Come i nostri abituali lettori sanno, Ora Locale ha avviato un'inchiesta sulle nuove
amministrazioni in Calabria (intervistando i sindaci di Tiriolo, Stalettì, S. Donato
di Ninea, Montalto Uffugo, Soverato, Badolato) e, a partire dal numero precedente,
un'indagine su "Teatro e spettacolo in Calabria". Ora iniziamo una serie di segnalazioni
di esperienze significative sul piano della cultura (con gli articoli dedicati alle
iniziative del prof. Galiano, dell'Istituto Tecnico "Chimirri" a Catanzaro, di un
gruppo di studenti che hanno realizzato un Cd-Rom sull'immagine della donna nei fumetti,
del circolo "Mondo Nuovo" nella Cosenza degli anni '60, dello scultore cosentino
Alfredo Pirri), nel campo politico (con il documento del collettivo "Filo rosso"
sull'autonomia universitaria, con la rievocazione dell'attività del "gruppo dell'edicola"
di Catanzaro, con le lotte dei disoccupati a Cosenza) e in quello economico (si veda
il dossier-lavoro).
Riteniamo che la documentazione di realtà interessanti nella Regione debba proseguire
e riteniamo, altresì, che sia venuto il momento di aprire un dibattito con i nostri
lettori (che invitiamo a scrivere e a a farci conoscere le loro opinioni in merito)
su due problematiche di grande spessore. La prima riguarda la politica del governo per
il Mezzogiorno. Che valutazione diamo delle misure adottate per far fronte alla disoccupazione
nel Sud? E, più in generale, come giudichiamo l'orientamento e i programmi governativi sui problemi del meridione? La seconda si riferisce al rapporto fra i cosiddetti
"mali" del Sud e la nostra cultura. C'è stato propinato, orami da molto tempo, uno
schema di ragionamento che dalla registrazione dei gravi problemi del Mezzogiorno (clientelismo, inefficienza delle istituzioni, criminalità organizzata) passa meccanicamente
ad una pesante colpevolizzazione della cultura meridionale.
Ebbene, noi chiediamo ai lettori, dobbiamo pentirci dei nostri stili di vita e modelli
di comportamento? Del nostro attaccamento alla famiglia, al vicinato, al paese? Dobbiamo
sospettare del nostro senso dell'amicizia e magari anche del nostro senso di ospitalità? Insomma, dobbiamo pensare che per essere bravi europei e bravi moderni
ci si debba disfare di ciò che è costitutivo della nostra identità?