Prendiamo avvio dalla riflessione
che sulle categorie di globale e locale fa Michel Serres (1980), nel suo
libro dedicato alla fisica atomista e al De rerum natura di Lucrezio, inquadrando
la questione della relazione fra "Sud e Nord" da questa prospettiva. «L'idea
di limite - osserva Michel Serres - è connessa all'idea di minimum,
al calcolo e alla descrizione dei confini, che sono fatti di intervalli,
scarti, avvenimenti particolari».
L'atomismo epicureo concepisce
uno spazio plurale, sparso, costellato di singolarità locali, governato
dalla necessità o dal caso, di contro al quale Serres pone il globalismo
stoico secondo cui il piacere è affidato al movimento, al prolungamento
nello spazio e nel tempo, al sapere enciclopedico, alla rete come modello
comunicativo. La visione del mondo della fisica epicurea (che oltre a Lucrezio
si rifà ad Archimede), presenta soluzioni locali, singolarità,
flussioni, scarti: è una fisica della pluralità dei mondi
e della loro esistenza temporanea. Nell'universale, invece, opera una ragione
di potenza e di crudeltà che copre la terra dei morti [...]. La
figura del "Giardino", luogo finito e limitato, contrapposto a quella del
"Portico", luogo di passaggio in cui si trascorre dal locale al globale,
raffigura essenzialmente l'etica della località.
Decliniamo ora il binomio "locale-globale"
in rapporto ad altri punti cardinali, quelli che contraddistinguono in
Europa l'Est rispetto all'Ovest.
Heiner Müller con la sua costante
riflessione sulle due Germanie offre una prospettiva rovesciata rispetto
a quella tradizionale delle società capitaliste: l'Est è
la civiltà, l'identità mentre l'Ovest è la barbarie,
la mancanza di identità. Secondo il suo ragionamento la Germania
Est corrisponde al "locale" (e alla forza e potere del teatro), mentre
la Germania Ovest al "globale" (alla forza e al potere dei media di massa).
«Nella DDR esistono maggiori
possibilità di opporsi all'assoluto appiattimento imposto dai media
tecnologici», sostiene Müller, ragion per cui l'attrazione che
la Germania federale esercitava sui giovani, è motivata dal fatto
che nell'Est cercano «quelle radici che la rivoluzione informatica
ha completamente eliminato». Come si spiega che «i testi che
vengono dalla Repubblica Federale sono linguisticamente più complessi
e più densi, motivo per cui offrono maggior resistenza all'americanizzazione,
alla cultura dell'usa e getta, all'unidimensionalità della produzione
tedesco-occidentale, anche in campo artistico» (Müller, 1994,
p. 137).
Un esempio è Beuys, l'artista
europeo più conosciuto che ha attinto la sua «estetica spoglia,
dalla produzione della DDR, boccali di conserva, arnesi arrugginiti, boccette
di medicinali, eccetera. Con questa arte povera Beuys evoca generatori
mentali e riserve energetiche che, tutte insieme rimandano a dimensioni
intellettuali più consone [...]. Nonostante tutte le contraddizioni,
Beuys trova oltre cortina la base materialistica della sua metafisica»
(ibidem).
Genius loci come creazione
di un luogo mentale, di un dispositivo generatore di immagini e passioni
che alimentano il mondo poetico di un autore. Un paesaggio particolare
con la sua geografia, clima, aria, luce si trasforma in spazio della rappresentazione.
Per Franco Scaldati (scrittore,
attore, regista cha appartiene alla tradizione delle autori-attori di teatro,
come Eduardo De Filippo, Giovanni Testori, Carmelo Bene) Palermo è
il luogo dove si origina e si forma la sua scrittura.
«Napoli respira la commedia,
noi respiriamo la tragedia. In Sicilia, a Palermo in particolare, tutto
è mistero. Noi siamo legati da una matassa che è impossibile
sciogliere. La nostra è la terra delle culture sconfitte, sconfitte
perciò misteriose perciò trionfanti. Le nostre sono verità
sapienziali, non sono mai verità definite come quelle delle culture
vincenti, come le verità di quelle società dello sviluppo
che oggi sembrano così livellate. [...] A Palermo comincia tutto
e non finisce niente. Ma questo non finire non riguarda soltanto Palermo,
la Sicilia, il Sud: riguarda tutta l'umanità, è il suo -
è il nostro - problema. Scrivere di Palermo significa scrivere dell'uomo.
Io scrivo dell'uomo e del suo rapporto irrisolto con la morte, con la fine
delle cose. Probabilmente è più facile farlo a Palermo, tutto
questo».
Per Carmelo Bene «affondare
la propria origine in terra d'Otranto è destinarsi un reale-immaginario
[...]. Ora, non è un azzardo, perché eccede l'azzardo, questo
venir meno del raccontare. Ci si trova immersi in un qualcosa che mai ebbe
un inizio: un'etnia sposata a una vita immaginaria.
Ora dove questo Pensiero depensa
si spensiera, via via scendendo fino a Capo Leuca. Lì comincia la
Magna Grecia. A Sud del Sud. La Magna Grecia è il depensamento del
pensiero del Sud. [...] Allora queste origini reali e immaginarie insieme
sono fondamentali per quanto seguirà del mio non esserci. In quanto
poggiano esse stesse, tollerante quella chiesa stupenda otrantina, sul
vuoto.
Se non si è (dis)-graziati
da questo privilegio, là dove la miseria è un lusso - o almeno
lo era fino a poco tempo fa -, se non si è graziati da una siffatta
premessa etnica, non avrei potuto accedere all'essere senza fondamento,
alla spensieratezza, a un'arte teatrantesi che inscena la sospensione del
tragico dopo Nietzsche» (Carmelo Bene, 1995, pp. 1052-54).
Nei due esempi citati, il genius
loci è dispositivo dell'attività creatrice, che prende la
sua peculiare forma dall'abitare quel paesaggio, quella dimora (nello stesso
modo in cui il Lare, il dio tutelare determinava il destino dell'uomo,
secondo i romani).
In uno studio recente, 'Ecologies
of Theatre' (1996), Bonnie Marranca analizza i mondi possibili creati dal
teatro come un ambiente, un organismo che interagisce con un sistema culturale
(estetico), in cui «paesaggio, mito e memoria creano e testimoniano
al tempo stesso di tutte le storie della vita».
Ecco che trova un ulteriore giustificazione
l'interrogativo iniziale: con quale sistema culturale ed estetico si è
venuta a scontrare la cultura del teatro di ricerca al Sud e che tipi di
interazioni si sono prodotte?