Carissimo Alberto,
Ai vecchi compagni... con antico
affetto
Questa dedica, questa dedica cosi'
trasparente del tuo recente La sinistra alla prova. Considerazioni sul
ventennio 1976-1996 (Torino, Einaudi, 1996, pp. 266) meriterebbe chissˆ
quanti, chissa' quali puntuali riscontri, subito, dall'interno dei tuoi
intriganti ragionamenti. Subito, proprio alla maniera del vecchio Zavattini,
di cui ti dicevo l'altro giorno in Consiglio di Facolta'... Ma ecco il
"dunque".
Non so se ricordi, piu' di un quarto
di secolo fa, a Catanzaro, Piero Bevilacqua aveva organizzato un incontro
con te, nella villa di Bruno Sirianni, a Staletti', sul mare. Io venni
a stringerti la mano, e ad ascoltarvi per un po'; ma dovetti andare via
presto dalla riunione per un qualche motivo che non rammento. Tuttavia
vi lasciai senza un vero disappunto. Per l'esattezza anzi, andandomene,
riconquistavo una mia presunta libertˆ: troppo preso, come ero, dal sogno
di una cosa dentro il Pci; e tutto rivolto alla conquista delle mie tecniche
storiografiche, a partire dal Labriola pedagogicamente antipedagogico di
Giovanni Mastroianni, per arrivare al Gramsci dello specialista politico
che tu allora trattavi diversamente, o sbaglio? Era davvero un'altra epoca!
E per capire sul serio i perche' e i percome di ciascuno, come dici giustamente,
occorre considerare i contesti, pur sapendo delle complessita' e delle difficolta',
e quindi dei limiti e dei rischi, dell'impresa. In questo senso, le poche
cose che riuscir˜ a comunicarti nello scarso spazio a mia disposizione,
non sono altro che il frutto di alcune immediate reazioni: reazione, che
so io, al piacere di aver letto un capitolo come il dodicesimo del tuo
libro, "Un paese dalle mille citta'", nell'ottica di un catanzarese non
inerte e di rileggere quindi le tue parole federalistiche "altre" ripubblicate
su Ora Locale di marzo-aprile u.s. (accanto a quelle di Antonio Bassolino,
un sindaco da te molto apprezzato); reazione, ancora, all'oggettiva possibilitˆ
di collegamento tra le indicazioni di metodo che da La sinistra alla
prova provengono (l'autobiografia tra descrizione narrazione e interpretazione;
i meccanismi quasi sperimentali del racconto; la storicizzazione
del vissuto, tra ricerca della veritˆ effettuale ed esercizio della virtu' ecc.), ed i contenuti del mio corso universitario di quest'anno in tema per l'appunto di Autobiografia, tra storiografia ed educazione: dimensioni individuali, stili collettivi, progettualita' etico-politiche (leggo Makarenko e Bachtin); reazione, infine, alla certezza (una problematica certezza) dell'aver ritrovato nelle tue pagine
un concetto "forte" della prospettiva, tra condizioni tattiche effettive
e disegno strategico possibile. La prospettiva al lavoro.
In tale ottica, io comincerei col
valorizzare alcuni dettagli delle tue Considerazioni (sarai d'accordo?
ma Gott ist im Detail e, nel dettaglio, Iddio non puo' non occuparsi, tra
l'altro, di pedagogia). E darei peso al fatto che, a piu' riprese, tu sfiori
l'argomento dei mezzi e dei fini nella chiave del procedurale, tra
matrice biologica e matrice culturale, antropologica, dell'esperienza (alla
Dewey, ma gramscianamente pensando); ed arrivi quindi a toccare questioni
relative si' alla politica, pero' in quanto essa e' nell'intrinseco un'etica-laboratorio,
sostanziata di processi formativi aperti e di formazioni ideologiche nuove;
di metodi, metodologie, mentalitˆ individuali e sociali, costruzioni del
consenso e recensioni del dissenso; e dunque di scuola, educazione, comunicazione
di massa, funzioni pedagogiche di vario tipo. Operativitaa' prospettiche,
in primis. Ecco perche' io ho letto La sinistra alla prova,
posando gli occhi specialmente su certi passaggi critici ed autocritici,
che sottolinerei fin nei loro principi ispiratori: a cominciare da quell'entusiasmo
della direzione e da quella passione della condivisione che esige la politica,
la quale non e' solo pensiero, idee, intenzioni, volonta'; e' scelte, decisioni,
iniziative, persuasioni, mediazioni: in una parola, una pratica [p. XI].
Cioe', variamente, un'educazione. Tuttavia e' la categoria mentale
e d'azione della prospettiva (il progetto, il disegno, la programmazione
e i programmi, il piano generale e i propositi individuali), cio' che piu'
conta. Ed io la ritrovo, nel tuo libro, a diversi livelli: nelle ragionevoli
previsioni sulle potenzialita' in atto della sinistra; nella capacita' di
questa di avvincere e convincere i propri adepti e gli avversari, quelli
politici e quelli ideali e culturali; nel misurarsi sui problemi della
quantita', e nel saper valutare i termini del gran tema (il piu' grande
di tutti, tu sostieni) della qualitˆa'della vita; nel riuscire ad
individuare per tempio, nell'agire e - prima - nel pensiero, i segni di
stasi (morale, sociale, organizzativa, immaginativa ecc.), e nel costruire
le soluzioni d'impasse che piu' servono; nel raccogliere proficuamente,
su una linea unitaria, tutti quegli elementi utili a tradurre in positivo
le stesse divisioni odierne della sinistra tricipite.
Insomma, Alberto carissimo, mi
piacerebbe saperti nuovamente, nel prossimo futuro in Calabria: a discorrere
con noi, magari del libro, delle pagine 214-15, 226, 237, 254-55, 262,
dove in effetti compare anche la parole prospettiva... A dispetto delle
sterili utopie, adoperando la bussola, cercando di guadagnare altri terreni
ma schivando le genericita', riformulando le nostre teorie e sperimentando,
sperimentando il milieu del processo ancora in espansione [p. 252],
potresti incominciare a parlarci, come prometti, della nostalgia del tempo
perduto. Lo faresti? Makarenko, se fosse vivo, s'intrometterebbe... E Gramsci,
certo, non se ne starebbe zitto. Non ti pare?
Affettuosamente, il tuo Nicola Siciliani
de Cumis