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L'uomo, il territorio

di Eugenio Attanasio


Il 6 agosto 2000 viene rappresentata a Cropani la prima del "Dolce Sintetico Show" ad opera del Centro Teatrale Regionale - Ipotesi D2 , Undici microcommedie di Alfonso Dolce in uno spettacolo di Francesco Capitano.
E' un atto di nascita per una compagnia professionale che ha sede presso il Teatro Masciari di Catanzaro e per un gruppo di operatori culturali che lega la sua attività di creazione artistica al posto in cui opera.
Il movimento futurista fu una corrente transnazionale che scosse come un terremoto l'arte e la cultura del 900 abbracciando pittura, scultura , teatro diffondendo in Europa a macchia d'olio le sue rivoluzionarie idee di fede nel progresso meccanico, nella velocità, nel dinamismo.
Suona curioso come un cropanese, legato al ritmo di vita di un paese del medio jonio calabrese dei primi del secolo, diventi esponente di un movimento borghese e metropolitano che vive essenzialmente tra Roma, Milano e Parigi . Ma chi era questo commediografo?
Alfonso Dolce nacque a Cropani il 22 dicembre 1882 e visse la sua formazione culturale nella città di Catanzaro dove, grazie all'attività del Teatro Comunale, facevano tappa le piu' grandi compagnie teatrali di giro. Giovanissimo, appena venticinquenne, divenne Sindaco di Cropani e poi Podestà, dove ancor oggi è ricordato per la realizzazione di alcune opere pubbliche che migliorarono notevolmente le condizioni di vita dell'abitato.
Ma la sua passione fu il teatro e l'adesione al movimento futurista lo spinse a pubblicare le sue prime opere : A piedi nudi, prima raccolta di microcommedie, raccolse consensi unanimi perfino dal fondatore del Futurismo, quel Filippo Tommaso Marinetti che nel complimentarsi con Dolce, lo raccomandava a Francesco Cangiullo che all'epoca dirigeva il Teatro della Sorpresa.
Non a caso viene citato nel Manifesto futurista del Teatro della Sorpresa accanto a Balla, Depero, e lo stesso Martinetti come uno dei fondatori del Teatro Sintetico ed infatti, sulla scia di questa notorietà viene rappresentata l'anno successivo, il 1922, a Napoli la sua pièce in tre atti "Due occhi color viola".
Fondò in Cropani una compagnia teatrale e continuò comunque a scrivere e rappresentare le proprie opere finchè la morte non lo colse il 31 ottobre 1959.
Dolce , pur a stretto contatto con una corrente di così ampia portata, diventa espressione di un gruppo che si identifica con un territorio .
Questo medesimo territorio, oggi si propone come soggetto e non piu' come oggetto d'indagine e studio altrui, come esportatore di una cultura propria che qui si rimetabolizza e rinasce ,ripartendo da uomini ed autori come, oltre lo stesso Alfonso Dolce , i cineasti Vittorio de Seta e Gianni Amelio che, non a caso, nascono e vivono a pochi chilometri da Cropani ; forse si può parlare di una vera e propria civiltà del medio Jonio.
Ironicamente, ma non troppo, parlo di una cultura sviluppatasi tra Fiumarella e Tacina, tra colline e vallate, le cui origini si perdono sicuramente nella notte dei tempi, e mai assurta agli onori della cronaca se non per la povertà.
Eppure si sente forte l'appartenenza ad un nucleo, ad una genia mista composta da marinoti transumanti d'origine greca da una parte e da montanari iodati di provenienza bruzia dall'altra : dall'incontro-scontro tra queste due razze nasce l'uomo del medio jonio, di cui il catanzarese non è che una specie, sviluppatasi in tempi abbastanzi recenti, a vocazione medio-impiegatizia.
Mantengono forte invece ancora il carattere rurale tutti i ceppi residenti ad est della città dei tre colli, sviluppatisi a loro volta al di qua e al di là del Simeri, questo fiume di cui si narrano grandi alluvioni, ma oggi ridotto ad un rigagnolo, che nasce in Sila Piccola e sfocia a Ruggero, simbolicamente unendo il mare e la montagna .
Questi luoghi, ancor oggi vivi, trascendono a simboli e diventano miti nelle trasfigurazioni cinematografiche di Gianni Amelio cambiando mondo di appartenenza; dal mondo delle cose a quello delle idee, e proprio per questo motivo, per mantenere la fonte ispirativa, devono essere tenute a debita distanza. Da qui la lontananza, prima come dovuto momento di distacco, perché è fuori della Calabria che succedono le cose, poi come necessità per non lasciarsi coinvolgere da quel "magma umano ", pericoloso per chi sceglie di raccontare la vita.
La sua storia è la storia di tanti che hanno avuto successo e che non sono piu' tornati. E pensiamo come sia stato continuo l'impoverimento di intelligenze, di professionalità, di idee, e quanto questo abbia inciso nel mancato sviluppo della nostra Regione.
Contro questo meccanismo perverso, stiamo cercando di costruire qualcosa, di localizzarvi delle iniziative che speriamo possano diventare stabili.
Il" Progetto Dolce" nasce come catalizzatore culturale e strumento d'indagine per una realtà sociale che vuole smettere di sentirsi definire periferica e quindi "disagiata" partendo dal Medio jonio con attori e maestranze calabresi, per esprimersi, lavorando sulla costituzione di un ensemble, elaborando dei concetti, dei punti di vista, non piu' alieni dal contesto territoriale, ma direttamente espressione di questo.
Correva il novembre '96 quando un amico giornalista , Luigi Stanizzi, cropanese anche lui, promotore ed organizzatore del convegno di presentazione della raccolta delle opere di Alfonso Dolce, curata da Mario Muccari, mi estorse pubblicamente una promessa , di allestire uno spettacolo tratto dalle sue opere e farlo girare, dapprima in Calabria, poi fuori di essa. Da allora, quante serate passate per le viuzze del centro storico di Catanzaro discutendo e rimuginando su come e con chi rappresentare l'opera dolciana. Tre anni dopo, quando arriva un regista teatrale come Francesco Capitano a Catanzaro, stanco ed annoiato dagli ambienti romani, per trovare nuovi stimoli qui, nell'estremo sud, gli proponiamo questo misconosciuto autore locale.
Non Corrado Alvaro,e neanche Tommaso Campanella, ma questa simpatica figura di sindaco-commediografo su cui ha lavorato molto, per non far disperdere la sua eredità culturale, padre Remigio Le Pera ; importante questa notazione, perché la messa in scena di un lavoro come questo è possibile solamente attraverso l'opera di tante persone che confluiscono in un'unica direzione, divulgandone la conoscenza.
Francesco Capitano sposa con entusiasmo l'idea, lavorando appassionatamente per allestire una produzione e scritturare un gruppo di giovani attori calabresi che potessero interpretare i curiosi personaggi delle microcommedie. Le selezioni si svolgono attraverso dei provini, che Mario Marascio, Manola Falleti, Danilo Rotundo, Elvia Gregorace, Marco Trebian, Daniela Guerrieri, Alessandro Scanderberg, tutti giovani attori calabresi che fino ad allora avevano recitato qua e là con alterne fortune, superano brillantemente. I singoli diventano una compagnia, grazie anche al lavoro organizzativo di Kadigia Bove e Teresa Tani, prende finalmente corpo questo progetto "L'uomo e il territorio".
Dalle commedie sintetiche Francesco trae uno spettacolo di grande effetto che rimetabolizza l'opera dolciana : con materiali d'accatto ed abitucci da mercatino si muove questo gruppo di giovani attori che recita, danza , suona... piu'squinternati che seri, sfrontati ma schietti, trovano gran gusto a farsi stuzzicare dai personaggi ridicoli e demenziali del Dolce..
Dopo aver esplorato, grazie alla Comunità Montana della Presila Catanzarese, nuove frontiere dell'azione scenica rappresentandolo a 1600 metri , il lavoro gira oggi per la Calabria e per l'Italia intera proponendo un nuovo modo di vivere l'evento culturale senza lasciarsi attraversare da esso.



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