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La necessità di non rinchiudersi nella città e la questione dell'autonomia

di Assunta Di Cunzolo



Condividendo per intero il documento proposto dal coordinamento alla V Assemblea Generale del movimento [Pedalando Volare N.d.r.], vorrei provare ad intervenire nel merito di alcune questioni sollevate ma non approfondite nel testo probabilmente per economia ed equilibrio delle parti, apertura ai contributi vari o differenti.
Innanzitutto dico la mia in relazione alla controversa proposta del "fare politica a tutto campo".
Questa non è una novità per il movimento né un tradimento delle origini. Anzi. Il movimento è nato sulla e per la ridefinizione della politica come concetto e pratica, insieme e per interazione.
L'attività politica e amministrativa è la pratica del bisogno primario della costruzione di una convivenza che parte dalla città e si estende naturalmente al comprensorio, si alimenta di esperienze e valori, li traspone in realtà più ampie fino ad essere costretti a sentirsi cittadini senza limiti di confine o di patrie, anacronistici per altro nel momento storico, economico e politico in cui siamo.
E nella situazione della "convivenza globale" personalmente dò il massimo rilievo alla cura dell'ambiente, allo sviluppo compatibile, alla redistribuzione della ricchezza e del lavoro fra Paesi, popolazioni, cittadini.
Questioni troppo grandi per gente come noi si dirà -, ma questioni che alimentano valori e senso della convivenza civile anche nel "piccolo" e per persone piccole come me.
Anche perché è nell'azione quotidiana quando ad esempio affronti la situazione dei servizi, dello sviluppo, del lavoro che senti la necessità di travalicare i confini comunali per tessere reti di comunicazione, di scambio e di progettualità con un territorio sempre più ampio.
Confronti così esperienze, ti cimenti in attività comuni, impatti con il problema dell'occupazione dei giovani e di quelli che, a cinquant'anni, sono stati espulsi dal lavoro; rifletti sulla maledetta flessibilità delle competenze e del lavoro, che crea nuova povertà; pensi alle decantate ricchezze della new economy e concludi che sono per quelli, pochi in verità, che hanno avuto la fortuna di una buona formazione, ovviamente flessibile, adatta a cogliere le opportunità in un mercato che rifiuta ed emargina oppure esalta e incita alla competizione e al successo fino all'ossessione.
No, non ci si può proprio rinchiudere nei confini della città, in nessun confine. E ho l'impressione che nessuna strada sia tracciata una volta per sempre e che bisogna continuamente ascoltare le esperienze, la propria e le altrui, e trarre poi il senso per una politica, per fare politica.
Quindi politica a tutto campo e autonomia politica.
Per quella che è stata la mia formazione, l'autonomia più che un concetto è una pratica e la sua caratteristica fondamentale è che quanto più si accresce più aiuta a crescere, individualmente e collettivamente, e pertanto è una pratica auspicabile per ciascuno e ciascuna già dalla tenera età. Non è né separazione né indipendenza ma è riconoscimento di sé e della propria integrità contemporaneamente al riconoscimento dell'altro diverso da sé. E' l'autonomia che ti porta ad agire nel mondo che non è un agire sul mondo, che consente di relazionarsi con gli altri senza pretenderli simili, che richiede rispetto per l'integrità di ciascuno e per il tutto, anche per la natura:poiché se si è liberi dalla paura di essere soggiogati, non è necessario separarsi o soggiogare.
L'autonomia del movimento indica semplicemente un elevato livello di maturità politica individuale e collettiva, che non richiede separazione ma interazione, non prevaricazione ma scambio continuo con gli altri soggetti politici e sociali e con le singole individualità ricche delle proprie esperienze e bisogni.
Pedalando Volare, si sa, non è nato come coalizione di partiti né come lista civica; perciò i suoi eletti non sono stati nominati da tavoli di trattative né da un leader ma hanno ricevuto un mandato da esercitare in autonomia e che vincola comunque al dovere e alla responsabilità di risponderne al soggetto politico da cui si è avuto in affidamento la realizzazione del progetto con i suoi sviluppi in itinere. E' l'autonomia del singolo che integra e riconosce il ruolo e l'autonomia di un progetto collettivo (il movimento politico) attraverso gli scambi nel confronto continuo tra cuori e intelligenze diverse.
Qui, a mio parere, ci sono ancora nodi da sciogliere, singolarmente e collettivamente, e confusioni da dipanare ad esempio tra la figura del leader candidato a Sindaco e il soggetto politico titolare del progetto: se coincidono, si tratta di lista civica nella quale ognuno risponde alla propria coscienza e al Sindaco, con i pericoli e i danni conseguenti ad una gestione personalistica del progetto e della cosa pubblica.
Comunque se si è contrari alle liste redatte dalle segreterie dei partiti o da poteri altri, non vi è alternativa se non le elezioni primarie. Scelte queste, è solo necessario elaborare una proposta che tenga conto dell'esperienza già fatta e la migliori.
L'autonomia è quindi una conquista graduale attraverso una pratica di relazioni con gli altri, ma che talvolta va aiutata anche con la fissazione di regole che ne favoriscano la crescita. Da questo punto di vista la decisione del movimento riguardo la separazione dei ruoli tra assessore e consigliere comunale è conseguente ma tuttavia insufficiente. Le norme attuali ci consentono di andare oltre e di restituire al Consiglio comunale un ruolo più pregnante se dal suo interno si elegge il Presidente del Consiglio, cosicché al Sindaco e alla Giunta, da lui scelta in totale autonomia, spetterebbe l'esclusivo compito della realizzazione del programma amministrativo ed al Consiglio in totale autonomia dall'esecutivo e coordinato dal consigliere eletto Presidente, spetterebbe il compito di indirizzo e controllo del progetto.
In conclusione e in verità mi pare che sull'autonomia, difesa con grande passione e intelligenza soprattutto da Pasquale Alcaro, si fondi la costruzione di Pedalando Volare.



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