Da molti anni l'Unesco esercita su oltre 500 luoghi della Terra particolarmente significativi,
per la vita del genere umano e per la sua storia culturale, una protezione in nome
della umanità intera. Sono luoghi definiti patrimonio dell'umanità ed in nome di questa e delle popolazioni locali, che in essi vivono e si adoperano per custodirli,
alle Nazioni Unite viene affidato il compito di salvaguardarne l'integrità e l'esistenza
per le generazioni future e di garantirne l'equilibrata fruibilità per quelle attuali.
Molti di questi luoghi insistono nel Mare Mediterraneo ed in particolare lungo le
coste o all'interno della Penisola italiana. Essi sono segnati da tracce umane ed
artistiche di epoche diverse o mantengono da millenni inalterata la loro fisionomia
naturale. Nei confronti di trasformazioni irreversibili messe in atto dall'azione delle società
moderne, che talvolta cancellano memoria, storia e paesaggi, e di fronte ai rischi
di distruzione delle stesse basi ecologiche e culturali del genere umano, che progetti di sviluppo non controllati da adeguate valutazioni di impatto mettono in campo,
la protezione dell'Unesco può rivelarsi un valido sostegno a quanti - in sede locale
o in qualsiasi altra parte del mondo - si oppongono a siffatte azioni.
Riteniamo che l'area dello Stretto di Messina - che può essere annoverata a pieno
titolo tra i luoghi-patrimonio dell'umanità - sia oggi in serio pericolo.
Chiediamo pertanto che l'intera area, delimitata dai comuni costieri delle Province
di Reggio Calabria e di Messina che si affacciano sullo Stretto, sia posta sotto
la protezione dell'Unesco.
Il progetto di costruzione del Ponte tra Scilla e Cariddi, qualora si realizzasse,
rappresenterebbe la cancellazione fisica dell'ecosistema dello Stretto, già attualmente
fortemente compromesso. E, si badi bene, in tal caso non si tratterebbe soltanto
di un irreversibile danno ambientale, ma della cancellazione delle basi biologiche e fisiche
di un patrimonio culturale antichissimo. Un patrimonio che senza alcun dubbio è componente
di rilievo dei "mondi vitali" delle popolazioni mediterranee e contiene tradizioni, linguaggi, simboli e risorse di identità.
Da questo ambiente ha tratto ispirazione, sin dall'epoca omerica, la cultura del Mediterraneo
e del mondo intero. La letteratura, il teatro, la poesia, le arti figurative e lo
stesso sapere e linguaggio quotidiano.
L'espressione "tra Scilla e Cariddi" è luogo comune per molte lingue ed esprime, nel
mondo, un medesimo significato. Luogo comune, in questo caso, non sta ad indicare
semplicemente un modo di dire, un pregiudizio, una verità probabilmente falsa e non
sottoposta a critica riflessiva. Luogo comune è in questo caso ciò che etimologicamente
l'espressione indica: un luogo in cui la comunità umana riconosce se stessa, il suo
alto riferimento identitario e culturale, la relazione tra storia e natura.
Nella espressione "tra Scilla e Cariddi" è sintetizzato un sapere ancestrale ed attualissimo
che indica nel medesimo tempo il valore positivo del dubbio, la relatività e l'ambivalenza,
la saggezza del riconoscimento del limite.
Il progetto del Ponte di Messina non è antico come questa cultura, ma trova tracce
nella storia del Mezzogiorno d'Italia sin dalle sue ripetute invasioni, dall'epoca
di Carlo Magno, sino all'unificazione d'Italia ed alla più recente assemblea Costituente.
Ogni volta alla ribalta salirono personaggi che in nome di un malinteso senso del
progresso si proposero di sfidare l'antico fato omerico, disposti ad affrontare -
senza cera alle orecchie e senza legature all'albero, per usare la metafora greca
- il canto delle Sirene. Ogni volta limiti tecnici, eventi sismici, giustificati timori e moderazione
nella valutazione fecero sì che non si procedesse nemmeno ad una vera progettazione.
La saggezza prevalse sulla hubrys
e la retorica incosciente. E tuttavia va riconosciuta la radicata aspirazione delle
élite culturali e di larga parte della popolazione siciliana ad un collegamento stabile
tra l'Isola, il Continente e l'Europa: il contenuto simbolico, oltre che pratico,
di questa aspirazione tende a ribaltare non tanto l'insularità della cultura e della
società siciliana, quanto piuttosto la sua condizione di marginalità e di esclusione.
Oggi - a differenza dei decenni trascorsi - ci troviamo di fronte ad un progetto,
già in parte formalizzato, che attende dalle istituzioni nazionali e dal Governo
l'autorizzazione per lo studio esecutivo. Contro tale progetto 60 studiosi e docenti
di discipline urbanistiche e del territorio delle Università italiane hanno sottoscritto un
documento in cui si legge: il sistema costruito dagli altissimi piloni (360 m/slm,
ndr.), la trave ed il coacervo di funi reticolari costituirebbe una macroparatia
di oltre 1.200.000 metri quadri ortogonalmente all'asse dello Stretto, con rottura della
continuità scenografica e assunzione di una configurazione a baia. oltre all'enorme
impatto paesaggistico - continua il documento citato - vanno ricordati gli effetti
di distruzione degli ecosistemi marini e costieri, anche per le nuove linee ferroviarie (36
km) e autostradali (25 km), oltre agli svincoli previsti sulle due sponde: ancora
la trasformazione dei litorali, la modifica dei cicli idrogeologici e delle linee
di riva; la cancellazione di microflora e microfauna, la rottura dei flussi migratori (di decine di specie avicole, molte delle quali protette, che stagionalmente risalgono
il Mediterraneo provenienti dall'Africa, ndr.
)
[...] Per tutto ciò oggi rinnoviamo l'appello al Governo Italiano perché si cancelli
definitivamente il progetto del Ponte di Messina, e chiediamo alle Nazioni Unite ed al massimo organismo culturale, l'Unesco, di assumere
sotto la sua protezione l'area dello Stretto di Messina in quanto base intangibile
e patrimonio dell'umanità.
La pagina è a cura di Osvaldo Pieroni - docente di Sociologia dell'Ambiente - Università
della Calabria