Ora Locale

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Al volume Sull"identita" meridionale (recentemente pubblicato da Bollati Boringhieri) che amplia e approfondisce alcune tematiche di "Ora Locale" gli organi di stampa nazionale hanno prestato molta attenzione. Sono comparsi numerosi interventi, interviste, recensioni. Il nostro giornale inizia, con gli articoli di Antonio Barbieri e Luigi Niger, un dibattito aperto a tutti i lettori.


Cocciuto Sud

di Antonio Barbieri




"Sull'identità meridionale" si articola in quattro capitoli:
1) la "permanenza della cultura del dono e dei legami comunitari fra le popolazioni meridionali";
2) "il modo di sentire e di pensare la natura [...] da parte di alcuni esponenti della filosofia naturalistica meridionale";
3) la "sopravvivenza... del "codice materno" nella scala dei valori e nello stile di vita dei meridionali";
4) la presenza, nell'immaginario collettivo della gente del sud, di un'intensa comunicazione coi defunti".
Il "dono" è la possibilità di personalizzare l'economia: l'anonimità del "valore di scambio", strumentale, funzionale al cinismo economicistico; e quindi di creare reciprocità, accoglienza, solidarietà. Scongiurare l'esasperazione lineare e soffocante del flusso capitalistico, e sostituirla col riconoscersi comunitario, con l'intrattenersi paritario, il reciproco scambiarsi. Insomma, la concretezza di offrirsi traslata dall'utilità riconoscibile del "dono", che in tal modo si arricchisce del segno intenzionale della parola, Corrado Alvaro (citato copiosamente per "Itinerario italiano") parla, a proposito, di "contatto tra uomo e uomo". E se il ricevere qualcuno significa dargli "qualcosa" (Godbout), è garantita, per la Calabria, l'accoglienza offerta ad albanesi ed ebrei (per il passato), nonché a curdi ("recentissimamente"). Sempre Corrado Alvaro ha individuato, per il calabrese, la subordinazione dell'individuo alla famiglia ("famiglia nucleare" - originaria - e "famiglia allargata" - acquisita -), che, da parte sua, elargisce memoria familiare, protezione, scopi, aggregazione tra i diversi e differenti gruppi sociali. La Calabria, in merito, eredita l'"istituto della prossenia", tipico nell'amicizia-ospitalità dei Greci. Il "comparatico", a sua volta, che nel Sud stabilisce rapporti con gli estranei (ma vincoli importanti e sentiti a mò di parentela), in occasione di battesimi cresime matrimoni, specialmente, è "una integrazione....orizzontale fra gli individui, le famiglie e i gruppi di uno stesso ceto" (P. Bevilacqua) ed è, altresì, "una strategia volta ad assicurarsi forme di protezione da parte dei personaggi e delle famiglie più importanti e potenti del luogo" (pag. 31). Tutto ciò (la spontanea e istintiva disponibilità comunitaria) non è stato minimamente utilizzato, da nessuno, per lo sviluppo del Sud, quale suo specifico connotato da impiegare. E' servito piuttosto, ad avallare quel certo "familismo amorale" (Banfield), che è divenuto una sorta di stereotipo acritico e universalisticamente esibito.
Ad Alcaro preme affermare che il Sud è cresciuto, malgrado tutto, ma "senza autonomia", senza la partecipazione indispensabile dei suoi cittadini e sfociando nell'"eclisse del pubblico" e nell'"età delle macchine" prodotte dall'odierna civiltà capitalistico-tecnologica che trascura, abbandona, rifugge, le "comunità locali", per affidarsi a rapporti "standardizzati", "neutrali", "spersonalizzati" (i termini usati, questa volta, sono di John Dewey).
Il secondo capitolo è l'anima del libro, la sua coscienza riverberante, intrigante, nevralgica, che può auscultarsi rinunciando a dispute e tenzoni. I punti di riferimento culturali sono Camus, Campanella e Telesio. Il discorso è netto, scolpito, evidente, rutilante. A tal punto che, ancora oggi, sembra pericoloso e da vietare, scomunicare, imbavagliare, irrefutabile come si mostra e dimostra e, insieme, devastante per il semplicismo, la rozzezza, la semplificazione scientifica con la quale è venuto a contatto, come cooptato in uno schematismo, e in cui, giocoforza, è stato affossato, razionalisticamente. Dunque: il naturalismo filosofico rinascimentale e meridionale sceglie l'inseparabilità materica del corpo con l'anima, essendo l'anima nel Mondo e nelle sue cose e non trascendendone, trascendendosi spiritualmente. Il DNA è un "codice", sviluppa Alcaro, che "non ha dimensioni" (Edgar Morin): pertanto, è immanentemente "spirituale", in natura, non avendo né materia né spazio. Lo stesso dicasi per la memoria. Con la nascita della scienza sperimentale (Galileo) queste risorse vengono spazzate via e subentra la spazialità geometrica di Cartesio. In modo tale che "Lo Spirito...si tira fuori dal mondo.
Scrive Alcaro: "La modernità perde la consapevolezza del limite" (pag 56) e la ricchezza della physis greca" (pag 62), per la quale "la conoscenza è inclusa, infusa in ogni forma di vita" (pag 63) e "il cosmo non è solo opaca esistenza, essere bruto, ottusità. Esso è noumeno e fenomeno" (pag. 66). All'opposto, l'antropocentrismo e l'egocentrismo dell'età moderna e contemporanea pongono "l'io, il soggetto conoscitivo al centro della realtà e tutto il resto diviene sua proiezione" (pag. 67). Per il terzo capitolo, mi sembra esagerata e sviante, alquanto speciosa, la disputa con Umberto Galimberti e con Antonio Gambino. Mario Alcaro, in ogni caso, potenzia e gratifica la madre nell'accezione, allegorica (ma carnale, tenera), di "grumo di natura" (pag. 78). La madre è "morbidezza" che contrasta le Riforma (supremazia del padre e emarginazione del mondo naturale); la madre è pietas capace di differenziare il diritto dal momento che gli uomini non sono assimilabili e hanno pulsioni diverse da soddisfare (pag. 83). Il padre, d'altro canto, è logos; cioè "codice" della "razionalità, della cultura e della storia" che nell'Occidente si è aristocraticamente separato dalla natura e ... collocato in un regno autonomo in cui diviene artefice di se stesso" (pag. 85). La Riforma, in questo processo egocentrico di gerarchizzazione piramidale, ha elevato il lavoro professionale a "compito assegnato da Dio" e ha cacciato i Santi dalla frequentazione quotidiana che, per i meridionali, rappresentano "valori della solidarietà, della partecipazione al dolore degli altri, dell'assunzione su di sé dei drammi dei sofferenti, dell'amichevole soccorso prestato a chi ne ha bisogno"
Il ponte di San Giacomo (di Luigi M. Lombardi Satriani e Mariano Meligrana) e Lo scambio simbolico e la morte (di J. Baudrillard) sono i raffronti tematici del quarto capitolo in cui Alcaro mostra la ricchezza della ideologia della morte che è stata elaborata dalla tradizione culturale del Sud.



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