Caro Direttore,
ho finito di leggere "Sull'identita` meridionale" e credo sia arrivato il momento
per scriverti quella lettera che avrei voluto spedire ad "Ora Locale" gia` da tanto
tempo: la lettera di un meridionale che vive e lavora in Settentrione, ai suoi amici
che vivono in Meridione, dei quali osserva l'impegno culturale e politico.
Mi trovo nella condizione migliore , in quanto "manager" in una industria elettronica
ad elevatissimo contenuto innovativo, situata nel cuore della Brianza, per ascoltare,
e correre il rischio di assimilare, tutti i luoghi comuni sui limiti intrinseci della cultura meridionale, quanto meno per quel che riguarda la capacita` della nostra
gente di costruire una società economicamente piu` equilibrata.
Leggendo ciò che scrivete - tu, Piero, Franco e tutti gli altri - devo confessare
che ogni tanto ho la sensazione che il discorso manchi di una chiara relazione tra
analisi e dimostrazione di una tesi. Come se - penso - io scrivessi un articolo tecnico
in cui descrivo un metodo di misura molto buono senza dire a cosa serve o che cosa puo`
rivelare.
E' in questi casi che temo di subire l'influenza di cui accennavo sopra.
Ti dico questo perché il punto di vista "nordista" risente profondamente di considerazioni
di questo tipo. Non spiegarsi in proposito può rendere la comunicazione molto difficile.
Ma torniamo al tuo saggio sulla identità meridionale.Vi ho trovato considerazioni molto interessanti.
Nella mia condizione, in una lettura così, si cercano argomenti, chiavi interpretative,
strumenti utili ad immaginare azioni capaci di accelerare lo sviluppo socio-economico
del Meridione. Oltre, naturalmente, al piacere culturale di approfondire con considerazioni innovative il proprio punto di vista su un argomento così complesso.
E` per questo che trovo molto interessante la tua analisi sulla predominanza della
mentalità materna o sulla persistenza della memoria, ma ritengo notevole il discorso
sulla valorizzazione dei valori comuni, specie quando lo fai sfociare verso una enunciazione di Federalismo che mi appare di respiro inusitato.
Ho detto valori comuni, e non valori comuni dei meridionali, perche` la grossa valenza
della tua analisi sta nella sua applicabilita` totale, pur avendo in mente la relazione
col Meridione.
Molto interessante, per quanto semplice, il passaggio tra la valorizzazione dei valori
comuni e la nascita di una solidarietà che - non ricordo se lo dici, ma appare comunque
implicito - diventa tanto forte da far superare quelle paure quotidiane che lasciano gli individui soli con se stessi.
La valenza dei concetti così espressi trascende la localizzazione, dà una indicazione
precisa su come governare gli effetti della globalizzazione nell'interesse di tutti
(qualcuno l'ha chiamata glocalizzazione), facilita la comunicazione tra popolazioni
con tradizioni, culture ed, apparentemente, interessi diversi.
Mi è già capitato di utilizzare questo tipo di considerazioni in ambito di discussione
politica, qui in Lombardia, in un contesto che non faceva riferimento al Meridione.
Comunque, una volta chiariti i concetti, gli interlocutori si sono sempre volentieri
spostati sulla analisi, ad esempio, delle politiche della sinistra per il Meridione
ed hanno riconosciuto come il Federalismo così inteso sia una strada percorribile
che può trasformare i valori comuni della popolazione meridionale in strumento di crescita
per tutta la collettivita` nazionale.
Una strada percorribile, ma lunga e con molte trappole, che richiede una crescita
politica del Paese, per la quale tutti dobbiamo, in qualche modo continuare a lavorare.
Tu dici: "Dalla perdita di identità dei singoli cittadini, dal senso di vuoto lasciato
dalla disgregazione della famiglia, della Chiesa e della comunita` dei vicini, dall'incapacita`
d'identificarsi con precise istanze derivano l'apatia politica, la disaffezione verso la democrazia e la stessa scarsa, e non sufficientemente motivata, partecipazione
alle competizioni elettorali".
Giusto! Ma vedi, Mario, forse c'e` qualcosa che qui e` ovvia e da noi, al Sud, lo
e` un po` meno. Dipende, poi, che uso se ne fa.
Mi riferisco al fatto che, una volta individuati e rafforzati i valori comuni, bisogna
individuare e perseguire obiettivi comuni. Bisogna che questi obiettivi siano chiari
per ciascuno affinché ciascuno sappia ciò che serve lui faccia, e lo faccia, e che
ciò che da lui ci si aspetta sia compatibile con le sue possibilità.
Guai a sottovalutare questo aspetto del problema. Il che non è esattamente nella nostra
tradizione culturale.
Guai a non disporre di una fase del ragionamento in cui si riesca a "scendere" sul
piano della identificazione, appunto, degli obiettivi e sul modo di attuarli.
Mi sbaglierò (il poco tempo disponible mi impedisce di essere un buon lettore), ma
noi siamo un po` carenti su questo piano.
La diffusa attitudine alla imprenditorialità, il desiderio di evitare il lavoro dipendente,
il non considerare il posto fisso un obiettivo, che si possono constatare in molte
aree del Nord Italia, dipendono, sì ed ovviamente , dalla esistenza di opportunita` non rilevabili in Meridione, ma derivano altresì dalla generale, antica educazione
a considerare il lavoro un impegno che deve realizzare, oltre che arricchire, e la
competizione un ambito inevitabile che richiede il continuo miglioramento delle capacita` personali, nonché delle tecniche utilizzate nella gestione delle risorse.
Questo è un valore comune, da sempre gestito come tale, che ha generato una condizione
sociale peculiare, con risvolti sia positivi che negativi. Non vedo perché ciò non
debba accadere anche in Meridione, se si creano le condizioni al contorno, se si
supera la diffidenza verso le istituzioni, se si accetta di approfittare del supporto che
queste gia` danno a qualsiasi iniziativa imprenditoriale.
Questo processo e` in corso, a mio parere. Vi sono gia` piccoli o grandi (Catania)
esempi in cui si dimostra come una interpretazione "meridionale" della imprenditorialita`
puo` portare a grandi risultati. Io penso, che voi - di Ora Locale , di Meridiana etc. - stiate facendo un buon lavoro. Forse guardandolo da qui è anche difficile
apprezzarlo interamente.
Credo che il vostro lavoro serva a rimettere in discussione importanti questioni
mai completamente risolte e che un tale contributo ci aiuti tutti, anche lontano
dal Meridione, a continuare quella bella stagione di confronto intellettuale e politico
che iniziammo insieme...quanti anni fa?
Ciao a tutti,Giulio