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La perdita del mare dei Calabresi: incerti rapporti lessicali e d'altra natura lungo i secoli (Parte I)
 
di John B. Trumper
In genere la direzionalita' dei prestiti marinari e' nord _ sud, data anche l'influenza e la pressione delle grandi repubbliche marinare di Venezia, Genova e Pisa lungo tutto il Medioevo e molto oltre, come insegnano parole quali orzare (< venez. orzˆr < mediogreco orqia < o < oqoz), cazzare (venez. ca*ˆr, genov. cassˆ), scotta (come parte della vela). Con questo non si intende che elementi di lessico marinaro autoctono non siano penetrati dal bacino del Mediterraneo al nord Mediterraneo ed alla Spagna o che non ci siano elementi comuni tra i due estremi del Mediterraneo: luvaro e alice sono giustamente voci meridionali, fatto ovvio in base al loro vocalismo, alaccia e' la ri-romanizzazione dell'arabizzazione dell'alice originariamente calabro-sicula poi diffusa come lemma in tutto il Mediterraneo, mentre gli esiti latini di k—c > concha > conchula (Valerio Massimo 1¡ sec. d.C.) > conchicula (Marcello Empirico 5¡ sec. d.C.) / forma volgare conchic'la (Celio Apicio 3¡ - 4¡ sec. d.C.) non danno soltanto le voci per il Murex brandaris lungo il Tirreno (da Praja / Ajeta scunc“gliu fino a Tropea scunc“gghiu) e lo Ionio calabrese (da Rocca scunc'gli a Cariati / Cir˜ M. / Crotone scunc“gghiu, fino a Catanzaro Lido scunc“nu) ma anche il catalano catxel! L'imbarcazione araba denominata sabbak (con la rete sabaka derivata) e' ovviamente la fonte del calabrese sci?bbica, -aca/ sciabbich*dda ( barca e rete) / sciabbacanu, ma e' dalla Calabria e dalla Sicilia che il termine parte per approdare nelle lingue della Penisola Iberica. Spesse volte si tratta di tecnicismi della barca e nave (moscello "tipo di cordame" nel lessico nautico tecnico dell'italiano proviene dal siciliano mescuddu, che a sua volta deriva dall'arabo mi-sadd). Comunque, il bilancio e' a favore delle antiche repubbliche marinare. La quantitˆ e la qualitˆ dei prestiti e il motivo della natura oltremodo composita del lessico marinaro calabrese necessitano in ogni caso di una spiegazione, possedendo la Calabria ben 800 km di costa. Questo resta sempre un problema assai spinoso, nonostante talvolta gli studiosi non siano d'accordo sulla direzionalitˆ della deriva storica nelle questioni di lessico nautico: l'esempio piu' esasperante e' probabilmente la voce italiana "feluca", per la quale gli studiosi non si sono ancora accordati se derivarla dal mediogreco — o dal nordico hulk!

 Nel caso della Calabria si deve presupporre una quasi totale scomparsa in epoca medioevale del lessico nautico e piu' generalmente marinaresco e la sua ripresa post-medioevale, con prestiti da altre fonti, romanze e non. Le cause sono ovviamente storico-politico-militari: l'abbandono delle coste da parte dei Calabresi, per le scorrerie saracene e arabe durante il Medioevo. Numerose sono le storie particolari; ad esempio la Locri storica viene abbandonata, anche se il nome rimane per la diocesi cristiana molto piu' a lungo. Diviene poi Gerace per lo spostamento dalla marina in un sito piu' difendibile; piu' tardi avviene la ridiscesa a Gerace Marina che prenderˆ l'antico nome di Locri nel ventennio fascista, anche se non vi e' affatto corrispondenza con la Locri antica. Un altro esempio e' quello della Squillace antica, abbandonata per motivi di indifendibilitˆ (le sue rovine si trovano sotto l'odierna Roccelletta), che diventa poi Squillace, borgo collinare maggiormente difendibile nel Medioevo. In un terzo momento avviene il graduale abbandono di Squillace, come centro amministrativo ed ecclesiastico, data la sua immediata e facile collegabilitˆ, tramite la Via Popilia, con Cosenza, Napoli e con Roma stessa, a favore di una nuova fondazione nel Duecento a Catanzaro, ampliamento rispetto a Rocca Falluc[c]a e alla Grecia dei bizantini, che diventa centro amministrativo e diocesano, data la sua posizione collinare, la sua distanza dal mare e il fatto di non avere accessi interni alle grosse reti stradali romane che avrebbero permesso facile ingresso a conquistatori medioevali (Arabi ecc.). Il toponimo di Rocca Falluc[c]a, che diviene piu' tardi la Catanzaro post-medioevale, e' presente giˆ in Trinchera per l'anno 1214 come r—gkaz tou fallukou, dal cognome normanno dei feudatari, presente prima come Fol—gaz in testi del 1102, appena 44 anni dopo la vittoria del Conte Ruggero a Messina, mentre nel De rebus gestis Rogerii Calabri* et Sicili* comitis (lib. 4 capp. IX, X) la troviamo denominata Rocca nel 1088 come feudo di Mihera Çfilius Hugonis FallocÈ [nel cap. IX vi e' la stretta associazione Catanzarium et Roccam, forse la prima apparsa in assoluto del nome "Catanzaro" nel 1087-88]. Come cognome di piccola nobiltˆ "marinara" esso potrebbe rivelarsi esito di quella voce Hulca ÇliburnaÈ, Çnavis onerariaÈ (con H- ri-interpretato come F- prima dai Normanni, poi dai Calabresi), nome della famiglia che per prima ha costruito una piccola roccaforte su quel sito. Il nome di "Squillace" rimane a lungo quello della diocesi cristiana, come nel caso di Locri. Il toponimo Catanzaro rimane, invece, l'unico relativo ad un insediamento urbano calabrese di certe dimensioni di chiara origine araba (G. Alessio, Saggio di Toponomastica Calabrese, G. Rohlfs, Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria).
La storia calabrese e' stracolma di incidenti simili, anche se l'unico Emirato arabo fisso sulle coste di calabresi fu quello di Amantea, continua fonte di vessazione per Cosenza. E' stato soltanto dopo la battaglia di Trebisacce nel Quattrocento, e poi, dopo la vittoria dei Veneziani a Lepanto, che le coste non fortificate della Calabria ripresero la loro agibilita' e i Calabresi una nuova dimestichezza con le cose di mare, dopo tanto tempo.

 Le implicazioni che queste vicende hanno avuto sul piano storico, riguardano ovviamente gli studiosi di tale disciplina. Come studioso della lingua, in tutti i suoi molteplici aspetti, vorrei riportare l'attenzione, soprattutto di chi con la lingua ha un rapporto di fruizione, spesso distratta da altri problemi, sull'importanza di coniugare discipline, solo apparentemente lontane, per disegnare il quadro dei rapporti tra storia, cultura, societa', magari col prezioso tramite della lingua.



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