Conversazione con Massimo Covello
a cura di Teresa Mancini
Il programma da Lei presentato, all'atto del conferimento del suo nuovo incarico a
Segretario generale della Camera del lavoro territoriale di Cosenza, punta molto
sullo sviluppo delle aree interne e rurali. Quali le linee e le iniziative che intende
portare avanti per lo sviluppo economico di queste aree?
Io credo che la questione delle aree interne e rurali nel nostro territorio sia una
delle questioni prioritarie a cui prestare attenzione come movimento sindacale. Le
aree interne e la collina nel nostro comprensorio sono oltre l'80 % del territorio
stesso, per cui più che una scelta è un obbligo. Certo bisogna fare in modo che si superi
un'antica concezione: che le aree interne e rurali siano aree marginali sul piano
delle potenzialità dello sviluppo economico. Noi, come sindacato, da tempo siamo
convinti, invece, che queste aree abbiano delle risorse importantissime, come quelle legate
al patrimonio forestale e idrico, ai beni ambientali e turistici. Noi riteniamo che
sia possibile immaginare uno sviluppo integrato di queste risorse in una visione
di crescita sostenibile, che valorizzi e tuteli la qualità, salvaguardi gli equilibri ambientali
e ne promuova la tipicità produttiva. L'altopiano silano, ad esempio, è una delle
grandi risorse che la Regione Calabria può spendere in un contesto europeo e in un
contesto di area mediterranea; già oggi potrebbe utilizzare ben 300 milioni di metri
cubi di acqua invasati, risorsa di assoluto valore non soltanto sociale, ma anche
economica.
Ora Locale , nell'ambito delle riflessioni avviate per la ricerca di nuove strategie
da promuovere per lo sviluppo della Calabria, intende farsi promotrice di soluzioni
di pianificazione economica territoriale rispettosa dell'orografia calabrese, diversificata, come è noto, dalla presenza di mari, monti, colline. Da tempo stiamo assistendo
al depauperamento e spopolamento di territori montani, collinari e all'intasamento
di territori marini con evidenti conseguenze sull'impatto ambientale e sull'assetto
idrogeologico di queste aree. Lei condivide la nostra idea che il potenziamento del
sistema viario di collegamento debba essere una priorità nel piano di sviluppo regionale
oltre che uno strumento di tutela della stanzialità delle popolazioni in aree interne sempre più a rischio di emarginazione?
La nostra montagna, per la trascuratezza delle scelte di carattere economico dei governi
regionali degli ultimi trent'anni, oggi vive una situazione di grande difficoltà.
E' un circolo vizioso. La difficoltà di valorizzare le risorse ha creato una situazione di disagio economico che ha obbligato la popolazione residente all'emigrazione,
facendo venir meno proprio quelle risorse umane, i giovani, con cui avviare azioni
di sviluppo. E' vero i fenomeni storici di migrazione hanno fatto sì che le aree
costiere fossero più appetibili, anche per la facilità di comunicazione, per i trasferimenti
di popolazione proveniente dalle aree interne. Io non credo che oggi sia una priorità
la infrastrutturazione delle aree interne in termini di viabilità, penso, invece,
che ci sia necessità di altre opere di infrastrutturazione e di servizio, ad esempio una
grande azione di fornitura di energia elettrica, di acqua potabile, diffusa in tutto
il territorio, una grande infrastrutturazione della rete fognaria e di depurazione,
una serie di infrastrutturazioni che favoriscano la qualità del vivere civile, oltre
all'implementazione di reti immateriali che possono agganciare lo sviluppo di queste
aree al mercato globale, come le reti di informazione e telematizzazione, di cablaggio.
Altra cosa è qualificare al meglio le grandi arterie di comunicazione che esistono
e che non sono assolutamente adeguate, mi riferisco alla rete di trasporto su rotaia,
alla strada statale 106, all'autostrada Salerno Reggio Calabria. Non ritengo che
il problema delle nostre aree interne sia un problema di accessibilità, semmai è un problema
di qualità della rete dei servizi presenti. Se si riesce a potenziare la infrastrutturazione
civile in senso largo, io credo che si creino migliori condizioni di vivibilità, di potenziamento della capacità di ricettività, perché il futuro si gioca
fondamentalmente su una ipotesi di sviluppo legato a un turismo di qualità per l'offerta,
ma che può e deve diventare anche un turismo di massa per la domanda.
In una nuova politica per il Mezzogiorno, che promuova lo sviluppo delle aree interne,
quale ruolo per il Sindacato?
Ma noi come Sindacato cosentino, da tempo, abbiamo individuato, in una diversa concezione
di sviluppo economico delle aree interne, una nostra proposta politica e programmatica.
Noi non siamo più il sindacato esclusivo dei contadini e dei lavoratori idraulico-forestali, noi non affidiamo più solamente a queste due grandi categorie che hanno
caratterizzato la storia delle economie di queste nostre aree interne, il compito
di riscattare questi territori. Pensiamo di volerne rappresentare gli interessi generali cercando di portare nel confronto con il sistema istituzionale, locale principalmente,
ma poi regionale, nazionale e comunitario, una visione di insieme, un vero e proprio
progetto "Territorio: aree interne e rurali" da cui far scaturire le opportunità
di crescita economica che favoriscono e consentono non solo il permanere di cittadini
che nascono e risiedono in queste aree, ma anche la possibilità di attrarre nuovi
insediamenti umani e insediamenti produttivi, aziendali, imprenditoriali che partano
da un uso rispettoso delle risorse. La Calabria ha un patrimonio forestale di oltre 550.000
ettari di bosco, eppure è una regione che non ha una industria del legno, una filiera
complessiva legata al ciclo del legno. Questo per noi potrebbe essere un grande settore di crescita. La Calabria è una terra, inoltre, che ha la presenza di diversi
biotipi forestali autoctoni, come il pino laricio cosentino, il pino loricato del
Parco del Pollino e molte altre specie. Bisogna attivare la filiera della tutela
ambientale - penso ai parchi - attraverso opere che non sono solo di conservazione, ma anche
di valorizzazione delle peculiarità, come la creazione di una rete di commercializzazione
dei marchi di qualità o di iniziative che possano favorirne la ricettività turistica. Sull'altopiano silano, per effetto dell'antica riforma agraria, esistono trentotto
villaggi che oggi sono per lo più abbandonati. Un moderno sistema di ricettività
turistica potrebbe svilupparsi sul recupero urbanistico di questi villaggi e sulla
costruzione di servizi agro-turistici, agro-ambientali, agro-zootecnici, impedendo la
prosecuzione di un attacco dissennato al territorio. Emblematico, in tal senso, è
il caso negativo di Camigliatello Silano.
Come coniugare lo sviluppo locale delle aree interne della provincia di Cosenza, superando
la logica industrialista, a tutto vantaggio di uno sviluppo che faccia riferimento
alle vocazioni e culture dei territori?
La nostra posizione è quella di creare una rete diffusa che faccia della valorizzazione
delle risorse un'opportunità, una moderna industria della ricettività, il rilancio
di una nuova agricoltura, il completamento delle filiere produttive per fare in modo
che i prodotti tipici delle nostre aree interne non siano collocati sul mercato con
marchi che appartengono ad altre regioni, ad altre imprese. In Calabria nessuno
ha mai analizzato con precisione quante tonnellate di funghi producono le nostre
aree interne, non esiste un marchio di riconoscimento dei funghi, né è noto quante siano le
produzioni semiselvatiche (le fragole, le more, i ribes, i lamponi) presenti nel
nostro territorio e che non vengono commercializzate con un marchio di tipicità.
Si pensi quale valore aggiunto potrebbero ottenere queste e altre produzioni se potessero avvalersi
di un marchio riferito ai parchi o, nel nostro caso particolare, al Parco Nazionale
della Sila.
I patti territoriali attivati nella provincia cosentina sono stati realmente capaci
di attirare risorse per la realizzazione di importanti obiettivi di sviluppo locale?
Per quanto riguarda i patti territoriali bisogna fare una distinzione: ci sono patti
come il PATECO che è stato già messo a finanziamento e ha iniziato a favorire il
consolidamento delle aziende che ne hanno fruito i benefici; altri patti non sono
stati ancora ammessi a finanziamento, come quelli dell'Altopiano silano, del Savuto, della
Media Valle Crati che si troveranno a essere candidati nell'ultimo bando nazionale
che è in corso. Al di là della capacità di attrarre finanziamenti, è la filosofia
del patto che è importante. Noi abbiamo aderito e siamo stati tra i protagonisti della concertazione
legata all'attivazione dei patti. Uno dei mali del nostro territorio e, anche delle
nostre aree interne, è la solitudine dell'agire dei soggetti; i Comuni, il sistema imprenditoriale, il sistema sociale e anche quello sindacale purtroppo agiscono
ciascuno per conto proprio. Questa solitudine ha prodotto dei risultati nefasti.
Bisogna fare in modo che i soggetti riconoscano la debolezza di ogni azione singola
attribuendo forza all'azione concertata, in modo tale da riuscire a costruire piattaforme
condivise, obiettivi selezionati che favoriscano la crescita di opportunità e superino
la frammentazione amministrativa, creando un'interlocuzione territoriale con i livelli istituzionali superiori, la Regione, il governo nazionale, l'Unione Europea, per
attrarre investimenti non inseriti in logiche assistenziali o clientelari, avendo
un progetto organico di sviluppo entro cui contestualizzare le iniziative di intervento.
Per questo abbiamo proposto all'Ente Provincia di attivare la "Conferenza delle aree
interne e rurali".