condivisione di valori comuni all'interno dei piccoli gruppi di cui è espressione>.
Annotazione particolare, ancora, meritano la visione del Sud come <laboratorio di un nuovo legame sociale> e l'affermazione, come punto qualificante e determinante dell'azione politica, <della superiorità delle leggi della polis sulle leggi del mercato>. Punti importanti e distintivi <di un possibile processo di riaggregazione politica della sinistra>, obiettivo cui, pur non nascondendosi le difficoltà, Alcaro mostra di voler dare un contribuito di riflessione e di analisi.
Dall'alto, certo, di una competenza e di una sensibilità che la trattazione degli argomenti contenuti nel suo libro mette in evidenza, ma, non di meno, partendo dalla denuncia di una difficoltà interpretativa e di comprensione reale dei problemi che è stata ­ e forse rimane ­ uno dei punti di maggiore debolezza di questa parte politica e del suo arcipelago di idee e posizioni.



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