Ora Locale

(Digita o Clicca su "Ora Locale" per tornare indietro)



Lo spazio dell'Arte

di Andrea La Porta

La necessita' di arte e' per
l'uomo un bisogno del tutto primordiale, altrettanto, se
non di piu', del bisogno di pane.
Jean Dubuffet

 Su tutto questo, Ora locale lancia un appello, perche' ci si incontri, in autunno, e si discuta. L'appello e' rivolto agli amministratori, agli artisti, agli operatori culturali di tutti i settori: agli operatori dell'informazione, ai giovani imprenditori, ai laureati disoccupati, alle persone perbene e di buona volonta'.
Lo slogan: l'arte serve per vivere. L'obiettivo immediato: spazi permanenti auto-gestiti dagli artisti.

 Partiamo da una evidenza: la cultura, oggi, e' informazione, scambio e consumo dell'informazione. Fatti di cultura possono dirsi soltanto quelle costellazioni di messaggi che hanno effettiva capacita' di informazione, che siano cioe' in grado di creare il piu' ampio spazio di informazione possibile: il resto e' marginalita', autocompiacimento, nostalgia, al centro come alla periferia dell'impero. Una mostra d'arte, un convegno, una serata all'opera, una giornata trascorsa in biblioteca, sono eventi peculiari non in se stessi, quanto per le colleganze che istituiscono, per gli scambi che promuovono, per la mobilitˆ che sollecitano, per le dinamiche individuali e di gruppo che innescano. New York e' la capitale della cultura non tanto perche' produce cultura, quanto perche' promuove la circolazione capillare della cultura, che altri magari producono. La cultura come informazione e' forse il principale dei tratti distintivi della vita metropolitana. La metropoli e' uno spazio totalizzante. Piu' che luogo, e' tempo: scansione ripetitiva di ritmi e bioritmi; lesione e collisione di linguaggi; sovrapposizione di significati. La metropoli e' il trionfo incondizionato della cultura, ovvero dell'usabilitˆ, riproducibilita', riciclabilita' di tutte le cose.
Questa natura informazionale della cultura e' tanto piu' marcata nel caso della cultura artistica. Qui, produrre cultura significa soprattutto imbastire circuiti di diffusione della cultura. In questo nuovo scenario dell'organizzazione della cultura, l'arte assume il ruolo e la valenza di fonte promozionale dello scambio. "L'arte del XX secolo [...] non e' piu' pensabile in un luogo circoscritto, [...] ma va progettata e concepita rispetto allo spazio totalizzante di un magma senza riferimento, la metropoli" (Germano Celant).
Ora, si applichino queste considerazioni ad una realtˆ regionale come quella calabrese. La Calabria ha bisogno di porsi quale uno dei molteplici punti di riferimento della processualita' della cultura. Si deve operare per un'immagine della Calabria che non solo la sprovincializzi ulteriormente, restituendola all'Italia e all'Europa cui appartiene, ma che la promuova come terra di riscontro e confronto culturali. Quest'ottica vale indubbiamente per tutti gli aspetti della vita culturale, ma vale soprattutto per quello specifico settore della cultura che e' l'arte, e le arti visive in special modo.
Perche' mai in una regione come la Calabria, cos“ nutrita di tradizioni artistiche lontane e recenti, fallisce clamorosamente il tentativo di una politica culturale reale legata al presente? La domanda non e' retorica. La risposta non e' semplice. Che cosa fa questa regione per l'arte, per l'arte in generale, calabrese e non , e per l'arte contemporanea in particolare? L'ho detto e scritto piu' volte e lo ripeto: la Calabria e' l'unica regione d'Italia che non conosce l'arte contemporanea, perche' non la ospita, o la ospita assai di rado, e proprio per questo, non riesce a far vivere ai fruitori l'esperienza dell'informazione, del sentirsi parte di un processo. E' utopico augurarsi che anche la Calabria possa finalmente diventare stazione di transito di operatori culturali di tutto il mondo - artisti, critici e storici d'arte, direttori di museo, galleristi, restauratori, catalogatori di beni culturali? No, non e' utopico, soprattutto se si osa guardare il mondo, invece di seguire la processione dei ciechi, la cui prevedibile caduta aveva perso ogni tragicita' gia' ai tempi di Bruegel. Cerchiamo dunque di essere i vedenti che osservano i ciechi nella loro migrazione attraverso i deserti metropolitani.. No, non e' utopico, se si punta in alto: se si alza il livello e la qualitˆ delle manifestazioni, e si persegue l'obiettivo delle infrastrutture e dei servizi; se il rigore delle scelte, l'assoluta professionalita' del fare, l'entusiasmo dell'investire (non si dimentichi mai che l'arte e', anche economica e fonte di economia) sapranno soppiantare il pressappochismo dei millantatori e degli imbonitori sempre in agguato. Solo cos“, solo credendo che per sentirsi patria dell'arte bisogna ospitarne il genio e ampliarne l'eco, e dunque pensando che l'arte e l'informazione sull'arte possano avere un senso in questa regione e costituire la base del suo rilancio, la Calabria potrˆ ambire a svolgere un ruolo che non sia quello della vittima predestinata, del cieco condannato a cadere.
Il problema dei luoghi fisici dell'arte, dei cosiddetti spazi espositivi o siti, e' in Calabria tra i piu' inventariati. E' un problema dalle mille sfaccettature: sociali, economiche, politiche, architettoniche, urbanistiche, filosofiche. Non e' comunque pensabile che questo problema possa venire efficacemente risolto o avviato a soluzioni fintantoche' non si sarˆ diffusa la consapevolezza che le mostre - le grandi mostre storiche e, parimenti, quelle sull'attualitˆ - sono offerte d'arte, occasioni d'incontro, di dibattito, di confronto fra artisti, intellettuali, studenti, gente comune; occasioni di crescita civile oltre che culturale, luoghi e momenti in cui la coscienza si produce in un esercito di analisi e di giudizio, in cui il gusto si affina e si espande. Tutti noi, artisti, cittadini, consiglieri comunali e organizzatori dobbiamo tenerlo presente. Un buon punto di partenza sarebbe identificare lo spazio dell'arte con quello di chi guarda, con la vita quotidiana e col mondo degli oggetti. Non c'e' dubbio che senza uno spazio definito, riconoscibile anche se non topograficamente circoscritto, l'opera d'arte non pu˜ affermarsi, nemmeno se e' un lavoro notevole. Sarebbe dunque opportuno trasmettere alle arti, con le loro scelte tematiche superindividuali, il compito di definire l'ambito pubblico (il suo spazio e le sue forme di azione). Per far cio', tuttavia, gli artisti dovrebbero assumere un atteggiamento molto diverso da quello di "privatisti" che, consapevoli di un'autonomia garantita dalle norme, mantengono rapporti privati con un destinatario singolo, puramente immaginario. Ci˜ che si richiede e' un ripensamento, da parte di tutti, del concetto di urbanita': l'urbanita' non pu˜ essere creata dall'architettura o dall'urbanistica, poiche' l'urbanita' consiste in una fruizione adeguata delle architetture, qualunque aspetto esse abbiano. l'urbanitˆ non regna nelle strade, nelle piazze e nei parchi, se non vive nelle menti delle persone che vi abitano. Ma e' proprio alla ridefinizione del concetto di urbanita' che l'arte, gli artisti, possono essere chiamati a dare un contributo.
Un'ipotesi di lavoro a breve scadenza potrebbe essere quella di concedere agli artisti degli studi e degli spazi espositivi autogestiti. Spazi che verrebbero cosi' sottratti al degrado cittadino, e riabilitati, reinseriti nel tessuto urbano anche se con funzioni diverse da quelle originarie. Gli artisti in prima persona avrebbero il compito di restaurarli. La creativita' entra in scena. E' un'ipotesi che molte citta' italiane ed europee praticano gia' da anni con notevole successo.
Altro intervento di cui i Comuni potrebbero farsi carico e' il rilevamento delle numerose, talvolta vastissime, zone di archeologia industriale per fare poli delle arti: capannoni abbandonati, fatiscenti, edifici vuoti che attendono di scomparire come gli elefanti che vanno a raccogliersi nelle radure in attesa della morte. Sono stato di recente a Palermo. Ho visitato una bellissima mostra, allestita nei Cantieri Culturali alla Zisa, nel cuore arabo della cittˆ. Titolo "Arte necessaria". Sottotitolo: "Storia di 12 outsiders d'Italia". Fino al 20 luglio, nella Galleria Bianca (uno dei capannoni restaurati) sono allestite 114 opere fra dipinti, disegni, sculture. Un luogo in agonia e' tornato a vivere. Questo e' solo uno degli esempi di chirurgia urbana e sociale che potrebbero citarsi. Si vada a Gibellina, sempre in Sicilia, per scoprire come dalle macerie possano nascere fiori a Berlino, nella zona che fu del Muro, per scoprire come in un'area devastata dalla civilizzazione sia nato un forum Germanicum, la cui forza di stimolo a richiamare alla mente l'urbanita' non ha molto da invidiare al Forum Romanum.



Ora Locale

(Digita o Clicca su "Ora Locale" per tornare indietro)