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La comunicazione pubblica in Calabria

di Mario Caligiuri



Che la Calabria abbia poco "capitale sociale" e' stato dimostrato, seppur tra polemiche, in modo autorevole da Robert Putnam. E tale constatazione e' pienamente significativa, essendo inserita in un contesto in cui si rilevava il diverso grado di efficienza delle istituzioni regionali. E il ritardo della nostra regione riguarda anche il settore strategico della comunicazione, che trae origine dalla difficolta' di collegamenti che da sempre ha storicamente caratterizzato la realta' regionale. Appunto per questo, potrebbe essere di una certa utilita' mettere in relazione il sistema sociale regionale con l'universo della comunicazione, ed in particolare di quella pubblica, cioe' di quella comunicazione che investe i campi istituzionali, politici e sociali. Va subitorilevato che in Calabria, cosi' come in gran parte del Meridione, la comunicazione che proviene dalle istituzioni e' organizzata in modo da rappresentare non un servizio o un diritto ma un favore che graziosamente l'amministratore o il burocrate elargisce al cittadino-suddito, mantenendo in vita il fenomeno del clientelismo e concorrendo a perpetuare l'arretratezza. E' una questione eminentemente culturale, piuttosto uniforme e senza sostanziali distinzioni di appartenenza politica, e piu' marcata in alcune province che altrove. Se ci soffermiamo brevemente sulla comunicazione politica, il sistema dei partiti e'estremamente debole ed ai vecchi limiti (il ceto politico dei deputati - ed oggi anche dei consiglieri regionali - egemonizza le scelte e la vita interna delle forze politiche) si sommano i nuovi (difficolta' di collegarsi con le esigenze dei cittadini sempre piu' consapevoli dei propri diritti). La comunicazione politica e' di fatto inesistente, anzi se si prende a riferimento il comportamento di tutte le forze politiche in occasione delle ripetute crisi che hanno riguardato recentemente l'istituto regionale, ci si rende conto che l'attenzione ai bisogni dei cittadini e' veramente scarsa e quindi c'e' il totale disinteresse versol'importanza della comunicazione. Sul versante istituzionale, ci sono elementi di novita', che sono rappresentati dalle pubblicazioni che la Regione, alcune Province e molti Comuni periodicamente producono. Sono segnali, comunque insufficienti, ma che, unitamente ai molti siti internet istituzionali, denotano un cambiamento, in una realta' che, piuttosto che procedere sul terreno della crescita civile, a volte sembra sempre piu' disgregarsi. Presso l'Universita' della Calabria, ho coordinato recentemente una ricerca che ha riguardato l'istituzione degli Uffici per le Relazioni con il Pubblico (URP) nei comuni calabresi. Gli URP sono delle strutture obbligatorie di comunicazione istituzionale, che il legislatore ha previsto fin dal 1993. A prescindere dalla superficialita' con cuisono state finora condotte le rilevazioni dal Dipartimento per la FunzionePubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si e' evidenziato come su409 comuni abbiano risposto al questionario che era stato proposto in 162, deiquali 57 avevano istituito l'URP e 105 no. Nei comuni che hanno risposto affermativamente, la provincia di Catanzaro e' stata quella che ha dimostrato la maggiore attenzione (21,25% del totale), mentre la provincia che ha risposto di meno e' stata quella di Reggio Calabria (con l'11,34%). In termini assoluti, i comuni che hannoattivato gli uffici sono quelli posti tra i 1000 e i 5000 abitanti (37 su 57), ch pero' rappresentano solo il 13,3% di tutto il totale. Ma i risultati della ricerca sono quanto mai interessanti dal momento che per la prima volta in Italia si e' cercato di individuare i motivi delle mancate attivazioni, laddove nelle precedenti indagini svolte sia dal Dipartimento della Funzione Pubblica che da alcune regioni (tra le quali l'emilia Romagna e la Liguria) questo aspetto non era mai stato considerato. La motivazione piu' frequente emersa per mancata attivazione ha iguardato prima di tutto la mancanza di personale specifico (il 56,19% ha risposto in questo modo), seguito dalle risorse economiche (la percentuale scende al 53,33%), e poi ancora dalle carenze organizzative , dalla mancanza di locali e anche dalla mancata adozione della delibera di istituzione. Ai quesiti ovviamente si potevno dare risposte multiple. Che cosa emerge da questa indagine? Certamente una situazione in movimento, ma anche carenze professionali, non conoscenza delle norme e in definitiva un distacco reale dalle esigenze dei cittadini, che anche in Calabria, sebbene in modo molto piu' lento che altrove, si stanno avviando a diventare titolari di diritti e doveri e non piu' sudditi. Inoltre, proprio sotto il profilo della comunicazione istituzionale, non si puo' perdere l'occasione straordinaria del piano telematico regionale (Telcal), che sta cominciando a muovere i primi, fondamentali passi e che rappresenta la possibilita' di creare una rete telematica regionale, inserendo la Clabria nella societa' della comunicazione e quindi della modernita'. Infatti, nella nostra regione, lo sviluppo della comunicazione pubblica ed in particolare di quella istituzionale, puo' rappresentare uno strumento di miglioramento del senso civico e quindi di crescita sociale, civile ed economica dei singoli cittadini, molti dei quali sono dei moderni 'scomunicati' (per utilizzare una bellissima metafora di Armand Mattelart), poiche' hanno difficolta' ad accedere alle informazioni. C'e' bisogno quindi di investire nella cultura della comunicazione attraverso non solo universita' ed istituzioni, ma anche promuovendo forum, convegni, pubblicazioni, occasioni di formazione e di approfondimento, oltre che cogliendo la grande opportunita' rappresentata dal Piano telcal. C'e' molto da fare e ci sono molti spazi, anche professionali e di nuova occupazione da utilizzare.



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