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Una nuova stagione, una scommessa nuova
dal documento per la V Assemblea Generale di Pedalando Volare
Io speriamo che me la cavo
Sornione Gianfranco Fini ripete dalla TV che non ci saranno riforme elettorali, che
al Polo va bene così che tanto hanno già vinto.
Inquietante il faccione del "cavaliere di Arcore", ci guarda da tutti i muri d'Italia
come il "Grande Fratello" che da metafora di un potere onnipresente è diventato il
titolo di una trasmissione per guardoni. Assurdi il sig. Bossi e il cardinale Biffi,
ma anche Don Baget Bozzo, ci mettono in guardia contro gli infedeli, dichiarandosi pronti
a scatenare una guerra santa da burla mentre una guerra santa vera si sta combattendo
a pochi passi da noi, nel middle east. Corano contro Talmud, pietre contro carri
armati.
Ci piovono addosso i dictat della mondializzazione, le angosce delle biotecnologie
e dei cloni. Ci dibattiamo o sguazziamo, non sempre a nostro agio, nella rete delle
reti. Adesso anche col telefonino.
Nel frattempo sull'Europa dell'euro debole, sull'Italia di margherite nascenti e degli
ex sindacalisti che vorrebbero schierarsi a destra o forse anche a sinistra, sulla
Calabria col governo di destra bis, sulla Soverato di Pedalando Volare, su tutto,
si abbatte la furia degli elementi con sfracelli e diluvi. Pagano i deboli e gli incolpevoli
e sul fango in tanti provano a galleggiare o a guadagnare qualche secondo di apparizione
in TV, qualche voto.
Io speriamo che me la cavo!
Verrebbe da dire parafrasando un famoso libretto di qualche anno fa.
Oppure: io me ne frego! Parafrasando uno slogan fascista.
Ma possiamo fare di più.
Possiamo capire quello che sta veramente accadendo.
Possiamo tentare di dare un senso ed un valore al nostro essere cittadini e non solo
consumatori/elettori e quindi voler essere protagonisti del futuro della comunità
in cui viviamo.
Possiamo contribuire ad elaborare progetti e programmi per migliorare e cambiare la
stessa comunità, per risolvere i problemi.
Possiamo lottare per far prevalere i progetti e i valori che condividiamo.
Possiamo assumere la responsabilità di dare o ricevere un mandato per realizzare un
progetto, per amministrare, per governare.
Possiamo assolvere ad un mandato o togliere un mandato quando è necessario.
In poche parole possiamo fare politica.
Perché politica è solo questo e nient'altro.
Non accordi di potere, non carriera, non cura di interessi nostri o dei nostri amici,
non mezzo per vendette, non tangenti, non teatrino televisivo, non poltrone.
E' quello che dice il Manifesto di Pedalando Volare, il nostro statuto.
Noi
Siamo nati, come movimento politico, è bene che ce lo ricordiamo, stretti tra Scilla
e Cariddi. Da una parte il fango di Tangentopoli, una intera classe politica sommersa
dalla corruzione, dalle mafie, dallo spreco e dall'inefficienza. Dall'altra il crollo del muro di Berlino, sacrosanto ed invocato da tutti i progressisti per decenni,
ma vissuto come crollo di miti, di utopie, di valori, di storia, come annichilimento
della volontà e della possibilità di cambiare lo stato di cose presente.
Siamo nati avendo nel cuore e nel cervello la passione politica e la voglia di lottare
dei comunisti e lo spirito di servizio dei cristiani ma ereditando anche la sapienza
femminista, la visione della natura degli ambientalisti e la gioia rivoluzionaria
del sessantotto.
Un patrimonio enorme di saperi che da qualche decennio non interessa quasi più nessuno,
un patrimonio spesso deriso e sbeffeggiato dalle stars della politica-spettacolo
con abiti griffati, cerone spray e sorriso a quarantadue denti.
Siamo nati nel Sud. Nella Calabria delle fiumare, violente e improvvise come le passioni
del cuore. Nel cuore della Magna Grecia dove nacquero le città e dalle città la politica
come scienza del governo della città. Una terra che dà accoglienza ad esuli Curdi e turisti tedeschi ma non riesce a proteggere i propri abitanti dalla furia delle
acque. Una terra tanto ricca che può permettersi il lusso di mandare fuori a studiare
centinaia di migliaia di giovani nelle università del Centro e del Nord Italia e
tanto povera che una volta che questi suoi giovani sono laureati li lascia fuori perché
tanto non c'è lavoro. (Piccolo compito: se uno studente universitario calabrese,
mettiamo a Firenze o a Bologna, costa 800.000 lire al mese quante università potremmo
costruire nella regione con quanto spendiamo in dieci anni per gli oltre centomila studenti
che mandiamo a studiare fuori regione?).
Una terra dove si parla a vanvera di autostrade elettroniche e si tace sulla 106,
dove si progettano ponti avveniristici e si realizzano steccati insuperabili. Dove
dopo un fallimento dichiarato della destra alla provincia e alla regione rivince
la destra alla provincia e alla regione per mancanza di alternative credibili.
Siamo nati come movimento ponendoci due obiettivi precisi: amministrare la città e
promuovere valori e motodi di una politica nuova.
Da qualche tempo, in certi ambienti, qualcuno dice pure che i movimenti non sono più
necessari, che i tempi sono cambiati, che se ne può fare tranquillamente a meno.
Poi si ritorna a vecchie pratiche. Poi trionfano i veti incrociati, Poi i cittadini
ricominciano a scappare via dalla politica.
Forse c'è ancora bisogno di movimenti che promuovano dibattito e partecipazione, che
producano sperimentazione politica, che amministrino gli enti locali con sufficiente
autonomia e attenzione ai problemi concreti, che riescano a coinvolgere i partiti
che condividono valori fondamentali in un progetto comune capace di vincere sulle forze
della conservazione.
C'è bisogno di movimenti e di metodi innovativi ma anche di un ricambio continuo di
energie umane nelle istituzioni per far sì che la pratica amministrativa e di governo
non annichilisca la progettualità, il programma, l'utopia.
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