Replica di Paolo degli Espinosa a Walter Veltroni
Premessa
Ringrazio Veltroni per la sua risposta del 28 giugno. Tenendone conto, vorrei qui
proporre un contributo per il "nuovo patto" in essa delineato e per il programma
di centro-sinistra.
Sarò grato a lui, a Grazia Francescato e a chi tra i destinatari vorrà esprimere qualche
commento (prima delle ferie estive), perché a partire dall'incontro di Milano, Casa
della cultura, sera del 24 luglio, ho voluto dare alla elaborazione in corso un carattere partecipato, che permetta di consolidare qualcosa di utile per dopo le ferie.
Il compito che ha davanti il centro-sinistra è ovviamente difficile. La possibilità
di successo elettorale dipende molto da una immagine più unitaria, dalla scelta del
leader, ecc., ma anche dal ripensamento degli strumenti analitici e propositivi e
degli stessi comportamenti.
In questo quadro può collocarsi una seria "apertura" dei partiti ai cittadini orientata
ad un bilanciamento delle rispettive influenze sulle decisioni; i partiti, infatti,
che per loro missione devono guidare le amministrazioni pubbliche, possono creare
le condizioni per l'esercizio da parte dei cittadini di un "controllo di qualità" permanente
sulle amministrazioni stesse, come anche di un ruolo riconosciuto di proposta/progetto.
In un paese ancora caratterizzato da pesantezze burocratiche e da mancanze di servizi elementari, come gli ospedali o i trasporti comuni, l'intera proposta del
centro/sinistra verrebbe caratterizzata da una idea di libertà collegata a capacità
di controllo e intervento. Tra il centro-sinistra, che propone "libertà efficaci"
e il "Polo delle libertà" guidato da Berlusconi, si costituirebbe così una differenza ad
elevata visibilità, che potrebbe giustificare il rilancio dei comitati elettorali.
La risposta di Veltroni: il patto per la qualità
La risposta di Walter Veltroni, condividendo l'idea di un "compromesso politico-sociale
di modernizzazione qualificata", ha al centro una scelta molto importante: "la proposizione
di un altro patto agli Italiani, altrettanto credibile ed ambizioso. il patto dello sviluppo equilibrato e sostenibile e della equa distribuzione sociale e territoriale
dei frutti dello sviluppo". Il concetto viene in seguito precisato: "uno sviluppo
economico e sociale che deve fare della qualità la sua unità di misura".
Sviluppo bilanciato tra due comparti
Per realizzare questi obiettivi, nessun paese industrializzato può prescindere, a
mio parere, dal problema dello sviluppo non bilanciato, legato alla crisi urbana.
Tra gli altri, il problema è stato analizzato da William Baumol, che ha fatto vedere
la differenza tra il mercato degli oggetti, che gode dei vantaggi di produttività dovuti
alla tecnologia e il settore dei servizi alla persona, che non godendo di quei vantaggi,
non riesce a far fronte ad esigenze crescenti, dando luogo all'attuale rarefazione
delle relazioni e al sovraccarico, dell'istituzione comunale. Tutta la realtà economica
si colloca tra questi due estremi, condizionatori e insegnamento. E' possibile così
ripensare il rapporto tra produzione e riproduzione sociale, in un'epoca caratterizzata dalla spinta tecnologica e dalla insostenibilità ambientale.
Volendo proporre ai cittadini un "patto per la qualità", è indispensabile quindi affrontare
i temi già segnalati nella lettera precedente.
L'intera realtà socio-economica si può suddividere concettualmente in due grandi comparti,
uno a prevalenza del mercato, l'altro orientato a valori umani, sociali e ambientali.
Su queste basi diventa possibile chiarire il legame tra gli aspetti di un mercato e quelli sociali, cioè tra più competitività e sviluppo, da un parte e più qualità
sociale, ambientale e territoriale dall'altra.
L'occupazione è un tema che appartiene sia all'economia che alla condizione di vita.
Anche la formazione riguarda ambedue i comparti. Il tema stesso dell'impegno contro
l'emarginazione sociale non può essere considerato solo nel secondo comparto, in
quanto non è efficiente, da un punto di vista complessivo, lasciare che il comparto di mercato
si muova solo sulla base delle sue esigenze interne, producendo danni sociali, che
poi vanno riparati con spese nel secondo comparto e relative tassazioni. E' evidente, in definitiva, che una maggiore competitività del comparto produttivo italiano,
nell'ambito dell'economia di mercato, è condizione indispensabile per rendere disponibili
risorse al comparto orientato alla qualità sociale e ambientale, ma è altrettanto
necessaria l'evidenza delle relazioni tra il primo e il secondo comparto, per i quali
occorrono quindi, approcci diversi e nello stesso tempo congruenti. In proposito
vi saranno differenze da regione a regione.
Occorre stabilire, di conseguenza, il ruolo della Pubblica amministrazione, ai vari
livelli.
Differenze rispetto ai patti precedenti
"Il patto per la qualità" si articola in definitiva su due aspetti principali, quello
economico-sociale-ambientale, già presente nei contenuti di Veltroni, e quello democratico-istituzionale,
ancora da sviluppare, che nel loro insieme richiederanno cambiamenti e integrazioni rispetto ai precedenti accordi tra le istituzioni e i principali
attori economici.
Le differenze principali rispetto ai precedenti patti sociali riguardano:
- i contenuti, in ragione della nuova importanza della qualità per i cittadini, che
richiede una strategia di intervento sulle condizioni di vita, legata a politiche
congruenti circa il comparto di mercato e quello centrato sulla riproduzione sociale
ed ambientale, ai vari livelli istituzionali; in proposito, le libertà individuali devono
comprendere quella parte che è tipica dell'individuo sociale, cioè la libertà di
collegarsi agli altri per progettare e decidere socialmente in merito ai beni comuni,
tra cui l'ambiente; solo sviluppando la dimensione sociale dell'individuo si possono fornire
strumenti al rilancio delle solidarietà e delle capacità di giudizio morale, reagendo
alle tendenze di desertificazione sociale presenti nei contesti urbani;
- gli attori, in quanto il patto viene proposto alla cittadinanza producendo le condizioni
per il suo ruolo attivo;
- le sedi decisionali, che vanno articolate ai diversi livelli istituzionali, anche
in ragione dei contenuti in questione, che in molti casi hanno carattere territoriale;
- il ripensamento dei rapporti tra istituzioni pubbliche, mercato e società.
Stato leggero e cittadini che pesano
In merito all'ultimo punto, si dice che occorre uno Stato che viene definito "leggero",
cioè una istituzione pubblica meno caratterizzata in senso quantitativo-gestionale
e più come capacità intelligente di analisi, programmazione, coordinamento e concertazione. Si discute giustamente di federalismo solidale. Bisogna comunque rendersi conto
che, ai fini delle esigenze di programmazione e di bilanciamento delle forze di mercato,
che hanno la tendenza ad occupare qualsiasi spazio, il federalismo avrà tanto più successo nel realizzare un rapporto ravvicinato tra istituzione pubblica e cittadinanza,
quanto più saprà integrarsi con una società civile che possa svolgere un ruolo attivo
e "pensare" più che in passato.
In definitiva, una volta accettato che non è solo l'istituzione pubblica ad interessarsi
del bene comune, diventa necessario passare, rispetto alla triade tradizionale stato-mercato-società,
ad uno schema più articolato, in cui la società sia vista non solo come utenti, clienti, portatori di domande, ma in funzione attiva e "pensante" rispetto
agli interessi comuni, anche attraverso funzioni autonome di analisi, controlli e
progetti. In proposito si afferma che le forze di mercato sono già una parte della
società. Resta il fatto, però, che questa parte è orientata all'economia competitiva,
non alla riproduzione sociale. Per questo motivo occorre riferirsi ad una società
civile con più ampi orizzonti.
Da tutto ciò consegue che la società civile attiva, già oggi rappresentata da un gran
numero di associazioni e di interventi no-profit, può compiere un salto di qualità
e di ruolo, a seguito di un potenziamento degli strumenti di intervento. Questi ultimi, però, vanno definiti con nettezza istituzionale, evitando duplicazioni sia rispetto
alle istituzioni elette, che sono titolari delle decisioni socio-economiche, sia
rispetto alle imprese e ai compiti diretti di gestione economica.
Lo spazio che va definito e articolato riguarda quindi: il controllo della qualità
di governo, per tutti gli aspetti finora considerati; la lotta contro il burocratismo,
il clientelismo ed altri aspetti contrari alla trasparenza, alla legalità ed alla
individuazione delle responsabilità: la capacità diretta di proposta-progetto, anche riguardo
a norme e procedimenti; la partecipazione ai procedimenti amministrativi a sostegno
degli interessi diffusi; l'accesso, in modo utilizzabile, alle informazioni socio-economico-ambientali-territoriali; la possibilità di inchiesta e comunicazione; altre
facoltà e funzioni che riguardano il ruolo dell'intelligenza sociale e l'autorganizzazione
della società civile.
Centri/reti di progetto della società civile
Una volta definito lo spazio in questione, la traduzione concreta può concepirsi in
vari modi. Una soluzione può trovarsi, a mio parere, nella creazione di condizioni
per il costituirsi di centri/reti di progetti della società civile, a livello locale
e, quando possibile, regionale, con poteri e risorse che li mettano in grado di svolgere
funzioni dirette di committenza di progetti agli specialisti, analisi delle situazioni,
inchiesta, rapporto diretto con i cittadini, dando concreta attuazione a quell'insieme di funzioni di carattere consultivo e istituzionalmente riconosciuto di cui si
diceva. A tale scopo si renderà necessaria una legislazione ad hoc, che al di fuori
di qualsiasi impostazione burocratica, crei le condizioni necessarie per l'autorganizzazione dei cittadini ed assicuri l'attenzione della Pubblica amministrazione alle loro
attività di controllo e progetto.
I centri di progetto, che possono anche essere reti in grado di organizzare informazioni
e confronti su base telematica, potranno avere livelli di intervento soprattutto
territoriali e regionali. Definendone opportunamente i criteri di partecipazione
ampiamente rappresentativa della "società civile attiva", potrebbero intervenire - sempre
a livello di consulatazione, proposta e controllo - in una serie di problematiche
attuali che vanno dai servizi pubblici, alle commesse pubbliche, alla programmazione
negoziata, tra cui accordi volontari, territoriale e settoriali, all'impegno delle risorse
finanziarie delle fondazioni, diventando interlocutori della programmazione territoriale
e regionale. Dato che la qualità interessa tutti i lavoratori e i pensionati, in quanto abitanti del territorio in condizioni spesso disagiate, ne trarrebbero tanto
più vantaggio, per un principio di equità degli interventi.
Una risorsa potenziale a favore del bene comune
In effetti esiste un ceto, dotato di competenze ed interessi rispetto alla complessità
sociale, che non va considerato solo per motivi sociologici o come opinion maker
e centro d'influenza elettorale, ma come risorsa utile a favore del bene comune.
Questo ceto è presente in diverse sedi, come amministrazioni pubbliche, università e centri
di ricerca, imprese, attività professionali ed associative, ma il punto che si intende
qui sottolineare è soprattutto qualitativo e lo vede come risorsa potenziale nella
ricerca di soluzioni finalizzate ad un massimo di qualità sociale ed ambientale, in
situazioni specifiche.
Il potenziale cognitivo, progettuale e normativo di questo ceto è attualmente in buona
parte marginalizzato: nelle imprese perché sono per loro natura settoriali, nelle
istituzioni pubbliche per motivi di burocrazia e separatezza interna (basta pensare
alle difficoltà dei rapporti inter-assessorili). Valorizzandolo in modi efficaci è possibile
quindi attivare un contributo rilevante ad una critica operativa del liberismo, non
statalista né burocratica.
In particolare, la manovra programmatica sul rapporto tra il comparto di mercato
e il comparto della qualità sociale e ambientale potrà scendere dalle altezze delle
formulazioni concettuali e nazionali alle concretezze delle situazioni territoriali,
adeguandosi nei contenuti alle differenze tra le regioni del Paese. Per tutte le regioni,
ma in modo specifico per quelle a minore sviluppo, va richiamata l'esigenza di un'organizzazione
e un'assunzione di responsabilità della comunità nel suo insieme.