di Piero Bevilacqua
L'amministrazione di Pedalando Volare
La rovinosa inondazione che nella notte tra il 9 e il 10 settembre ho colpito il camping
Le Giare, nei pressi di Soverato, mi è subito apparsa, e ancora oggi mi appare, come
un episodio di demoniaca ingiustizia. La maggior parte delle vittime era composta
da persone a cui la vita aveva assegnato una condizione di minorità e di handicap,
o di persone i volontari che si trovavano in quel camping che la propria via
mettevano a disposizione di quella dei loro simili meno fortunati. Che la sventura
si sia abbattuta su simili esistenze non può non riempire di umano dolore e di rabbia. Ma a
tale sentimento se ne aggiunge anche un altro, che è di frustrazione e insieme di
ribellione politica. Non solo di è abbattuto un così grave lutto sulla città di Soverato,
ma anche un'ombra di colpevolezza e responsabilità è venuta a stendersi sulla sua Amministrazione.
E anche tale evento mi appare come un segno di ulteriore ingiustizia. E' da qui che
voglio partire per entrare anche nel merito delle questioni che l'inondazione ha posto drammaticamente sul tappeto.
Considero l'Amministrazione di Soverato, guidata dal sindaco Giovanni Calabretta,
uno dei più operosi, onesti, innovativi governi cittadini della Calabria e del nostro
Mezzogiorno. E credo di non peccare di faziosità nell'affermarlo.
Occorre innanzitutto rammentarsi di una particolarità di questa esperienza di gestione
municipale. Diversamente da tante amministrazioni meridionali che si sono distinte
negli ultimi anni, la Giunta di Soverato non è solo il frutto felle specifiche capacità e del carisma del sindaco. A Napoli, come a Palermo, o a Catania o in altre città
minori dove si sono realizzate rilevanti innovazioni rispetto al passato, la nuova
stagione amministrativa ha preso avvio e ha vissuto soprattutto per l'impulso di
un leader politico. Senza nulla togliere alle capacità di guida di Calabretta e tenendo
ovviamente conto delle dimensioni della città a Soverato si è verificato qualche
cose di diverso e di più importante che altrove. A governare la città sono andati
gli esponenti di un vero e proprio movimento politico e culturale. Ai primi degli anni 90'
a Soverato è infatti nato un gruppo, Pedalando Volare, che ha costituito una specie
di piccolo miracolo civile della nostra regione dove, peraltro, forse più che altrove,
i partiti politici sono diventati dei rami secchi portando nella città uno slancio
innovatore, un fiorire di idee, e di capacità progettuale quale raramente si era
visto in passato. E' stata questa caratteristica di gruppo e di movimento civile,
nato per iniziativa di alcuni cittadini, che ha dato all'amministrazione comunale di Soverato
lo slancio riformatore, la capacità di coinvolgimento democratico della cittadinanza,
la forza e la determinazione nel realizzare i propri programmi che oggi è osservabile nel volto stesso della città.
Non voglio apparire apologetico. E non mi provo ovviamente a elencare tutte le realizzazioni
che sono all'attivo della Giunta Calabretta. Mi limito solo a ricordare che la città
non ha solo visto arricchito il suo decoro urbano penso soprattutto al Lungomare Europa -, non ha solo subito una trasformazione di facciata, grazie a tante lodevoli
iniziative. Diversamente da altre esperienze amministrative pur innovative, la Giunta
Calabretta ha badato anche al sodo, alle strutture, realizzando fognature, prolungando acquedotti, bonificando pezzi di territorio (I noti Fossi che finivano in
mare). E questa amministrazione rompendo una lunga e devastante tradizione regionale
non ha badato a costruire nuove palazzine, non ha usato lo strumento del Piano
Regolatore per saccheggiare il territorio, per far lucrare danaro, clientele e potere ai
suoi assessori. Ha mirato, essenzialmente, disinteressatamente e coraggiosamente
a creare servizi per i cittadini. Per tale regione, nel momento in cui, attenuata
l'emozione, si possono considerare le cose con maggiore freddezza, appare doveroso non seppellire
quanto di buono è stato fatto negli ultimi anni in Calabria sotto la coltre di una
recriminazione indiscriminata e oltremodo ingiusta.
Qualche lezione da trarre
Ma quali sono gli insegnamenti da trarre da tutta questa tragica vicenda? A mio avviso
due sono le questioni più rilevanti , fra loro strettamente intrecciate, che occorre
mettere in luce: quella delle politiche territoriali e quella della legalità.
Contrariamente a quanto è stato detto, con la consueta retorica apocalittica e la
ancor più consueta ignoranza delle cose, la Calabria non è lo <<sfasciume pendulo
sul mare >> di fortunatiana memoria. A dispetto della convinzione dominante, la regione
ha visto negli ultimi 40- 50 anni significativamente modificati i suoi assetti strutturali.
O, quanto meno, è riuscita a porre sotto controllo i suoi numerosi e devastatori
torrenti. La politica della prima stagione della Cassa per il Mezzogiorno, che ha
puntato alla costruzione delle briglie montane, al rimboschimento delle pendici, alla
canalizzazione dei corsi d'acqua a valle, ha consentito in tutti questi anni di
evitare, o di contenere le frequentissime alluvioni del passato.
Oggi, naturalmente, vengono alla luce alcuni limiti di quella pur importante e benemerita
strategia di intervento. Il rimboschimento, ad esempio, è stato essenzialmente di
tipo difensivo, mirato a contenere i fenomeni di erosione. Attualmente appare invece evidente che occorrerebbe un rimboschimento mirato alle essenze di pregio, capaci
di dar vita ad un'industria forestale fiorente. Una forma di attività che - insieme
a tante altre possibili - potrebbe animare le economie locali e stabilizzare
nuove figure sociali nel territorio. Con la scomparsa dei contadini dalle aree collinari,
infatti, son venuti a mancare i soggetti che assicuravano una qualche manutenzione
ad aree importanti per il controllo delle acque. Occorre perciò progettare forme
di valorizzazione delle aree interne che assicurino nuove forme di presenza sociale e di controllo
dell'habitat locale.
D'altra parte, la presenza di nuove leggi come la L. 183/98 che segna la nascita
dell' Autorità di Bacino - una innovazione importante, che dà centralità ai bacini
idrografici per comprendere e governare la dinamica del territorio - consente ai
poteri regionali di dispiegare un impegno di controllo delle dinamiche territoriali
che potrebbe portare alla creazione e valorizzazione di vecchie e nuove figure professionali.
Quanti ingegneri, geologi, botanici, scienziati forestali, ecologi possono essere impiegati per lo studio e il monitoraggio dell'habitat regionale?
Oggi, d'altra parte, di fronte ai sensibili mutamenti climatici degli ultimi anni,
le difese finora realizzate sembrano non più sufficienti. E per una serie di
distinte ragioni. La prima e più immediata rimanda a un ormai sistematico e funesto
fenomeno estivo: gli incendi. Tutti noi assistiamo sgomenti alla distruzione di ettari ed
ettari di macchia e di boschi, divorati dalle fiamme nel cuore dell'estate. E di
norma ci limitiamo a recriminare per il patrimonio di essenze forestali, di specie
botaniche e anche faunistiche, che va in fumo. Ma pochi considerano che cosa avviene al
suolo, che cosa il fuoco comporta per l'equilibrio complessivo del territorio. Il
terreno delle alture, cucinato ad alte temperature, sconvolto nelle sue strutture
chimiche, denudato di piante e radici, rimane a seccare e a sgretolarsi per tutta la lunga
estate mediterranea. E appena arrivano le prime piogge, che tendono ad essere sempre
più intense e violente, esso precipita giù, senza ostacoli e sbarramenti. E il disastro
a valle è ormai un evento pressoché certo.
Bene, di fronte a un danno collettivo cosi grave, esteso e ripetuto come gli incendi
io trovo francamente ridicola e colpevolmente debole la risposta del governo e di
tutte le forze politiche italiane.Non solo di quelle regionali. Eccetto qualche
isolata voce di ambientalista, ogni anno si colpisce impunemente il bene pubblico, si infliggono
danni ingenti alla collettività, talora si cancellano vite umane, nella sostanziale
inerzia dei pubblici poteri e nella rassegnata, ma ininflunete esecrazione della
stampa e della opinione pubblica. Forse la valutazione degli incendi estivi può diventare
meno minimizzante se si incominciano a vedere i nessi strettissimi con le alluvioni
autunnali. Se si comprendono appieno i danni generali che discendono dalla assenza di una strategia di difesa e di intervento repressivo delle pratiche illegali - e
ormai criminali - realmente all'altezza delle necessità.
Naturalmente, la questione ne apre un'altra spinosissima e di difficile soluzione:
quello della legalità. E' uno dei maggiori problemi del Paese Italia. In questi
primi giorni di novembre la televisione trasmette immagini ormai consuete, dalla
Liguria o dal Piemonte, di case trascinate nel fango dei fiumi in piena. Immagini dolorose,
ma spesso esse mostrano come le case sono entrate nelle golene dei fiumi,
come hanno invaso lo spazio riservato alle acque. In Calabria le cose non sono da
meno. La tragedia di Soverato sotto il profilo giudiziario, è illuminante: riguarda la concessione
addirittura del greto di un torrente ad un camping privato. E' esemplare dell'ethos
dominante dei cittadini nei confronti del bene pubblico territorio, ma anche delle
maglie troppo larghe delle istituzioni e soprattutto della magistratura calabrese.
Il controllo esercitato da questa istituzione sulla legalità della vita regionale
mi sembra francamente insufficiente. E' ovvio che non si possono fare riflessioni
generiche su tale argomento. Non sono pochi i magistrati, in Calabria, che non solo fanno il
proprio dovere, ma rischiano talora anche la vita. E tuttavia una schiacciante testimonianza
oggettiva costituisce un'accusa vivente nei confronti di questo potere dello Stato nella nostra regione. Il territorio della Calabria è stato devastato, le coste
sono sfigurate da costruzioni abusive che sorgono perfino sugli scogli, senza che
una sola voce di condanna, senza che una iniziativa pubblica sia mai venuta da un
settore che dovrebbe essere il garante supremo della legalità dello Stato.
Oggi forse è tempo - visto che le alluvioni continueranno a funestare le nostre terre
- che sorgano organizzazioni di cittadini con il compito di difendere un bene pubblico
sempre più minacciato e costringano le forze dello Stato a compiere un dovere che
sino ad oggi è stato così gravemente e lungamente eluso.