di Michelangelo Cimino
Mattone dopo mattone inizia a prender corpo una visione del Mezzogiorno che, in modo
propositivo o per contrasto con i valori dominanti del mercato più o meno deregolato,
dell'efficientismo, del produttivismo, talvolta per approssimazioni e slogan, pone
al centro del discorso ambiti di analisi e punti di vista fino a poco tempo fa lasciati
in ombra; ma non per questo riducibile in blocco all'utopia di una società umanistica
in cui la dialettica modernità-tradizione si risolva in un sostanziale e, ideologicamente orientato, rifiuto del primo termine.
In questo filone occupa un posto a sé l'agile libretto di Giuseppe Goffredo*: originale
sintesi - arricchita da un interesse non sporadico per il Mediterraneo arabo - dei
temi proposti nell'ultimo quinquennio da una letteratura meridionalistica che alla
stanca denuncia dei 'mali' del Sud ha sostituito la rivendicazione orgogliosa della
sua alterità - negata e vilipesa perché non omologabile al modello di società elaborato
dall'Occidente capitalistico.
La cifra ideologica (non è una parolaccia) del lavoro di Goffredo consiste proprio
nell'aver reso esplicita la contrapposizione, nei fatti tutt'altro che strisciante,
tra un Nord-ovest impegnato nel ruolo di alfiere di una "falsa" modernità (dei consumi,
dell'egoismo eretto a sistema di vita, dell'esclusione dell'Altro) e un Sud costretto
- non sempre suo malgrado, anzi - a subirla: pena la riduzione a immenso luogo
di degrado umano e sociale in cui si concentra e si consuma un repertorio pressoché
illimitato di bassezze individuali e vizi collettivi ; abitato da torme di disperati che
"attentano alla civiltà e alla ricchezza dell'Occidente".
Se questa è l'immagine che parte cospicua dei grandi mezzi di comunicazione di massa
propone del Sud (e più in generale di quella vasta area geoculturale gravitante sul
bacino del Mediterraneo), e non v'è chi possa negarlo, elaborare un pensiero autonomo,
cioè non tributario di apporti provenienti dall'esterno (Franco Cassano), riscoprire
una identità multipla, plurale (Mario Alcaro), costituiscono condizioni necessarie
ma non sufficienti a far sì che le rappresentazioni del Sud (diverse ma speculari,
ed egualmente false) non oscillino tra quella, ormai consunta, del "paradiso abitato da
diavoli" e l'altra più alla moda della patria della pasta, della dieta ecc. "Il Mediterraneo
- scrive in tono perentorio Giuseppe Goffredo - non è e non può essere solo un luogo geografico, né solo un'entità culturale, ma può e deve esprimere soprattutto
un'idea del mondo da realizzare".
E quale progetto può essere più in linea con la vocazione di un'area che da millenni
è luogo di scambi commerciali e di incroci culturali (prodottisi sotto il segno della
reciproca tolleranza) tra razze e popoli se non quello racchiuso nel mito di Cadmos
in cerca di Europa? "Vogliamo costruire, ricostruire il terzo luogo possibile. Quello
in cui ogni cosa possa ritrovarsi, comporsi : uomini, cose idee, volti, miti, dei,
culture civiltà", sostiene Goffredo, in una prosa accesa, martellante. E' l'antica,
intramontabile idea - riproposta da un angolo di visuale diverso, e in un periodo storico
in cui i conflitti tra Nord e Sud appaiono in via di progressiva acutizzazione
- del Mediterraneo punto di incontro e di confluenza tra mondi solo in apparenza
distanti anni luce: tra la parte ricca d'Europa e quella cosiddetta in via di sviluppo, tra
Oriente e Occidente; luogo di mediazione tra "ragionevolezza" e "razionalismo".
E, a ben vedere è il medesimo sogno, sempre infranto e sempre ritornante, di tanti
intellettuali, uomini di cultura, artisti europei, alla cui realizzazione, oggi come
ieri, ostano le tante guerre, occulte e palesi, che ogni giorno (come ha raccontato
Raffaele Nigro in "Adriatico") si combattono su questo mare : "da Oriente a Occidente
- scriveva tempo fa il premio Nobel Ivo Andric, citando Leonardo da Vinci - in ogni
punto è divisione". Ieri come oggi, appunto.
Goffredo rincorre il progetto dell'impossibile (nel mito) incontro tra Cadmos e Europa
partendo dal suo "da qui" : luogo insieme fisico (il Mezzogiorno) e di elaborazione
culturale (da cui il nome della rivista che dirige). Ma il Sud che egli conosce e
vive - alternando disagio a passione politica e civile, speranza a delusione; che si
"porta addosso", "senza possibilità di tenerlo fuori" di sé - è ancora a metà strada
tra la subcultura del "tutto a posto" e la riscoperta dell'amor loci; tra atteggiamenti
che lo spingono a rinnegare se stesso, partecipando in prima linea alla gara darwiniana
dello sviluppo, e alcune forme di economia basate sul legame sociale, il dono, lo
scambio, la valorizzazione dei beni culturali. Insomma, tra un Sud che pur dibattendosi in mille problemi e contraddizioni smania per assomigliare al Nord-Ovest e senza
avvedersene si avvia a vivere una seconda "apocalisse culturale" (per dirla con Ernesto
De Martino), dopo quella seguita alla fine della cosiddetta civiltà contadina; e
un altro Sud capace di accogliere come fratelli le migliaia di profughi e "naufraghi dello
sviluppo" che quotidianamente sbarcano sulle coste calabre e pugliesi. Ma, in fin
dei conti, questi Sud abbozzati da Goffredo sono allo stesso tempo reali e immaginari ; essi appartengono al repertorio del poeta e dell'osservatore, del polemista, del
moralista e dell'organizzatore di cultura, costretto a misurarsi con una realtà che
presenta più facce. E forse sarebbe un errore considerarli alternativi fra loro;
esempi assoluti - da seguire o respingere - di distinte opzioni di società.
*Giuseppe Goffredo, Cadmos cerca Europa - Il Sud fra il Mediterraneo e l'Europa, Introduzione
di Franco Cassano, Bollati Boringhieri, pp.118, Lit. 24.000