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Con un dibattito pubblico, tenutosi a Roma nel giugno di quest'anno, e con la presentazione
di un documento programmatico cui hanno aderito molti intellettuali ed esponenti
politici, è nata l'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra. A Cosenza, il
29 settembre, ha avuto luogo la prima assemblea dei soci calabresi. Pubblichiamo qui
di seguito due interventi sulle finalità dell'Associazione.
Per adesioni: fax 06/6711268; tel. 06/6711263
Un'Associazione per rinnovare la sinistra
di Aldo Tortorella
L'associazione culturale e politica, per il Rinnovamento della Sinistra, da tempo
in preparazione, si è costituita proprio nel mentre si è venuta manifestando - attraverso
le permanenti difficoltà e convulsioni del governo attuale - la gravità delle conseguenze della reciproca incomprensioni o, peggio, della reciproca lotta tra i due maggiori
partiti della sinistra italiana e la crisi profonda di ciascuno di essi. C'è un male
profondo nella sinistra che non può essere spiegato unicamente attraverso le sue
cause più immediate.
E' l'idea della politica come puro gioco tra i vertici che respinge e allontana, perché
si avverte che non chiede partecipazione ma la teme, e vuole, al massimo, il gesto
dell'applauso, o comunque l'acconsentimento passivo. Deve perciò essere subito chiaro che non si tratta di ripetere in piccolo con una associazione come questa ciò che
viene fatto in grande. Non si tratta di dare supporto a qualcuno, ma di creare uno
spazio libero in cui sia possibile elaborare idee, se ci si riesce, e creare attività
culturale, sociale e politica per intervenire sugli orientamenti diffusi e, se è possibile,
per dare voce, o almeno un luogo di incontro, a quella grande parte di sinistra che
sta fuori da ogni partito e forse è maggiore di quella che sta dentro ai partiti
ancora vittime dei loro medesimi meccanismi ereditati da altre stagioni, quando quei
meccanismi ebbero un senso ormai perduto da tempo. Io avverto che anche la parola
che noi adoperiamo dicendo: "sinistra", richiama significati così strettamente connessi
alla pratica del potere, alla manovra di princìpi, ad un sistema tutto interno ad istituzioni
estranee e distanti, che essa può persino suonare come una barriera per chi pure
coltiva forme di pensiero critico rispetto alla società data e agisce o vorrebbe
agire per modificarla. Siamo in una delicata e difficile fase di passaggio non solo in
Italia, sebbene qui da noi, forse, più che altrove. Si è utilizzato e si sta consumando
un patrimonio costato tanta fatica a tante generazioni, ma non se ne sta creando
uno nuovo.
Discutere delle idee di fondo della sinistra attuale non significa sottovalutare ciò
che i partiti di sinistra sono venuti facendo fin qui pur nelle loro aspre contese
interne e in quelli che a me paiono le loro insufficienze. Il fatto che oggi le sinistre discutano su come governare il paese partecipando effettivamente a governarlo è certamente,
per l'Italia, un fatto di portata rilevantissima, perché costringe ciascuno a fare
i conti con la realtà data e a misurare i propositi con gli atti. Io ritengo che la politica non si riassume e non termina nell'aspirazione al governo e che l'idea
del governo - o peggio del potere - come fine in se stesso è del tutto sbagliata,
ma capisco bene che una forza politica deve essere capace di misurarsi con il compito
della direzione della cosa pubblica. L'attuale accesso al governo è merito dell'insieme
delle forze di sinistra ognuna delle quali vi ha contribuito esercitando un proprio
ruolo che andrebbe reciprocamente riconosciuto.
Personalmente non condivido - al di là dei dissensi di merito - l'orientamento di
metodo assunto da Rifondazione verso la coalizione di centro-sinistra nel momento
in cui ha deciso di sostenere, seppur dall'esterno, il governo. E' ben chiaro che
il programma e i propositi di Rifondazione divergono da quelli dell'Ulivo, ma la decisione di
sostenere un governo implica una cooperazione tra diversi che dovrebbe portare a
forme di mediazione che pur mantenendo ferma la identità di ciascuno consentano accordi
non occasionali. Ma se una svolta deve essere chiesta a Rifondazione, un cambiamento
d'indirizzo non meno profondo va chiesto ai Democratici di sinistra. Oggi appare
un evento miracoloso la eventuale trasformazione di una maggioranza numerica in una
maggioranza politica. Ma quest'opera di costruzione avrebbe avuto un carattere meno arduo se
fosse iniziata subito dopo le elezioni, costruendo alla base l'intesa tra tutti i
protagonisti del successo elettorale, come si doveva, come allora si poteva e come
fu proposto. Ma non fu questa la linea: tutto l'accento e l'impegno fu posto sullo sforzo
per l'intesa con le destre per la riforma istituzionale. Non è riuscita questa impresa,
non si è sfondato al centro, e si perde a sinistra. La posizione è del tutto speculare a quella di Rifondazione. Ognuno dei due maggiori partiti di sinistra che, insieme,
non arrivavano al 30 per cento dei voti ha visto nell'altro più un avversario e un
potenziale pericolo che un alleato, secondo una logica vecchia quanto le divisioni
e le separazioni che hanno segnato la storia della sinistra.
Anziché creare cooperazione pur nella distinzione, la logica delle due sinistre porta
all'esasperazione il rischio del moderatismo da un lato e quello del radicalismo
dall'altro, con il risultato che nessuna delle due tendenze riesce a dare risposta
alle domande poste dalla crisi delle culture fondative delle sinistre.
Dinnanzi alle conseguenze preoccupanti delle politiche liberistiche più radicali,
le sinistre si sono venute proponendo come garanti di una relativa pace sociale attraverso
la politica di concertazione e la piena assunzione del privatismo. E' nata così la
figura di una sinistra neoriformista che assume caratteri neoliberali, e, di contro,
una sinistra con forti tendenze all'appartamento e alla autoesclusione.
Per questi motivi noi abbiamo ricordato, nelle note che hanno costituito la base per
la nascita dell'Associazione il bisogno di mantenere ferma una cultura critica della
realtà che è il portato più valido del movimento socialista di ispirazione marxiana.
Il fatto che anche un pensiero critico possa sclerotizzarsi in forma dogmatiche e generare
mostri (com'è accaduto non solo al pensiero comunista, ma anche al pensiero laico
occidentale per non dire di quello religiosamente ispirato) non può spingere a rinunciare alla critica della realtà, se non sopprimendo i motivi medesimi dell'esistenza
di una sinistra.
Il danno peggiore determinato dalla politica come tatticismo, come gioco di vertice,
come astuzia manovriera non è soltanto il fatto che, alla lunga, questa politica
rimane vittima delle proprie macchinazioni ed è destinata al fallimento; il male
peggiore è che essa semina una cultura deteriore e genera in risposta forme non meno misere
di irritazione settaria e subalterna. Ci si stupisce che la destra non abbia pagato
alcun prezzo per la rottura istituzionale, ma non si capisce quale prezzo potesse
pagare se non c'era un reale e civile confronto di idee, se ogni cosa veniva presentata eguale
al suo opposto, il presidenzialismo eguale al governo del primo ministro, il federalismo
competitivo eguale a quello collaborativo, eccetera.
Naturalmente, un pensiero socialista critico, oggi, non ha senso se non si trasforma
e non acquista una dimensione nuova comprendendo bene i motivi di tanti risultati
esaltanti e di tante terribili tragedie. Non averlo fatto ieri scegliendo la strada
della rimozione è costato e sta costando carissimo.
Noi non abbiamo da affermare verità dottrinarie, il che fu sempre un errore, ma vogliamo
aprire una discussione. Così è per la parola socialismo cui tuttora si ispirano i
nomi di molti partiti europei e anche i D.s., i quali dichiarano di appartenere al
partito socialista europeo. Ma che cosa si intende con la parola socialismo è oggi generalmente
considerato una discussione oziosa: il termine è caduto in oblio come si fa per una
memoria imbarazzante, dato che si ritiene e si dice che pensare una società altra rende meno impegnati e meno affidabili per governare quella che c'è, e che viene
assunta come unico orizzonte di senso, lasciando al Pontefice cattolico di protestare
contro le più conclamate ingiustizie del mondo.
Se non si fosse ragionato intorno a valori su cui si può pensare di radicare una società
diversa, non si sarebbe potuto e non si potrebbe neppure criticare il presente: la
politica si ridurrebbe - come si riduce - ad un puro scontro di potere. Risollevare
l'idea socialista significa innanzitutto ricordare la storicità - e dunque la superabilità
- della formazione economico-sociale fondata su rapporti di produzione capitalistici,
essa stessa profondamente trasformata nel corso del secolo non solo a causa delle modificazioni tecnologiche e delle spaventose guerre generatesi al suo interno,
ma trasformata anche e proprio per effetto della spinta del movimento socialista
e della medesima gara con l'esperienza sovietica.
Risollevare oggi una discussione sul socialismo non avrebbe senso, però, senza far
propria tutta la riflessione che ha percorso il secolo e ha fatto scoprire ciò che
viene prima e oltre la struttura economica della società contribuendo a determinarla.
Intendere la natura sessista della società e di molti dei valori che furono ritenuti universali,
ma che in realtà erano nella loro essenza la proiezione del dominio maschile, non
vuol dire unicamente completare un ragionamento sulla storia prima pensata unicamente come scontro tra le classi, ma assumere un altro punto di vista sulla storia
e sul medesimo conflitto tra le classi. Leggere il limite che è nella concezione
dello sviluppo illimitato e industrialista, ch'è tradizionale a sinistra, non significa
soltanto aggiungere all'elenco delle contraddizioni quella tra uomo e natura, ma ripensare
una intera forma di incivilimento determinato da un determinato modello di consumi.
Sostenere il valore universale della democrazia, non significa rinunciare a vedere
i vincoli posti alle precondizioni che la rendono effettuale a partire dal diritto
alla informazione e al sapere. Per quanto si sia dimostrata criticabile la tesi di
Marx sulla soppressione dell'egoismo proprietario come strumento di per sé creatore di una
nuova idea di libertà solidale, altrettanto si è dimostrata fondata l'analisi marxiana
sul rapporto contraddittorio tra eguaglianza politica e disuguaglianza economica.
Il tempo della espansione universale del modello capitalistico rende più evidente non
solo l'abisso di potere che separa persone formalmente eguali, ma mette in luce la
tendenza a respingere la politica non verso la costruzione della società giusta,
secondo l'espressione e l'aspirazione del maggiore teorico attuale della liberal-democrazia,
ma verso la funzione di sostegno e garanzia delle entità proprietarie e dei rapporti
tra di loro. Ecco perché una sinistra che non riscopra il proprio fondamento nella
idea di eguaglianza, di libertà solidale, di liberazione del lavoro, rinuncia a se stessa.
Dunque, c'è molto da fare, posto che lo si voglia. E' un "fare" anche il capire, l'aiutare
la conoscenza, l'affermare le proprie idee e, se mi si passa l'espressione, il testimoniare
i propri convincimenti. La parola "testimonianza" è stata a lungo vilipesa a sinistra: non siamo qui per testimoniare, si diceva e si dice, ma per agire, per
scegliere, per governare. Ma quanto più - per fare un esempio - si è ridotta la testimonianza
offerta da un volontariato politico di base, respinto in una funzione puramente subalterna, tanto più si è venuto affievolendo il senso della politica e impoverendo
la stessa opera dell'amministrare e del governare. C'è da compiere uno sforzo per
ridisegnare il nostro modo di pensare la realtà. Ho accennato ad alcuni temi, come
quello essenziale della democrazia in cui compare una nozione in parte diversa da quella
che oggi viene seguita dalla maggioranza della sinistra. E' possibile, su questo
come su altri, promuovere seminari e giornate di studio, per intervenire nel dibattito
culturale e politico, come abbiamo fatto per la giustizia o per i diritti dei lavoratori.
C'è da promuovere una riflessione sulla nostra stessa storia, quella del Paese e
della sinistra italiana, su cui si raccontano falsità a non finire.
Tuttavia, se si vuole provare a intervenire sugli orientamenti culturali diffusi,
non si può pensare solo ad un'opera per la conoscenza: il "fare" dovrebbe diventare
anche l'intervento sulla e nella politica per promuovere la discussione e l'incontro
unitario a sinistra, per affermare e organizzare posizioni che appaiono giuste o per combattere
altre che sembrino sbagliate. Possono apparire impegni troppo grandi per una associazione
che nasce, che conosce la modestia delle proprie forze, che ha solo un recapito provvisorio e che non ha un soldo e che vuole procurarseli, quelli che servono
per non rimanere inerti, contando solo sulle proprie forze. Sappiamo, però, di avere
già numerosi amici in ogni parte d'Italia e di potere già oggi annunciare un comitato
promotore significativo cui altri speriamo aderiranno, mettendo in discussione, per
una più vasta adesione, la bozza del documento preparatorio secondo le correzioni
che ci suggerite a voce e per iscritto. Ma sappiamo, soprattutto, che ci sono tante
altre iniziative associative piccole e grandi con intenti assai simili con cui vogliamo incontrarci
e, se lo vorranno, promuovere attività comuni.
La convinzione da cui muoviamo è che una sinistra senz'anima non serve a nessuno.
Naturalmente, non saremo noi a colmare un vuoto che sta diventando grandissimo. L'importante
però è non arrendersi alle cose come stanno andando. Se con questa iniziativa avremo ridato coraggio e speranza a qualcuno sarà già un passo avanti. E forse potremo
fare anche di più.
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