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Critica dell'ideologia dello sviluppo

di Franco Bifarella



Recensione a :
C. Ravaioli e B. Trentin,
Processo alla crescita, Editori Riuniti, Roma, 2000


"Produzione di merci o produzione di persone?" si chiedeva il vecchio Engels e si chiedono oggi nel loro recente libro Carla Ravaioli e Bruno Trentin. La prima ambientalista e femminista storica, più recentemente impegnata nella critica radicale dello sviluppo e della sua ideologia. Il secondo per lunghi anni al vertice della Fiom e della Flm, poi segretario generale della Cgil (1988-94), è attualmente deputato europeo.
Il tema di fondo del libro è la critica della produzione capitalistica delle merci: radicale ed epocale nella Ravaioli; rivolta alla qualità e agli stessi meccanismi produttivi in Trentin. Ma nel corso del dibattito, a volte pacato, a volte acceso, incalzante e discorde, affiorano molti altri temi vecchi e nuovi.
E per ogni argomento trattato viene sempre fuori la critica delle sinistre, alternativamente ragionata e costruttiva; ironica e pungente; dura e radicale.
Ecco alcune espressioni della Ravaioli nei riguardi della sinistra e della sua politica. " [...] quelle vaste aree della sinistra dove l'autenticità è poco più che una citazione d'obbligo nei discorsi ufficiali", "[...] l'ambiente e la crescita sono variabili che attraversano e condizionano ogni altro problema. O quanto meno dovrebbero se esistessero una sinistra capace di mettere a fuoco un'idea, di darsi un progetto per il futuro". "E' difficile aspettarsi lavoratori molto battaglieri quanto le sinistre sono ormai appiattite sul modello neoliberista, sulla flessibilità, la precarizzazione, sul lavoro a termine e simili". "[...] credo che avere una posizione critica sulla crescita del prodotto quale obiettivo di assoluta priorità, significa non solo mettere in discussione il modello socioeconomico dominante, ma anche le politiche di buona parte delle sinistre di tutto il mondo, i governi a guida socialdemocratica che in Europa a quel modello si adeguano". "L'ostacolo più duro io l'avverto nelle forze politiche che dovrebbero fare proprio questo cambiamento (della produzione materiale a quella immateriale). Che dovrebbero essere le sinistre. Ma come fare conto sulle sinistre oggi in massima parte acquisite all'ideologia della crescita?".
Nemmeno Trentin è tenero nei riguardi della sinistra. "[...] il grande limite della sinistra è stato di aver assunto la crescita come fatto oggettivamente positivo, di aver considerato il progresso tecnico come progresso sociale a prescindere dalla sua qualità". "Come fare conto su sinistre che non hanno nulla in comune? Che rapporto c'è fra le sinistre italiane con tutte le loro diversità e il New Labour di Blair e tra D'Alema e Jospin?".
"In tutto il mondo la sinistra è sempre stata divisa tra la cultura della protesta e la cultura governativa".
Altro tema trattato nel libro è quello della "crescita". E a questo proposito la Ravaioli precisa fin da subito la grande differenza fra "crescita produttiva" e " sviluppo" citando, a riprova, i dati inoppugnabili forniti dall'Onu i quali dimostrano come "società ad elevata produzione, alto reddito, vasti consumi, abbiano un poverissimo livello di sviluppo umano e civile e, al contrario, altre, materialmente molto più povere, risultino assai evolute in fatto di libertà politica e culturale, di istruzione, di servizi sociali, di rispetto della natura, di parità dei sessi".
E, sommando insieme queste prime due questioni l'Autrice evidenzia quella "vistosa contraddizione" che consiste nel fatto che, da un lato "le sinistre davano come loro obiettivo la caduta del capitale, dall'altro ne accettavano le regole e ne favorivano la prosperità". Poi la Ravaioli fa il punto sullo stato attuale della crescita: "da qualche decennio il prodotto, poco o tanto, continua a crescere, i consumi esplodono, ma tutto ciò si accompagna a una elevatissima disoccupazione e a un aumento senza precedenti della disuguaglianza. Secondo l'Onu negli ultimi 20 anni la distanza tra il quinto più ricco e il quinto più povero della produzione mondiale si è moltiplicato 60 volte. Insomma, i risultati positivi della crescita non si vedono più".
Sembra difficile trovare argomenti per confutare un tale quadro, rappresentato anche con dati e cifre inconfutabili. Trentin ci prova. "In alcune realtà la disoccupazione è molto alta, l'occupazione è cresciuta. Altro che fine del lavoro! Una tesi catastrofista che, insieme alla idea della distribuzione del lavoro mediante orari uguali per tutti, a mio parere, ha fatto altrettanto danno nelle sinistre quanto la fede dello sviluppo ininterrotto come fonte di ricchezza inesauribile.
Riguardo all'ecologismo ci sono, invece, dei punti di vista convergenti tra i due interlocutori, tendenti a sanare costruttivamente le contrapposizioni esistenti fra ambientalisti e movimento dei lavoratori.
Trentin: "un limite delle culture ecologiste è rappresentato dalla loro difficoltà a collegarsi con le tematiche della liberazione del lavoro, della difesa della salute e dell'integrità psicofisica delle persone che lavorano [...] non aver saputo far convergere le loro lotte con quelle dei lavoratori".
E la Ravaioli ammette che "per gli ecologisti i problemi sociali non sono stati prioritari [...] si potrebbe discutere di chi sia stata la responsabilità maggiore di questo mancato incontro fra Verdi e Rossi, fra ambientalisti e forze operaie".
Qui, se mi è consentito, vorrei sollevare un dubbio: è lecito e corretto definire le sinistre ancora "Rossi"? E' mai possibile che il vento, ormai diventato tempesta, che ha cambiato orientamenti e denominazioni di tutta la politica italiana abbia lasciato immutati soltanto i colori?
Nel secondo capitolo del libro viene affrontato il tema del lavoro.
Ravaioli: "La crescente identificazione dell'individuo con il lavoro è dunque un portato della cultura capitalistica, una conseguenza della sua logica".
Ribadisce Trentin: "Sì, in questo modo Marx descrive il processo di alienazione. Nel momento in cui l'operaio si ribella e si allontana dal lavoro compie un atto politico. Mentre è lontano da sé quando lavora per altri. Questo è il dato più importante dell'oppressione capitalistica più che lo sfruttamento [...]. Inoltre da due secoli a questa parte l'identità delle persone si definisce, fondamentalmente, nel rapporto con gli altri e il rapporto con gli altri si realizza per l'80-90 per cento dei casi sul lavoro. Il lavoro conferisce anche autorità al padre nei confronti del figlio,. E ciò per molto tempo ha significato l'unità della famiglia e ne ha definito i rapporti con la società".
In seguito la Ravaioli tratta il tema dell'attuale esagerata produzione di merci in chiave ecologista sottolineando l'enorme impatto inquinante che da questa deriva. Trentin ribatte che "alle prediche che vogliono fermare quantitativamente la produzione non credo in alcun modo. Chi ha fame non condividerà mai la tesi conservatrice dell'arresto della crescita. La combatterà insieme ai propri oppressori". E allora, l'interlocutrice, per quantizzare fisicamente il fenomeno riporta altri significativi dati Onu: "Spesa annua di cosmetici in Usa 8 miliardi di dollari, mentre per l'istruzione di base dell'intera popolazione mondiale ne basterebbero 6. In Usa e in Europa si spende in cibo per animali domestici 17 miliardi di dollari contro i 12 che occorrerebbero per la salute riproduttiva di tutte le donne. Nella sola Europa si consumano sigarette per 50 miliardi quando acqua e infrastrutture igieniche per tutti costerebbero 9 miliardi".
Trentin ammette le distorsioni e indica le due strade da percorrere per correggerle: "Quella di vietare per legge e allora si alimenta il mercato nero. Poi c'è l'altra strada di aumentare la convenienza per spese di altro tipo". Ma la Ravaioli risponde di non credere in quest'ultima soluzione: "A me pare che disuguaglianza ed esclusione appartengano quasi geneticamente al neoliberismo. Che eliminarli sia impossibile senza cambiare tutto". E Trentin di rimando: " Io sono contrario alle ipotesi palingenetiche, o cambiare tutto o non cambiare niente. Se si agisce sulle contraddizioni interne, anche partendo da poco, si può cambiare molto e forse tutto".



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