Intervista ad Aurelio Misiti
- Assessore regionale ai Lavori pubblici -
A cura di Michelangelo Cimino
Per il dibattito che Ora Locale apre, a partire da questo numero, sui problemi del
territorio ci è sembrato doveroso iniziare con un'intervista all'attuale assessore
regionale ai Lavori Pubblici. Si forniscono così ai lettori e a coloro che si propongono di intervenire, elementi di discussione e dati sugli orientamenti che la Giunta Regionale
intende seguire in questa legislatura. Ora Locale ritiene che un programma per
il riassetto idro-geologico e per la cura del territorio sia di fondamentale importanza per lo sviluppo della regione e che esso, quindi, vada adeguatamente pensato e
discusso.
Prof. Misiti è sin troppo scontato affermare che nel Mezzogiorno, e particolarmente
in Calabria, dalle alluvioni del '51 e dell'ottobre '53, per fermarci agli ultimi
cinquant'anni, il dissesto idrogeologico del territorio è un'emergenza mai veramente
affrontata. Lei all'atto della nomina ad assessore ai Lavori pubblici, dell'attuale giunta
regionale di centro-destra, ha annunciato il varo di un vasto programma di risanamento
e di risistemazione del territorio. Vuole descriverne in sintesi i contenuti?
Intanto vorrei precisare che in Calabria non vi è alcun dissesto idrogeologico: vi
è invece una situazione geologica in evoluzione. Il che è diverso: perché è un fatto
assolutamente naturale. Quindi non dobbiamo demonizzare la Calabria, perché si troverebbe in condizioni particolari rispetto ad altri territori del Paese. La situazione è
in evoluzione ed è certamente determinata dall'uomo che plasma il territorio a
suo piacere e a sua immagine.
E magari contribuisce ad aggravarla costruendo abusivamente
Questa è una solita scusa per evitare di intervenire in modo serio. Io ho detto spesso
che il fenomeno dell'abusivismo è qualcosa di molto grave, che va evitato, diciamo.
Purtroppo però le più grandi storture sono state realizzate "con tanto" di licenza
edilizia. Quindi il pericolo non viene dall'abusivismo: è una sciocchezza. L'abusivismo
collabora, come collaborano i Comuni. Anzi, come hanno collaborato in passato: per
il fatto che non avevano piani regolatori, o li avevano fasulli, non avevano una
cultura del territorio, non avevano la capacità di dire no a chi chiedeva licenze imposte
dagli altri.
D'accordo, esistono una serie di corresponsabilità
Quindi, non è questo il fattore fondamentale. Si dice: i guasti li hanno fatti gli
abusivi, noi non c'entriamo. No, c'entriamo tutti. Gli abusivi sono più intelligenti
del personale degli uffici tecnici; non si fanno la casa sul greto del fiume, ma
sulla collinetta; a un piano e molto stabile. Evitano anche i rischio terremoto. A Soverato
l'errore di costruire un camping con strutture fisse nel letto del fiume non è stato
fatto dagli abusivi, ma da uomini che governavano trentacinque anni fa quel Comune.
E da uomini del ministero delle Finanze. Posso assicurare che l'unica struttura che
si è opposta è stato il Genio civile di Catanzaro. Fino a che un grande professore
non ha fatto una certa relazione a Cosenza: sostenendo che se dal punto di vista
idraulico tutto funzionava era possibile dare il permesso di lavorare, ma non la licenza edilizia.
Perché in quel punto si potevano installare strutture amovibili (roulotte, ndr),
così in caso di forte pioggia si sarebbe potuto evacuare il camping con facilità;
ma non costruire strutture fisse, che hanno ostacolato il deflusso delle acque.
Le strutture mobili si possono installare, perché la vita degli italiani è vicino
ai fiumi e al mare, non ci sono dubbi. A Roma, sulle banchine del Tevere, che è il
più grande torrente del Centro-Sud infatti è un fiume in evoluzione ed ha una differenza
di portata minima e massima di oltre 30/40 volte si svolgono manifestazioni a cui
partecipano decine di migliaia di persone. Se durante Tevere Expò non vi fossero
controlli e piovesse nell'Alta Val Tevere, a Roma potrebbe arrivare un'onda di piena,
che trascinerebbe a mare decine e decine di persone.
E' ciò che è accaduto a Soverato, con la differenza che a Roma c'è tutto il tempo
per avvertire del pericolo e le strutture sono amovibili; mentre a Soverato è mancato
il tempo e le strutture del camping erano fisse. E allora il problema non è se bisogna
vietare le attività vicino ai fiumi; quelle non si possono vietare. Perché è la vita.
Il problema è di non costruire strutture che impediscano al fiume di impadronirsi
del proprio territorio nel momento in cui si ingrossa.
Il concetto è chiarissimo: sì alle attività nel greto dei fiumi, a patto che non vengano
erette strutture fisse.
Non a tutti, però. Perché appena provi ad accennare qualcosa del genere, a partire
dai ministri, inizia il solito coro contro l'abusivismo dei calabresi ecc.ecc.
Per chiudere la parentesi dedicata alla tragedia di Soverato, vorremmo tornare al
discorso delle responsabilità. Lei sostiene: gettare tutte le colpe su coloro che
costruiscono abusivamente significa far finta di non vedere che esistono delle responsabilità collettive. E fin qui Ma non crede che asserire che siamo tutti responsabili può
essere un modo per evitare di individuare i veri responsabili? Di fronte ad una tragedia
del genere gli esami di coscienza collettivi forse non bastano
Se c'è stata una persona che ha dato il permesso di costruire nel greto del fiume,
ebbene quella va individuata. Anche se ha una certa età. E se l'attuale amministrazione
di Soverato ha delle responsabilità se ce l'ha che si indaghi e si accertino.
Si capisca perché in presenza di quelle strutture essa non ha provveduto a fare qualcosa.
La Regione Calabria, nel 1985, sulla base di una delibera ha fatto un decreto di
demolizione. Il Tar l'ha bocciato. E sa perché? Perché l'Intendenza di finanza, che
incassava dei soldi, si è opposta. E' chiaro? La bocciatura è avvenuta per un cavillo:
perché il decreto di demolizione non è stato notificato all'attuale proprietario,
Vitale, ma al proprietario che allora risultava al catasto e che l'anno prima aveva
venduto. Senza pensare che un cavillo di questo genere poteva benissimo essere superato cambiando
l'ordinanza. E' evidente che una situazione di questo genere porterà la magistratura
ad individuare un solo responsabile. Perché uno ce n'è. Vorrei aggiungere brevemente che dopo la tragedia di Soverato, il tentativo di demonizzare e criminalizzare
la Regione Calabria non è passato. Tanto è vero che si è tentato di commissariarla.
Ma siamo matti? Noi abbiamo vinto una battaglia culturale e abbiamo impedito questa
nefandezza. La Calabria è una Regione all'avanguardia per lavori e studi sui torrenti
e ha attuato la legge Sarno alla stessa maniera della Liguria, del Piemonte e della
Lombardia.
Veniamo ora al programma
Ieri (14 novembre, ndr) abbiamo completato e approvato il Piano di ricostruzione (post-alluvione,
ndr). Avevamo a disposizione 60 giorni; ne abbiamo impiegato 56. Domani, la Protezione
civile prenderà atto della esistenza del Piano ed esso sarà operativo. Aggiungo che è stato approvato all'unanimità: dalle cinque province (4 di centro-sinistra
e una di centro-destra), dall'autorità di bacino, cui partecipano anche le strutture
decentrate, e dalla Giunta regionale. I finanziamenti dovrebbero ammontare a 1.400 miliardi: di cui 400 miliardi e, sembra, altri 600, assegnati dallo Stato, più i
400 della Regione Calabria. Di fronte ad esigenze di 3.000 miliardi abbiamo messo
a punto un piano di 1.400 miliardi di cui spenderemo sicuramente buoni due terzi.
L'ordinanza prevede la fine dei lavori in un anno, un anno e due mesi. I tempi come vede
sono strettissimi. Gli enti attuatori il Genio civile della Regione, che è il principale,
province, comuni, comunità montane useranno metodi molto semplificati e sbrigativi per attuare in trasparenza progettazione e realizzazione.
Quali sono le opere previste dal Piano?
Ricostruzione di strade danneggiate dall'alluvione, soprattutto provinciali e comunali;
ricostruzione di acquedotti, fognature, impianti di depurazione, di strutture pubbliche
danneggiate (di scuole, ad esempio). Un secondo punto previsto nell'ordinanza per spendere i 400 miliardi e poi gli altri 600 riguarda la pulizia e gli interventi
di manutenzione straordinaria di tutti i torrenti. Costo: 120-130 miliardi. Terzo:
messa in sicurezza dei comuni montani.
Una politica per il territorio, che non rincorra le emergenze, e dunque non preveda
soltanto le cosiddette "spese difensive", dovrebbe essere prima di tutto una politica
per la riqualificazione dell'ambiente e una occasione di occupazione. Da tempo Piero
Bevilacqua, Ugo Leone e Augusto Placanica, insistono sulla necessità di avviare un
programma di sistemazione dell'Appennino, sulle cui pendici sorgono appunto molti
paesi della Calabria. Per quale motivo le regioni meridionali non riescono a mettere
in atto uno sforzo che avrebbe non poche ricadute positive sulle loro economie?
Io non so cosa vogliano dire questi personaggi, perché non conosco nei particolari
quello che hanno proposto. Credo, però, che all'Appennino meridionale ci deve pensare
il padreterno.
Scusi?
Nel senso che gli Appennini sono destinati a scomparire, come sono scomparsi tutti
i monti dell'Africa.
Intanto, però, qualcosa bisognerà pur fare, visto che ormai sono spopolati e i piccoli
lavori di manutenzione che una volta venivano fatti dagli abitanti non li fa più
nessuno. Pensiamo, ancora, al rimboschimento..
E che facciamo, deportiamo la gente? Questa mi sembra una stupidaggine. Deve sapere
che la Calabria è la regione che ha l'intensità di boschi maggiore in Italia e in
Europa. Escluse Finlandia e Norvegia. Non ha niente da invidiare a nessuno. E per
rendersene conto bisogna farsi un'affacciata sulla Sila, sull'Aspromonte, sul Pollino. La
Calabria ha i tre parchi più importanti del Mezzogiorno. Il rimboschimento c'è ed
è forte: nel senso che l'Appennino calabrese non ha bisogno di granché.
E gli incendi che periodicamente si verificano e intaccano il patrimonio boschivo?
Questa è un'altra fanfaronata. Quest'anno ce ne sono stati molti, ma la superficie
attaccata si è ridotta. Siamo nella norma.
Insomma, lei non vede nessuna emergenza. Il territorio calabrese non è a rischio
No, assolutamente. Va gestito in modo ordinario. Per questo non voglio ordinanze di
protezione civile. Debbono esserci finanziamenti veri: dello Stato e della Regione.
Anzi se ci lasciassero soli sarebbe meglio.
A Soverato non sarebbe successo nulla se non ci fosse stato un reato. Lì, tutti gli
anni cadono a settembre 200 millimetri di pioggia. Gli altri anni entrava l'acqua
nei bungalow e non succedeva nulla; quest'anno si è dato il caso che c'erano quelli.
Se l'inondazione ci fosse stata il giorno dopo (giorno in cui era prevista la partenza
degli ospiti del campeggio, ndr) non sarebbe successo nulla. E non si sarebbe parlato
dell'alluvione in Calabria. Capito il concetto? La Calabria è una regione normale,
anche dal punto di vista geologico. Quella frase di Giustino Fortunato, che la definì
uno "sfasciume pendulo", è una frase antiscientifica, pronunciata da un ignorante.
Sarà pure come dice lei, però ammetterà che parlare di emergenze da un punto di vista
ambientale e paesaggistico, aggravate da un cementificazione spesso superiore al
necessario, non è una ubbia.
Non diciamo fesserie. La nostra industria è il territorio
Appunto
Noi salvaguardiamo il territorio non facendolo rimanere com'è perché adesso da un
punto di vista paesaggistico è brutto. Noi dobbiamo intervenire per abbattere ciò
che non va bene e costruire nuove infrastrutture che ci servono.
Quindi: decementificazione
Ma lasciamo perdere il cemento, che ha salvato la vita a tutti. Questa è pseudocultura.
Il cemento va usato con parsimonia, ma va usato. Se non avessimo avuto il cemento
non avremmo più un albero. L'edificio in cui noi ci troviamo sarebbe stato fatto
in legno. Il cemento ci ha portato alla sala Nervi, ai palazzetti dello sport
E probabilmente ci porterà anche al ponte sullo Stretto.
Quelli che si oppongono al ponte sono nemici dello sviluppo. Questo è il punto. L'uomo
deve sviluppare il territorio, ma lo deve fare a suo piacimento, secondo la sua cultura;
non secondo una imposizione di chi vuole tornare indietro o di chi vuole calpestare quella cultura.
Beh, diciamo che vi può essere un confronto fra culture diverse.
Certo. Ma non deve essere un confronto tra una cultura e una pseudocultura. Perché
quando la scusa per non fare il ponte è il rischio dei terremoti, la cosa mi fa ridere.
E perché mai?
Lei è un giornalista e giustamente deve chiedere il perché. Ma lo viene a chiedere
a me e non a Ermete Realacci, perché Realacci è uno come lei, che giustamente ignora
la questione del terremoto. Io le dico che i pericoli causati dal terremoto che loro
(Legambiente, ndr) paventano, derivano dal fatto che hanno un architetto che non capisce
niente. Non ha studiato il terremoto.
Il terremoto, che questi signori ignorano cosa sia, è un movimento sussultorio e ondulatorio
che ha una durata inferiore al secondo Può essere pericoloso per i ponti rigidi,
non per quelli che oscillano: il ponte di San Francisco ha retto a tutti i terremoti. Perché il ponte ha un periodo di oscillazione o frequenza completamente diverso.
Il terremoto dura un secondo, mentre il ponte oscilla per diciassette o diciotto.
E non lo sente minimamente.
Allora, qui ci troviamo di fronte, da una parte alla conoscenza e dall'altra all'ideologia
che tenta di sostituirsi alla conoscenza.