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Filosofia giuridica e filosofia politica nelle riflessioni di Fabio Costantino

di Romeo Bufalo



Le idee suggestive ed interessanti che Fabio Costantino era venuto elaborando negli ultimi anni all'interno di una particolare prospettiva teorica giuridico-politica si sono drammaticamente spezzate, assieme alla sua giovane vita, in un viscido pomeriggio di fine estate.
A chi, come noi, ne ha conosciuto ed apprezzato l'intelligenza e la calda umanità, resta il compito, non necessariamente consolatorio, di mantenerne viva l'immagine parlando di lui attraverso i suoi scritti.
Ora, se c'è un aspetto che mi sembra accomunare i lavori di Fabio, esso è costituito dal peculiare intreccio che egli scorge fra la dimensione giuridica e quella teorico-politica nei problemi e negli autori da lui presi in considerazione.
Questo aspetto è evidente, in modo particolare, nel volume su Galluppi, che è la rielaborazione della sua tesi di laurea (Il rispetto dei patti. Saggio sul pensiero giuspolitico di Pasquale Galluppi, Mapograf, Vibo Val., 1995). Il saggio si inserisce con una specificità di lettura storico-critica nell'ambito degli studi sul Galluppi politico. L'idea di fondo è che le riflessioni giuridiche, politiche e morali del filosofo di Tropea contengano una sorprendente e, per molti versi, insospettata apertura nei confronti della modernità. Attraverso un esame attento degli scritti etico-politici e giuridici di Galluppi, infatti, Costantino mostra in modo convincente che nel filosofo calabrese il problema morale  della libertà si lega strettamente, secondo un rapporto di reciproca funzionalità, con quello politico-civile dell'indipendenza dei singoli.
Questo tema viene ripreso e sviluppato nel terzo capitolo del libro (dedicato alla filosofia giuridica e politica di Galluppi), dove l'intreccio cui si è fatto riferimento, tra filosofia del diritto e filosofia politica viene riproposto in modo più esplicito. Qui l'autore infatti ribadisce che l'idea di fondo, molto moderna, del pensatore calabrese consiste nella convinzione secondo cui la condizione umana originaria è costituita dal complesso insieme di rapporti che gli uomini istituiscono fra loro; mentre la condizione politico-civile cui essi danno vita è incentrata su rapporti tra quegli stessi individui come cittadini. Si tratta, in sostanza, dello schema teorico privato/pubblico o bourgeois/citoyen intorno a cui si svilupperanno, com'è noto, interessanti riflessioni a partire dalla seconda metà del XIX secolo (basti citare l'evoluzione che tale rapporto ha conosciuto all'interno del marxismo teorico occidentale, almeno fino a Gramsci).
E' questo, secondo Costantino, il centro nevralgico intorno a cui ruota gran parte del pensiero etico-politico di Galluppi; ed è alla luce di esso che vanno esaminati, perché acquistino il loro senso più proprio, i vari capitoli della sua filosofia giuridica (come il concetto di negozio giuridico, di famiglia, di Stato, ecc.).
Il problema del rapporto diritto naturale/diritto positivo è anche al centro di due saggi dedicati da Costantino a Spinoza ed a Leibniz. Nel primo di essi ("Dalla solitudine ontologica al patto sociale. Saggio sul pensiero politico di Spinoza", Segni e Comprensione, n. 37, 1999), partendo dall'analisi del concetto spinoziano di "auctoritas", egli rintraccia nella sfera del diritto naturale il carattere "ontologico" di quella solitudine del titolo, la quale precede e istituisce il patto sociale (pag. 20), cioè il diritto positivo. Dalla solitudine, infatti, si esce perché i desideri e gli appetiti individuali sono orientati dalla volontà di una vita collettiva associata. Essa è desiderabile perché la ragione vi scorge un accrescimento della potentia naturale, rivelando un'identità di fondo tra appetito individuale e necessità naturale (pag.23).
Anche in Leibniz, nel secondo dei due saggi ("Sulla nozione leibniziana di giurisprudenza", Humanitas. Studi di memoria di Antonio Verri, Congedo, Lecce, 1999) il problema dello Stato rinvia a quello del diritto, vale a dire alla filosofia giuridica in quanto problema della conformità del diritto positivo al diritto naturale.
Di particolare rilievo mi sembra la parte del saggio in cui Fabio Costantino si sofferma sulla distinzione leibniziana tra leggi (= regole) e processo (= azione della giustizia). Qui centrale è la nozione di eccezione alla regola come esercizio del diritto della difesa rispetto all'accusa. Altrettanto importante è inoltre l'accento posto sulla modifica leibniziana del diritto soggettivo di Grozio, il quale viene decisamente superato da una sorte di giustizia distributiva la quale, come equità, manifesta uno statuto superiore a quello dello jus strictum (pp. 153-4). In tal senso Leibniz si può forse considerare l'antecedente storico-teorico del neocontrattualismo americano contemporaneo (J. Rawls e P. Nozick).
Un forte intreccio di cultura giuridica e interessi filosofico-politici è , infine, anche alla base del saggio La razionalità della politica apparso su Segni e Comprensione (nn. 33-34, 1998). Attraverso un ampio excursus, che va da Platone a Machiavelli, da Hegel a Marx, Costantino cerca di rispondere alla domanda cruciale per ogni teoria della politica: fino a che punto lo stato liberale garantisce il demos e le sue libertà fondamentali? In altri termini, in che senso si può parlare di una "razionalità" della politica? E' tale razionalità insita nella definizione stessa di Stato, o va piuttosto ricercata nelle sue concrete realizzazioni, vale a dire nella storia?
Le conclusioni dell'Autore depongono per l'imprevedibilità e l'incertezza della storia che stanno alla base dell'imprevedibilità e dell'incertezza della politica. Occorre allora ripensare radicalmente la politica in senso comunitario; in un senso, cioè, in cui la sua razionalità si precisi come capacità/possibilità di vedere realizzata una storia...comune! Ossia una storia senza nomi propri (quelli dei tiranni, dei grandi Eventi) il cui nome - conclude l'Autore - resta da inventare (pag. 173).

Fabio Costantino si era appena incamminato nel mondo della ricerca scientifica. Ma nonostante il breve tragitto compiuto, aveva mostrato di possedere capacità teoretiche e di ricostruzione storiografica di sicuro avvenire.



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