di Giacomo Mancini jr
Quando, nel mese di settembre dello scorso anno, decidemmo insieme ad alcuni compagni
di dare vita al Pse-Lista Mancini con l'intenzione di partecipare, insieme agli altri
partiti del centro-sinistra, alle elezioni regionali della Calabria, avevamo ben
chiari due obiettivi: uno di carattere politico, l'altro programmatico. Pensavamo allora,
ma con il susseguirsi degli avvenimenti la convinzione è ancor maggiore, che fossero
maturi anche nel nostro Paese i tempi affinché la sinistra democratica italiana sanasse finalmente l'anomalia con la quale convive dai primi anni Novanta. La tragica
fine delle esperienze di governo comunista, sancita simbolicamente dal crollo del
muro di Berlino nel novembre del 1989, ha facilitato l'affermarsi, in tutte le democrazie
europee, di un grande partito della sinistra riformista di ispirazione socialdemocratica
che negli ultimi anni del secolo ha guidato i governi della quasi totalità degli
stati europei. In Italia la cosiddetta rivoluzione giudiziaria posta in atto da
alcuni uffici delle Procure della Repubblica che, sotto l'impulso di alcuni dirigenti del
partito ex comunista, hanno contribuito alla cancellazione dei dirigenti e del partito
socialista italiano, ha di fatto impedito un compattamento dell'elettorato della
sinistra riformista, vanificando la nascita di una sinistra di stampo europeo. Tale dazio
ancora non è stato pagato dalla sinistra italiana. Allora noi pensavamo ma, ripeto,
è una convinzione che ancora oggi anima il nostro agire politico, che fosse giunto
il momento di impegnare le forze di sinistra nel progetto della costituzione di un grande
partito del socialismo europeo.
Il nostro progetto, certamente ambizioso, in Calabria trovava e trova un terreno fertile,
grazie all'ancora forte radicamento degli ideali e delle tradizioni socialiste che
non giustificano, anche dal punto di vista numerico, smanie ed ambizioni annessionistiche, che pur sono presenti in altre parti del nostro Paese.
Il progetto è di stringente attualità rispetto anche agli scenari che si stanno disegnando
in questi mesi che ci separano dalle elezioni politiche.
La bella manifestazione del Palavobis di Milano con la quale il centro-sinistra ha
designato Francesco Rutelli candidato premier per le elezioni politiche di primavera,
nonostante il grande entusiasmo che si respirava tra le migliaia di militanti provenienti da tutta Italia che hanno sottolineato con applausi scroscianti, battimani ritmati
e sventolio i bandiere dell'Ulivo tutti gli interventi, ha lasciato, infatti, senza
risposta l'importante interrogativo su quale sarà il futuro della sinistra nel nostro
Paese.
Soltanto pochi mesi fa le prospettive politiche, infatti, sembravano assai differenti.
Dopo la sconfitta elettorale delle regionali e le conseguenti dimissioni di Massimo
D'Alema, appariva chiaro agli osservatori che Giuliano Amato non si sarebbe limitato
a guidare un governo di finelegislatura, ma avrebbe puntato a diventare il leader
della coalizione, potendo contare su un passato di primo piano come uomo delle istituzioni,
al quale, giorno per giorno, affiancava l'apprezzamento crescente per la sua opera
di governo.
Con Giuliano Amato, la sinistra italiana, dopo anni di tentennamenti, si sarebbe inserita
a pieno titolo nel solco delle grandi democrazie europee.
Su questa linea sembravano orientati tutti i maggiori esponenti del centro-sinistra
italiano, ad iniziare da Walter Veltroni che sarebbe così riuscito dove D'Alema,
con la Cosa due, aveva fallito.
In piena estate, assistiamo ad un improvviso cambiamento: senza il conforto di un
dibattito tra i partiti, Veltroni ha preferito affidare la guida della coalizione
all'uomo che Vittorio Foa definisce il "portavoce televisivo della maggioranza".
Insomma, un vero passo indietro, evidenziato in maniera fin troppo impietosa a Milano
dove si sono succeduti sul palco uno dopo l'altro il capo del Governo, che ha spiegato
in maniera lucida che essere di sinistra nel terzo millennio significa contemperare la prosperità individuale con la solidarietà collettiva e la voglia di sicurezza
collettiva con i diritti di libertà individuali; ed il nuovo candidato premier che
ha proposto una melassa culturale passando dalla citazione di don Milani a quella
di Franklin Delano Roosvelt.
Con la staffetta Amato-Rutelli sembrerebbe quindi tramontare, per ora, l'idea di dare
vita ad un grande partito del socialismo europeo, cui viene preferito il modello
del partito democratico americano dove le diverse culture dei singoli partiti vengono
annullate e sfumate in un unico grande contenitore.
Quel che è certo è che, al di là del lavoro per la costruzione di nuovi scenari politici,
per vincere la battaglia elettorale il centro-sinistra avrà bisogno di presentare
agli elettori un valido programma di governo tenendo ben lontano divisioni e sterili contrapposizioni.
Ed è su questo che poggia la seconda direttrice politica del Pse-Lista Mancini.
La "più grande rimonta della storia" di cui parla Francesco Rutelli, è senza dubbio
possibile sol che la sinistra capisca che il suo popolo ha bisogno di sentire qualcosa
di diverso rispetto ai contrasti interni ai partiti ed alle lotte di posizione dei
suoi leader.
Non si guadagnano voti discettando sulla convenienza che Veltroni avrebbe a candidarsi
a sindaco di Roma lasciando la guida del partito a D'Alema; non si crea consenso
alambiccandosi su quanti candidati spettano a ciascun petalo della Margherita; non
si smuovono le masse dividendosi sulle candidature nei singoli collegi della Calabria.
Bisogna pensare a qualche cosa di diverso, ad iniziare dalla valorizzazione del buon
governo e della buona amministrazione che il centro-sinistra ha saputo creare negli
enti che ha guidato in questi anni: dal governo centrale al comune di provincia.
Il Pse-Lista Mancini, nelle ultime regionali, ha ottenuto una grande affermazione
di consensi, puntando sulla valorizzazione dei successi amministrativi ottenuti dal
sindaco di Cosenza, che insieme ad un gruppo di validi collaboratori è riuscito a
rivitalizzare dal punto di vista urbanistico, architettonico, culturale e sociale la sua città
portandola ad essere una delle migliori realtà del Mezzogiorno d'Italia.
La destra si sconfigge con un buon programma mettendo in campo le positive esperienze
che il centro-sinistra può vantare nel Paese. E su questa strada incoraggianti passi
avanti sono stati fatti. Sembrano lontani gli attacchi e le mistificazioni personali, così come l'utilizzo di una dissennata politica giudiziaria che ha prodotto, per
la sinistra, soltanto danni.
I temi della giustizia sono, poi, emblematici per evidenziare le gravi carenze della
sua linea politica.
Dalla sua discesa in campo ad oggi, Berlusconi ha cambiato nettamente posizione a
seconda dello stato dei procedimenti pendenti nei suoi confronti: oggi che è uscito
pressocché indenne dai tanti processi a suo carico, sembra che la giustizia italiana
abbia risolto tutti i suoi problemi: la tutela delle garanzie, il giusto processo, la separazione
delle carriere, la situazione nelle carceri non sono più presenti nel programma del
Polo; ma, invece, sono proprio questi temi, ora abbandonati, che hanno conquistato una grossa fetta di elettorato socialista nei terribili anni di rivoluzione giudiziaria.
Ed è per questo che la sinistra deve riappropriarsi delle battaglie garantiste.
Così come la sinistra non può non pensare ad un'attenta riforma dello Stato, in modo
da presentarsi come forza di cambiamento e non come garanzia del mantenimento di
ingiusti privilegi.
Più volte il Pse-Lista Mancini è intervenuto sullo scandalo rappresentato dalle comunità
montane.
In Calabria, una regione con ottocento chilometri di costa, ci sono la bellezza di
venticinque comunità montane (undici nella sola provincia di Cosenza), ognuna delle
quali ingrassa un discreto stuolo appartenente al sottobosco della politica che incassa
consistenti indennità senza, però, offrire alcun servizio utile al territorio ed alla
collettività.
Il mantenimento di questi enti rappresenta uno sperpero di denaro pubblico ed ingrassa
uno stuolo di burocrati che infoltiscono le fila dei partiti, impedendo la crescita
di quei militanti appartenenti al mondo delle professioni, del lavoro e della cultura che sono relegati sempre più ai margini della vita politica.
Saranno queste le linee programmatiche che il Pse-Lista Mancini intende sommare alle
altre sollecitazioni provenienti dagli altri partiti del centro-sinistra in vista
delle prossime elezioni, con la convinzione che si possa ancora vincerle.