L' entrata in vigore del Nuovo Statuto, tanto avversata e combattuta dagli studenti
negli anni passati, ha sancito ufficialmente l' ingresso dell' Università della Calabria
nella fatidica "scatola nera" dell' Autonomia, al pari di tutti gli altri atenei
italiani.
Gli studenti dell' Unical, vecchi e nuovi, hanno sotto i loro occhi un' istituzione
per molti aspetti mutata, eppure vivono la propria quotidianità come se nulla fosse,
facili prede dei candidati di turno. La politica universitaria e i suoi mutamenti
dovrebbero essere sentiti dagli studenti: la discussione e il dibattito servono alla formulazione
di nuovi bisogni, e solo in quest' ottica ha senso la figura del rappresentante,
quando ha alle spalle un movimento o un' assemblea che esprime dei bisogni reali.
L'interesse per una migliore qualità della vita universitaria è qualcosa di quotidiano
e continuativo, non può esplodere una settimana prima delle elezioni e morire il
giorno dopo. Né si possono assurgere a rappresentanti soggetti ambigui, asserviti
alle lobbies di docenti e amministratori, e coinvolti nei più meschini interessi di tipo
personale. A livello nazionale gli studenti manifestano, occupano, discutono di privatizzazione
e autonomia (alcuni ne parlano come se fossero sinonimi), del numero chiuso, della didattica, dei servizi, della rappresentanza, del ruolo di studenti. Parlano
di autonomia finanziaria, di autonomia gestionale, di autonomia didattica e protestano
contro il modo in cui vengono realizzate: l' Università diviene una fonte d' investimento per capitali privati, che formatta i cervelli adattandoli alle nuove forme di
produzione, in base alle richieste del mercato del lavoro. Il pericolo c' è ed è
grave, ma non è una novità. Da diversi anni ormai lo studio è competitivo, è selettivo,
è funzionale alle esigenze del mercato, ed è finalizzato ad un lavoro sempre più improbabile
(perchè sempre meno necessario nelle sue forme classiche): il sapere diventa una
merce e come tale si vende e si compra, dal migliore offerente al migliore acquirente,
tutto in termini di quantità, di economia e di flessibilità. Si tende a smantellare
le facoltà umanistiche, ritenute "inutili" rispetto a parametri di produzione ed
efficienza. La vita dentro e fuori l' Università è regolata in base a: economia di
tempo, economia di rapporti, economia di parole ed economia di pensiero. "Universitas = totalità"
, scrivevamo qualche documento fa, intendendo dire che l' impiego delle differenti
potenzialità dovrebbe essere un principio da sperimentare in un luogo in cui si coltiva la totalità dei saperi.Come possiamo porci di fronte ad una tendenza ormai in
atto? Ha senso continuare ad opporsi? O abbiamo una qualche capacità di ricreare
i contenuti e i significati delle parole, in modo che l' Autonomia esista, ma sia
diversa da come ci viene imposta? Non dimentichiamoci che il termine "Autonomia" ha una connotazione
storica e semantica ben precisa: i suoi sinonimi sono "autogestione", "autorganizzazione",
"autogoverno", confronto continuo con il territorio, protagonismo e responsabilità maggiore dei soggetti, democrazia diretta. Non lasciamoci espropriare del
linguaggio e cerchiamo di realizzare l' autonomia in maniera radicalmente innovativa.
Guardiamo ad essa come alla possibilità di influire sui centri decisionali, più vicini
a noi, e di partecipare direttamente e consapevolmente alla gestione del luogo in
cui viviamo. Vediamola come un' occasione per costruire progetti e per realizzarli
impegnando le innumerevoli intelligenze e competenze locali. Nominiamola quando parliamo
della necessità di rinnovarsi di continuo, seguendo il mutare degli avvenimenti e le
particolarità del contesto sociale.Non sono solo i finanziamenti dello Stato a rendere
"pubblica" l' università: l' Università è pubblica quando tutta la collettività ne
è partecipe. Ciò non significa che essa debba fare a meno del contributo statale o dei
fondi che stanzia la Comunità Europea, ma significa intravvedere forme di finanziamento
pure da parte dei Comuni, non per forza in denaro, ma anche in servizi: controllo
sul mercato degli affitti, collegamento dei trasporti urbani con l' ateneo e costruzione
di una metropolitana leggera, tessere per cinema e teatro o per l' utilizzazione
degli impianti sportivi, apertura della città vecchia alle attività universitarie.
Tramite l' Autonomia, un ateneo può dialogare direttamente con le dinamiche espresse dal
territorio e con le sue caratteristiche culturali, può entrare veramente nella vita
della comunità in un rapporto di scambio di saperi. Nel campus universitario si potrebbe pensare, ad esempio, ad un "Progetto Polifunzionale" (già contemplato, tra l' altro,
in qualche documento amministrativo) che nasca dal basso, nel quale coabitino associazioni
e gruppi di studenti, ma anche cittadini, al fine di rendere il nucleo originario dell' Unical una zona autonoma dove mettere in campo conoscenze diverse e creatività.
Si potrebbero valorizzare le caratteristiche storico-culturali della nostra terra,
attraverso il recupero della memoria, avviando studi sugli antichi usi e mestieri,
sull' architettura delle nostre città e dei centri storici, sui siti archeologici.
Si parla tanto dell' entrata in Europa, anche da parte della città di Cosenza: questa
sarebbe sicuramente una spinta più valida della moneta unica: ogni ateneo acquisterebbe
una propria peculiarità in termini di studi e ricerche, generando un arricchimento
reale dallo scambio di saperi tra le varie università europee.