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Forma ed evento in Carlo Diano

di Franchino Gallo



Carlo Diano fu un cattolico praticante, ma di forma mentis pagana. Quando un giorno gli chiesi come riuscisse a conciliare la sua fede cattolico-cristiana con il suo animo classico, mi rispose: "Come potrei altrimenti accettare la morte?".
Era nato nel 1902 a Vibo Valentia, che preferiva chiamare la mia Monteleone. Nel liceo di Vibo è murata una lapide commemorativa, dettata da Paratore in lingua latina.
Aveva conseguito la laurea a 23 anni presso l'Università di Roma, discutendo una tesi su Leopardi che riscosse il plauso dei suoi maestri, tra i quali Vittorio Rossi, Nicola Festa e Giovanni Gentile.
Una carriera rapida e brillante la sua: da titolare di latino e greco nei licei, ebbe ben presto incarichi di prestigio, tra cui lettore di italiano alle Università di Lund, di Copenaghen e di Gotemburg. Sin dal 1950 tenne cattedra di letteratura greca all'Università di Padova, dove poi fu preside di facoltà. Socio effettivo dell'Isituto Veneto e dell'Accademia Patavina di scienze, lettere e arte, venne insignito della medaglia d'oro al merito della letteratura dal M.P.I e della "Valentia aurea".
Moriva a Padova poco più che settantenne.
Molto vasta la sua produzione che spazia dalla letteratura alla filosofia, alla critica ed alla poesia (anche in greco antico): libri, monografie, traduzioni, discorsi, interventi vari, prolusioni, edizioni critiche.
Una serie di saggi, raccolti nel volume Saggezza e poetiche degli antichi (Neri Pozza Editore, 1968), sebbene elaborati in forme differenziate ed in tempi ed argomenti diversi, ci danno una visione variamente articolata, ma sostanzialmente unitaria della poetica e del pensiero del mondo classico. Ricordiamo, tra gli altri, Poesia e Storia, Il mito dell'eterno ritorno, L'eros greco, La catarsi tragica, Aristofane, Edipo figlio di Tyche, La poetica di Epicuro, La poetica dei Feaci, Teodicea e poetica nella tragedia attica, e via dicendo.
Particolare rilevanza hanno il saggio su Edipo e quello su Epicuro, saggi che contengono gli elementi basilari di successivi studi approfonditi e di riflessioni ardite. Il primo, infatti, costituisce il punto di partenza del testo Forma ed Evento (Neri Pozza Editore, 1952); il secondo è il frutto di ricerche storiche e filosofiche che saranno poi più ampiamente sviluppate nel testo Linee per una fenomenologia dell'Arte (Neri Pozza Editore, 1956).
Forma ed evento sono due pure e semplici categorie, assunte da Diano non con valore ontologico (perché si farebbe della metafisica vana), bensì con valore fenomenologico, nel senso che vanno articolate sulla base del fenomeno e della storia, nella sfera cioè delle situazioni che in esse si riflettono. Tali categorie, ricavate dal pensiero, dalla religione e dall'arte greca e - come osserva Diano - denunziate da Nietzsche in termini ancora mitici, sono un fatto ormai acquisito dall'indagine moderna e rappresentano il supporto ad ogni analisi di qualunque civiltà.
Ed ancora, nel predetto saggio si può scoprire, per quanto riguarda il profilo storico, l'importanza che Anassagora riveste nel pensiero greco e la rivoluzione che egli operò nella cultura attica del V secolo, rivoluzione tuttora viva nella civiltà contemporanea. Un Anassagora ateo, non perché avesse detto di non credere alle divinità - sarebbe stato semplice - ma ateo perché aveva costruito un mondo in cui non vi poteva essere posto per gli Dei, ma v'era posto soltanto per il Nous, al centro di tutto. Un Anassagora, dunque, che si appalesava così il primo grande umanista della storia del pensiero.
Dalla sintesi di forma ed evento - dice Diano - nasce l'Arte, ed egli intende per forma l'èidos, la cosa veduta cioè, che è luminosa per se stessa, "La luminosità non essendo altro se non la visibilità che ne costituisce l'essenza"; ed intende per evento id quod cuique èvenit hic et nunc (ciò che a ciascuno accade qui in questo momento). Spiega Diano che un qualsiasi accadere non basta a farne un evento: perché l'accadimento sia un evento è necessario che io "lo senta come un accadere per me". E soggiunge altrove che l'Arte non è "cosa", bensì è " opera" e cioè "cosa fatta" ed è tale nell'atto in cui viene fatta. Di qui il nome poiesis (poesia) che vale per tutte le arti e non solo per l'arte della parola, e che viene adoperato per designare tanto l'azione del fare arte, quanto l'opera d'arte stessa. Però una tale relazione presuppone un colui che "fa", cioè l'artista che è tale solo nell'atto in cui "fa". Ne consegue che l'arte non può essere separata dal soggetto e dall'operare di costui. L'arte perciò non è forma, ma forma ed evento in uno, "e l'una essendo contemplabile e l'altro potendo essere solo vissuto è insieme contemplata e vissuta".
Questa concezione dell'arte si discosta, e non poco, dall'Estetica crociana per evidenti motivi. Secondo Diano ogni uomo, qualunque cosa faccia, purché vi domini il senso, fa arte che è nello stesso tempo storicità individuale ed universale. Infiniti sono i gradi in cui la sintesi dell'arte può realizzarsi: architettura, scultura, pittura, musica, poesia e via dicendo. L'arte per "eccellenza cosmogonia" è la musica che è specifica del "sacro", mentre l'arte della parola (poesia), "essendo nome e verbo, aggettivo ed avverbio, interiezione e discorso, ed avendo ritmo e suono, plasticità e colore, temporalità e struttura, comprende in sé tutte le categorie".
Abbiamo inteso fornire solo alcuni spunti della ricerca di Diano; essendo il campo molto vasto non sarebbe stato possibile darne testimonianza compiuta in questa sede.



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