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Il Mediterraneo:
area di integrazione e di sviluppo

di Anna Funaro


Questo è il titolo della tavola rotonda, svoltasi alla Casa delle Culture di Cosenza, il 29 aprile 2005, epilogo del Convegno su: Il Mediterraneo. Un incontro di culture, tenutosi nei giorni 28-29 aprile 2005, presso l’Università della Calabria.
Un gruppo di intellettuali, tra i più rappresentativi del panorama culturale nazionale ed internazionale, si sono dati appuntamento in queste due giornate di discussione e approfondimento sul tema del Mediterraneo come incontro di culture.
Nella tavola rotonda, Fulvio Tessitore si è soffermato sul Consorzio Interuniversitario “Civiltà del Mediterraneo” che è nato a Napoli come consorzio tra pubblici e privati, con la pubblicazione della rivista “Civiltà del Mediterraneo”, con l’organizzazione di corsi di perfezionamento per laureati, con borse di studio. Dopo una crisi, nel 1996-97, è stato riavviato come Consorzio Interuniversitario, senza perdere il rapporto con il mondo produttivo. Oggi sono 11 le Università che partecipano al Consorzio e che hanno promosso la ripresa della pubblicazione della rivista e l’organizzazione di convegni e seminari. Un ultimo Convegno sui Diritti umani ha visto la partecipazione di studiosi europei e del Medio-Oriente. Il fine è quello di realizzare esigenze, appunto, di interculturalità, multiculturalità, pluralità. Il Consorzio ha mantenuto i rapporti con il mondo produttivo. In Italia, mondo produttivo e mondo della formazione stanno “per i fatti loro”. Nessuna cultura del privato è a sostegno continuo delle attività di formazione e di ricerca.
Per fortuna la situazione va cambiando; le piccole e medie imprese si pongono problemi di credito di formazione. A tal proposito, l’Università può fornire una collaborazione e provvedere alle esigenze di formazione necessaria e indispensabile, anche per i processi produttivi. Una iniziativa, quindi, rilevante, continua Tessitore, anche per innervare in forme non tradizionali un segmento determinante per una riforma universitaria. Solo un Consorzio Interuniversitario può creare una reale circolazione tra le sedi universitarie e stabilire un reale rapporto tra mondo della ricerca e mondo produttivo. Un coordinamento delle regioni meridionali che tenga conto della formazione e della ricerca, elemento centrale dei processi di modernizzazione e di sviluppo, può avvenire attraverso l’impegno delle regioni, delle province e dei comuni, per sostenere e creare una rete intorno a questi consorzi, al fine di individuare una politica meridionalistica, non espressione di un “meridionalismo straccione”, ossia una forma di assistenzialismo, oggi fuori tempo.
Oggi, serve un “nuovo meridionalismo”che dovrebbe coniugare questa dimensione europea e mediterranea, per riequilibrare la configurazione dell’unione europea e recuperare la dimensione del multiculturalismo, della pluralità e della interculturalità. “Non si può essere compiutamente interculturali se non si è compiutamente multi- culturali”. E’ necessario muoversi e prendere atto del processo che, oggi, caratterizza l’attività di formazione e di ricerca. La cultura è universale; e, per quanto si possa parlare di globalizzazione della cultura, essa non può perdere la sua specificità.
Il Segretario Nazionale dei Lavoratori della Conoscenza, Mimmo Rizzuti, ha esordito affermando che l’Europa, purtroppo, adotta il modello americano, fondato sulla competitività e sul mercato neo-liberista; un modello che massacra lo stato sociale; trasforma in aziende le scuole, le università, i centri di ricerca; mercifica e monetizza beni comuni come l’acqua. Questo processo però era iniziato prima, con l’idea che la conoscenza dovesse essere intesa come supporto all’Europa per competere con USA e Cina. Ma tale modello crea esclusioni. E’ il capitalismo della conoscenza. La battaglia va fatta, continua Rizzuti, sul triplice terreno economico, politico e sindacale. Il Mezzogiorno è in una posizione importante per dare un contributo, per riconsiderare un modello di sviluppo in quanto tale e capire se è competitivo. Le nostre università, i nostri centri di ricerca, le nostre regioni meridionali possono riaprire uno scenario, un rapporto di confronto e interscambio, di costruzione alla pari. Solo così, si potrebbero realizzare scambi di conoscenze e competenze; quindi, passare al terreno della cooperazione, della produzione, della commercializzazione.



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