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"Melissa '49/'99": un film della e sulla memoria

di Giuseppe Bagnato


E' certo che , per quanto riguarda il Sud, ci troviamo di fronte ad una moderna fioritura artistica nei vari campi della creatività. Il fenomeno riguarda la musica ( "Il ritmo del Sud è contenuto nella grande favola della taranta" - afferma Eugenio Bennato), ma anche la letteratura, il teatro, la danza, la pittura, il cinema. E' un vento impetuoso, è un fenomeno a cui ORA LOCALE sta prestando, giustamente, la massima attenzione. Perché se da una parte è necessario trovare ed affinare gli strumenti dell'analisi per interpretare il fenomeno, per capire il suo significato autentico, da dove nasce ed a quali esigenze risponde, dall'altra bisogna coglierne in pieno la portata prima che gli effetti devastanti della globalizzazione ne snaturi il senso o addirittura ne soffochi l'espressione.
In generale pensiamo che tale fioritura è dovuta allo straordinario disvelamento di una ricchezza culturale e di una - mai abbastanza apprezzata - esperienza umana, piena e completa, che, riscoprendo le proprie radici, si propone ora con forza dirompente nelle forme di un vero e proprio nuovo umanesimo che sul piano ideale e culturale ambisce ad essere - ed , oggettivamente, possiede tutte le caratteristiche per ambire ad essere - la vera e qualificata alternativa " localista" ai falsi valori ed agli ingannevoli luoghi comuni dello sviluppo globalizzato.
Quanto detto vale pienamente per "Melissa '49-'99" il film di Eugenio Attanasio e Giovanni Scarfò prodotto dalla "CINETECA della CALABRIA" e realizzato dalla "Kutronifilmproductions". In formato 16 mm - durata 45' - costi : 60 milioni (messi insieme con vari contributi dell'associazionismo e degli enti locali, in primo luogo, del comune di Melissa ), con pochissimi attori protagonisti e con la partecipazione solenne e corale della popolazione di Melissa, il film è stato girato sulla base di interviste e testimonianze raccolte a Melissa e sulla libera ispirazione alla sceneggiatura di Corrado Alvaro, Basilio Franchina, Fortunato Seminara e Giuseppe De Santis .
Come è testimoniato dallo straordinario e sensibile omaggio tributato ad Ernesto Treccani da parte di Ciccio Caruso sull'ultimo numero di ORA LOCALE , la drammatica conclusione delle lotte per le occupazioni delle terre in Calabria , dal '43 al '50, a ragione considerate movimento di popolo pari per significato a quello che ci fu con la lotta di liberazione e della resistenza, attrasse la sensibilità di uomini di cultura e di molti artisti.
Tra questi ci fu anche il regista Giuseppe De Santis che appunto tentò di mettere in scena la "grande epopea" meridionalista delle lotte contadine. Il suo sforzo fu vanificato dalla censura governativa (siamo intorno al 1950) e conseguentemente dalle difficoltà finanziarie: ".... Ad un certo punto la Lux si rifiutò di produrlo - sono le parole di De Santis - ... allora il partito, per darmi una mano, tentò di vararlo con la Camera del Lavoro, con i sindacati. Bè, io non me la sentii di accettare .... perché avrei fatto sciupare tutto quel danaro ai sindacati. Insomma ebbi degli scrupoli morali; sbagliando, immagino, ma questo per dire quanto negli anni '48/'50 i principi avessero ancora un grosso valore".
Abbiamo voluto ricordare tale circostanza storica, umana ed artistica per due ordini di motivi. Il primo perché essa , congiuntamente alle parole di De Santis, sinteticamente evoca molto efficacemente - quantunque il punto di vista sia del tutto specifico e particolare - il clima storico, politico, morale di quegli anni. Il secondo perché tale circostanza rimanda ad un elemento - questo più pertinente, ovviamente - strutturalmente essenziale del film "Melissa '49/'99".
Infatti dall'interazione tra l'immaginario incontro con i personaggi ideati da De Santis per il suo film e descritti nella sceneggiatura scritta congiuntamente a Corrado Alvaro, Basilio Franchina, Fortunato Seminara (personaggi pazientemente ed ostinatamente in attesa del loro ideatore-creatore, ed ancora sorprendentemente pronti ad entrare in scena), e la ricostruzione storica dei fatti raccontati dai testimoni scaturiscono quelli che - secondo il mio modesto parere - sono i tratti originali e la valenza culturale di questa opera prima, prodotta, è bene ricordalo, non da registi professionisti ma da "fiancheggiatori" del cinema . A cominciare dalla struttura narrativa.
La macchina narrativa del film procede infatti movendosi, in ordine di tempo:

    - da un antefatto essenziale : un gruppo di soci della Cineteca della Calabria" sente ad un certo punto della loro attività di dover realizzare un film sui "fatti di Melissa" fortemente motivati e sollecitati dal desiderio di raccontare - utilizzando lo strumento a loro più consono, il cinema - le "cose lette, studiate, ma soprattutto tramandate". Decide, quindi, di realizzare il "racconto" utilizzando ed ispirandosi liberamente appunto al "film mai fatto" di De Santis;
    - dal consenso chiesto ed esplicitamente ottenuto da un' autorità - morale e culturale - indiscussa del cinema che suggelli come valido il lavoro che l'equipe si appresta a realizzare. Un grande regista - e non poteva essere altrimenti - la cui sensibilità estetica , culturale, politica è stata interamente rivolta ai grandi valori umani espressi dal mondo arcaico e contadino, interviene per dare il suggello di validità: è Vittorio De Seta che partecipa amichevolmente al film come attore interprete di se stesso;
    - dalla miracolosa disponibilità dei personaggi in attesa da cinquant'anni ad animarsi, a vivere e a narrarsi una volta messi davanti alla macchina da presa;
    - dal bisogno di andare alle fonti dirette, di sentire i testimoni, cioè coloro che hanno vissuto di persona i fatti , di ritrovare i luoghi dove effettivamente tali fatti sono avvenuti.

L'originalità e , nello stesso tempo, la complessità di tale macchina narrativa ha certamente richiesto una non comune padronanza della materia, soprattutto se si considerano le circostanze già ricordate : opera prima di giovani registi non professionisti, privi di mezzi e di risorse finanziarie. Per cui non era - a mio modo di vedere - per nulla scontata la riuscita, dal punto di vista espressivo, dell'operazione tentata, operazione alquanto ambiziosa ed azzardata. Ed in effetti - e qui sta il valore per così dire intrinseco del film - sul piano tecnico-formale è difficile, terribilmente difficile, riuscire a fondere tanti "generi", (ricostruzione storica, narrazione, testimonianza, invenzione). Da questo punto di vista ci troviamo, probabilmente, e lo diciamo con un pizzico di temeraria presunzione probabilmente , di fronte alla nascita di un "nuovo genere", di una nuova forma cinematografica per quanto ancora acerba ed ingenua.
Forma e contenuto concorrono poi con molta coerenza a rappresentare la testimonianza di solidarietà verso i veri protagonisti delle lotte. Rappresentazione corale di grande eticità, quasi sacra : di personaggi in attesa restituiti, finalmente, alla vita. La musica sacra utilizzata (Bach, Vivaldi), a parte quella di matrice etnica dei Re Niliu finalizzata per altri effetti, aggiunge un tono evocativo di grande intensità che ben rafforza ed accompagna quello degli eventi narrati. La fotografia è molto bella. Volutamente in bianco e nero, restituisce le immagini dei luoghi ove sono avvenuti i fatti con un effetto di grande suggestione. Colpiscono e fanno riflettere gli espliciti ed evidenti effetti del degrado del quadro ambientale complessivo ed in particolare del paesaggio agrario che probabilmente, si intuisce, è rimasto molto simile, o addirittura immutato, a quello esistente cinquant'anni addietro. Miracoli della dualità della realtà socio-economica calabrese ove convivono - forse in forma unica nel panorama meridionale - sviluppo e arretratezza in deflagrante contrasto: arcaicità e realtà produttive avanzate (coltivazione biologica, insediamenti industriali) oggi insediate sul territorio.
"Melissa '49/'99" è dunque un film che dà una lezione di cultura, di quella vera, perché fa acquisire, rifuggendo da ogni astratta e sterile retorica, la conoscenza della storia, della propria storia, di quella da cui un'intera popolazione proviene realmente. E' un film della e sulla memoria , che restituisce e vuole restituire, ad una regione che probabilmente ha smarrito il senso del proprio passato (che non sa da dove viene, chi è e che cosa è veramente successo), la sua identità. E lo fa realizzando un'opera riuscitissima sul piano estetico-formale e sul piano espressivo. Non è poco! Salda, infine, anche il debito che il cinema aveva nei confronti di Melissa, e questo credo sia una grande testimonianza di amore che questi giovani autori calabresi (di Catanzaro, Eugenio, di Monasterace, Giovanni) nutrono nei confronti del cinema.
Sicuramente sono presenti sbavature sia nella regia che nelle interpretazioni. Il lavoro tradisce in più punti una certa ingenuità che però - a nostro parere - anzicchè sminuirne il valore conferisce al film una insperata quanto gradevolissima e commovente freschezza.



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