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I bambini e il razzismo

Intervista a Paola Tabet

a cura di Gilda De Caro


L'antropologa Paola Tabet, docente presso l'Universita' della Calabria, ha usato la locuzione 'La pelle giusta' come titolo del libro, pubblicato recentemente da Einaudi nella collana "Gli Struzzi", in cui sono raccolti gli esiti di una ricerca condotta per piu' di sette anni sulla formazione del pensiero razzista.
A partire da un seminario di etnologia, tenuto presso la Facolta' di Magistero di Siena nel 1989-'90, la ricerca si e' sviluppata a poco a poco, coinvolgendo centinaia di insegnanti in quasi tutte le regioni d'Italia.
Ad alunni di scuola elementare e di scuola media, in una fascia d'eta' tra sei e tredici anni, sono stati dati alcuni temi in classe come "Se i miei genitori fossero neri", "Se io fossi un indiano", "Una giornata in Africa", ed altri di controllo quali: "Se i miei genitori fossero americani", o "Se i miei genitori fossero neri e ricchi", o ancora "Arrivano gli extraterrestri sulla terra. Immagina come descriverebbero i neri (o descriverebbero i bianchi)".


D:
A leggere il tuo libro La pelle giusta, sembra che di fronte all'allucinazione della razza, l'educazione sia impotente: e' piu' influente la televisione. Come voce dell'opinione comune la scuola finisce con il rivestire una funzione residuale?

R:
Da un lato si'. Residuale, se si considera la potenza dell'immagine; di fronte alla pressione quotidiana fortissima della televisione espressa in continue immagini di violenza, emarginazione, criminalita', fame guerre. Si direbbe quasi che non c'e' scuola che tenga. Le parole comunicano, le immagini impressionano, i bambini vedono fatti di questo genere e li percepiscono come la sola e intera realta', e il discorso del maestro rimane un discorso. Ma se ha chiarezza, se ha decisione, il maestro ha un grande potere, perche' ha ovviamente il contatto diretto con i bambini, lo scambio di pensieri e emozioni. Ad esempio durante la guerra del Golfo, i telegiornali parlavano in prima persona plurale - Noi e Gli irakeni - la gente cioe' era spinta ad immedesimarsi con gli americani, la partecipazione emotiva sollecitata portava a vedere gli irakeni come nemici, persone da uccidere. Ricordo bene i discorsi per strada o nei bar: "Ora gliela facciamo vedere noi a quelli! Saddam lo facciamo fuori, e' spacciato". Teresa Ruju, una maestra che e' stata di grande aiuto e stimolo nella mia ricerca, sentiva insopportabile una campagna cosi' intollerante e mistificante. Ha trovato su "il manifesto" una foto di una bambina irakena, splendida, sorridente, espressiva, carica di vita; ha ingrandito la foto e l'ha posta in classe, di fronte ai bambini, ai quali ha detto: "Guardate ora questa foto, guardate questa bambina, potete dire che e' vostra nemica?" Ha posto ai bambini il problema di comunicare e conoscere quella bambina. Ha fatto compiere ai bambini un salto cognitivo-emotivo insieme. E' passata con questo intervento oltre la comunicazione superficiale, mediatica, che destava solo paura degli altri e voglia di violenza su di loro. E i bambini hanno capito delle cose.

D:
La scuola "ufficiale" puo' essere quella che accredita il razzismo, mentre quella cosiddetta "militante" puo' diventare il deterrente contro?

R:
La scuola puo' fare molte cose, e' un sistema dotato di risorse (anche se ne servirebbero di piu'), di mezzi, di strumenti. E' un sistema diffuso in tutto il paese, percio' e' tanto quello che pu˜ fare. Certo e' necessaria una grande carica di immaginazione, di passione, di volonta', ma un insegnante vivo, che metta in gioco passione e fantasia e che al tempo stesso abbia una conoscenza di cosa e' e come si manifesta il razzismo, puo' raggiungere i bambini nel profondo.

D:
Dunque, i programmi "ministeriali" non favoriscono la demolizione del razzismo?

R:
Veramente non ho la competenza per poterlo affermare. Posso parlare di cio' che vedo dai ragazzi che arrivano all'Universita' e vedo che generalmente non e' stato fatto con loro nella scuola nessun lavoro sul razzismo. Mi trovo di fronte alla ripetizione di luoghi comuni sulle "razze" come dato considerato ovvio, dunque alla assenza di problematizzazione di concetti come la "razza". E questo e' indicativo e gia' assai grave. Mi trovo di fronte alla mancanza dell'informazione di base ad esempio su fatti della storia italiana che non possono continuare ad essere ignorati e rimossi, come la storia del colonialismo italiano con i suoi massacri e le sue violenze fino alla legislazione razziale fascista.

D:
Le iniziative multiculturali, sostenute anche da alcune O.N.G. che producono progetti nelle scuole, avviati in molte citta', in collaborazione anche con alcuni C.I.D.I., sono poco influenti sulla presa di coscienza degli alunni?

R:
Sarebbe superficiale da parte mia giudicarle. Le iniziative sono tante e diverse e per giunta non me ne sono mai occupata direttamente. Ma per cose sentite, casi che mi sono stati raccontati, ho avuto l'impressione che spesso non si faccia un lavoro in profondita'. Certo, bisogna tener conto del fatto che anche il semplice incontro con persone e culture diverse non pu˜ che essere positivo essendoci in Italia un razzismo per cosi' dire brado, proprio di assoluta non conoscenza. Ma c'e' un altro risvolto, e cioe' che l'informazione che viene data e' in molti casi del tutto insufficiente, per mettere in discussione l'idea base della radicale diversita' degli altri e che quando le informazioni sono solo o prevalentemente di tipo folkloristico non si fornisce neppure una corretta informazione sugli altri popoli e si rischia di ripresentare stereotipi ("amichevoli", persino entusiasti, ma stereotipi). Occorre credo cambiare l'approccio piu' abituale delle diversita' "razziali", con razza e cultura costantemente amalgamati. Sostituire l'idea "ma la diversita' e' preziosa" all'idea della diversita' come inferiorita' e' un palliativo che non cambia radicalmente il quadro. Insomma secondo me il primo punto di una educazione antirazzista e' frantumare l'idea della razza, della differenza della razza, e poi lavorare sulla percezione razzista stereotipa che ci siamo costruiti degli altri.

D:
Cosa avviene nell'Universita'? Poca scientificita' dell'insegnamento nelle scuole superiori chiama in causa l'insegnamento universitario. Maria Corda Costa in un articolo di qualche tempo fa denunciava come la ricerca nell'Universita' fosse fasulla, proprio perche' gia' precostituita, legata alle cattedre piuttosto che al desiderio di scoperta, mentre il tuo libro mi sembra animato dal desiderio di capire un fenomeno, quindi fare ricerca per produrre conoscenza.

R:
Certo se l'Universita' forma cattivi insegnanti, i cattivi insegnanti a loro volta diffondono cattivo sapere. Ma penso che per intervenire bisogna un po' sapere dove si e', quale e' realmente l'insieme delle idee sociali su cui si vuole agire e da cui partiamo. E la mia ricerca, o meglio questo libro che ne e' il primo risultato, cerca di fare il punto sulla situazione, sulla pervasivita' dell'ideologia razzista, che certo ha forme varie. Centro della ricerca sono i bambini in quanto rispecchiano e rielaborano quanto viene, consapevolmente e non, insegnato dagli adulti. E' anche un libro polemico cioe', e che spero faccia discutere, apra un dibattito...

D:
Mi viene in mente un Pensiero di Pascal: "L'ingegno e il sentimento si educano per mezzo delle conversazioni. Cosi' le buone o le cattive li formano o li rovinano. Occorre una revisione generale di tutto il sistema formativo?

R:
Credo proprio di si' visto anche che il linguaggio stesso che usiamo e' intriso di razzismo, lo incorpora insomma anche al di la' del nostro rendercene conto.

D:
Cosa pensano della poverta' i bambini? Dal valore che danno "alle cose", mi pare venga di nuovo messa in discussione la scientificita' dell'insegnamento?

R:
Questo e' un elemento molto importante, sembra quasi che l'identita' del gruppo dei "noi" sia costruita interamente sulle spalle degli "altri". C'e' spesso una specie di esaltazione dell'avere, anche dell'usa e getta, e si finisce a tratti con il creare quasi una identificazione tra persone e cose che genera boria e arroganza. Il senso della ricchezza come superiorita' totale si trova molto forte in tantissimi testi, quale che sia il titolo di tema dato, da quelli sulla vita in Africa a quelli sugli extraterrestri. In questi ultimi il bambino puo' fare parlare un altro, addirittura un extraterrestre, e cosi' non e' costretto apparentemente ad assumere la responsabilita' diretta di chi parla in prima persona, emotivamente puo' meglio prendere le distanze. Ne vengono cosi' fuori temi a volte agghiaccianti perchŽ allora una parte dei bambini di sente legittimata a esprimere, per bocca dei marziani, fredda indifferenza e disprezzo per gli altri. Cos“ un bambino di Ferrara di quarta elementare fa dire ai marziani: "Vedendo loro, neri, sporchi, selvaggi com'erano ci mettemmo a ridere disgustati". E nello stesso tema sempre secondo gli extraterrestri i bianchi "erano molto moderni davvero". Un altro ragazzo, sempre di una quarta di Ferrara scrive: "Gli extraterrestri descriverebbero i bianchi come delle persone di pelle bianca che arrivano sulle loro terre come Mercurio, Marte, Giove, Saturno per andare ad esplorarle. Li descriverebbero come delle persone ricche di soldi che vanno nello spazio e scoprono che oltre alla terra ci sono anche altri pianeti sconosciuti, che anche se avessero paura ci andrebbero pur di prendere soldi. Gli extraterrestri descriverebbero i neri come qualcosa di strano che si reca li' per sbaglio e va via senza interessarsi di quello che c'e'. Li descriverebbero come delle persone con alcuni vestiti che se scoprissero del cibo farebbero di tutto per averlo".



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