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Ridare un'anima alla Sinistra

di Gaetano Arfè

La sinistra italiana in tutte le sue componenti e in tutti i suoi frantumi ha in via pregiudiziale un problema da affrontare: quello di recuperare una propria autonomia culturale. Questo non significa costruire nuovi dogmi al posto di quelli estinti, ma avere proprie idealità, propri principii, propri criteri di interpretazione della realtà.
E' un fatto che oggi essa si trova a operare sotto l'egemonia, non accettata ma subita, di una ideologia che si articola intorno a due punti: un liberismo repellentemente anacronistico da capitalismo nascente e un anticomunismo postumo e preventivo, che parte da Spartaco per proiettarsi nel terzo millennio dell'era cristiana.
Chi ha qualche riserva da avanzare lo fa chiedendo scusa e giurando che dietro di essa non c'è alcuna indulgenza per lo stalinismo e nessuna ombra di nostalgia per la repubblica dei partiti che la Resistenza ci regalò.
Diceva Giorgio Amendola - è una definizione che di questi tempi mi torna di continuo in mente - che l'egemonia è la capacità di guidare gli alleati e di intimidire gli avversari senza ricorrere al bastone, con la forza delle idee e le armi della politica. Per lunghi anni il Partito comunista praticò con successo quest'arte: ne sanno qualcosa i socialisti, tra tutti i più egemonizzati, ma ciascun partito del cosiddetto arco costituzionale ne subì gli effetti.
Oggi l'egemonia è passata in altre mani. La forza di cui essa dà prova non sta nelle idee ma nel fatto che chi la esercita esprime tendenze reali scaturite dalle trasformazioni radicali nelle strutture portanti della società su scala mondiale; sta, per altro verso, nel fatidico crollo del muro di Berlino e in quanto ne è seguìto nell'ordine internazionale e in quello interno, sta nella crisi irrimediata del sistema politico sul quale si era retta la democrazia italiana e, infine, nella imponenza dei mezzi finanziari e organizzativi di cui essa dispone, nella raffinatezza delle tecniche propagandistiche e delle tecnologie messe in opera.
Si è parlato e si parla molto del revisionismo storiografico perché è di lì che l'offensiva ideologica ha preso le mosse. In realtà essa ha investito tutti i campi della cultura, lacerandone il tessuto unitario e spegnendone tutti i fermenti critici: tra l'attacco alla resistenza e il progettato stupro della costituzione, tra l'anticomunismo e l'elevazione del liberismo a dogma c'è un nesso che non ha bisogno di essere spiegato. E' così che, in virtù della stessa logica che presiedette allo sviluppo del fascismo, dalla svalutazione della Resistenza si passa alla frantumazione dei partiti e alla liquidazione della democrazia rappresentativa, dall'anticomunismo alla sottomissione totale e inflessibile dell'etica e della politica all'economia.
Piero Gobetti, all'indomani della marcia su Roma, auspicò l'apporto di una generazione di storici che scoprisse e capisse quali fossero nella storia d'Italia le radici del fascismo e quali gli effetti che esso a sua volta andava producendo.
Io credo che a noi oggi tocchi un compito analogo: capire quali e dove fossero i limiti insuperati e le contraddizioni insuperabili che hanno determinato la crisi della sinistra italiana, prendere lucida coscienza della vastità della disfatta che abbiamo subita e di qui partire per darci un programma collocandolo nella dimensione internazionale sua propria che nel nostro caso è quella europea. E' il caso di sottolinearlo perché da quando è morto Spinelli la sinistra lo ha ignorato, fino a fantasticare sull'avvento di una nuova Internazionale che abbia a guida gli Stati Uniti e Clinton a suo pastore.
E' questo il modo per dare una prima risposta alla domanda che ci facciamo e che ci sentiamo ripetere, martellante, da mille parti: se abbia ancora un senso il dirsi di sinistra. E' la domanda alla quale la "cosa due" non ha dato risposta.
Ora, non c'è alcun dubbio che il nostro nobile mito, quello della rivoluzione socialista guidata dal partito della classe operaia, appartiene tutto e solo alla storia. Sono però altrettanto sicuro che l'ipotesi secondo la quale il sistema economico dominante sia percorso da contraddizioni di gran lunga più dirompenti di quelle del vecchio capitalismo resti integralmente valida, è attestata dalla scienza, trova conferma nei fatti. I teorici della Internazionale socialista furono animati dalla convinzione che il capitalismo portava nel suo grembo la guerra come il nembo porta l'uragano, ed ebbero ragione. Oggi sappiamo, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il capitalismo del nostro tempo porta nel suo grembo la condanna a uno sfruttamento più spietato di quello schiavista, alla miseria permanente e alla morte per fame centinaia di milioni di esseri umani, porta la minaccia alla sopravvivenza dell'umanità, insidiata come mai prima d'ora, a ritmi sempre più rapidi e con effetti già visibili, nelle sue primarie fonti di vita, l'aria e l'acqua. I "realisti" che guidano le politiche del mondo avanzato su scala mondiale, appaiono su questo sfondo dei cinici fanatici, credenti in miti carichi di un potenziale devastante che ove rimanesse incontrastato, porterebbe alla "soluzione finale" non di una razza, ma dell'umanità.
A me è accaduto di studiare, e anche di viverli, momenti nei quali masse informi vengono penetrate da idee maturate in seno a minoranze aperte ai "bisogni dei tempi" e operanti in spirito di apostolato.
Io credo che oggi stiamo vivendo, pur nel massimo della confusione, uno di quei momenti. Non è velleitario credere che sia possibile concorrere a riconquistare e a diffondere una cultura critica del sistema oggi dominante, a resuscitare speranze, a stimolare volontà. E' il problema, sul quale si qualifica, si dica o non si dica socialista, ogni forza di libertà e di progresso, E' il problema del quale sono in tanti ad avvertire la drammatica urgenza, finanche all'interno della cosiddetta "cosa due", nata vecchia e finita bambina.
La forza di un'idea, diceva Spinelli, si misura prima che dai suoi successi dalla sua capacità di resistere alle sconfitte.
L'associazione promossa da Aldo Tortorella è sorta col dichiarato intento di contribuire a darne la prova, chiamando a raccolta militanti di lunghe e sofferte esperienze e giovani immuni dalla nostalgia di un passato irripetibile. E' quanto basta per doverla confortare di un fiducioso e attivo consenso.
Da militante antico, più antico di lui, lo ringrazio.



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