Sulle ragioni del fallimento del Consorzio teatrale Calabrese, trasformatosi
in Teatro Stabile della Calabria, è mancato un dibattito scevro da
strumentalizzazioni politiche, così come è mancato un contributo da parte di
intellettuali e operatori del settore per capire quale dovesse essere il suo
ruolo, né quando era in vita e neanche quando è stato sciolto per decreto,
lasciando strascichi gravosi, risolti in sede legale con sanatorie a lungo
contrattate.
Risulta, a distanza di quasi un decennio, anche difficile, se non
impossibile ricostruirne il percorso dalle origini fino alla sua caduta,
perché i documenti sono stati sequestrati dal tribunale che ha indagato sul
fallimento dello Stabile e non esiste un archivio.
Dalle due testimonianze - quella di Nello Costabile, primo direttore
artistico del Consorzio e di Vincenzo Ziccarelli, presidente dello stesso -
risulta una macroscopica divergenza di valutazioni della vicenda dello
Stabile calabrese, sia per quanto riguarda le sue finalità statutarie che le
cause del suo fallimento.
Non si può non rilevare in questa vicenda un concentrato di errori politici
e culturali.
Rischiando di essere confinati nella "categoria dei detrattori" (coloro che
pregiudizialmente tendono a evidenziare nella storia passata e in quella
recente, solo la dimensione negativa), tuttavia, questo caso dimostra come
in Calabria il problema di fondo non sia tanto la difficoltà di fondare
istituzioni, strutture, imprese, quanto quello di essere in grado di
gestirle. A noi sembra che questo gravissimo e triste episodio della vita
culturale della Calabria, riconfermi una malattia cronica della nostra
regione: l'incapacità gestionale associata allo sfruttamento clientelare
delle istituzioni pubbliche.
Gli equivoci che a nostro parere hanno determinato la brutale concellazione
dello Stabile,si riscontrano:
a) nell'ideologia pseudo-meridionalistica secondo cui fondare un teatro
Stabile sarebbe stato funzionale a fondare una drammaturgia, delle figure
professionali e artistiche radicate nella regione, espressione del suo
genius loci, di una supposta e presunta cultura del teatro che avrebbe
dovuto propompere per incanto dal territorio;
b) nella pretesa velleitaria di voler promuovere e far circolare una
produzione autoctona in un territorio dove non c'era mai stata una cultura
teatrale, produzione in grado di competere con quella degli altri teatri
stabili, con già una storia e una tradizione alle spalle;
c) nel non aver affrontato il problema della formazione in termini di nuove
professionalità per il teatro, commettendo l'errore di porre la questione
(la formazione degli attori, degli organizzatori, dei tecnici)
esclusivamente come problema clientelare, mascherato con uno spirito di
rivalsa provinciale a favore dei bistrattati attori calabresi;
d) nel conflitto fra cultura lcoale e cultura nazionale, fra una dimensione
che cercava di affermare, senza essere però sostenuta ideologicamente e
culturalmente, linguaggi, storie, identità della regione, e il paternalismo
di sinistra che - come la monarchia sabauda ai tempi dell'Unità d'Italia -
pensava di sprovincializzare la Calabria facendo del Sud un nuovo mercato.
La nascita del Teatro Stabile della Calabria, sostenuta dalla benevolenza
clientelare dell'allora minsitro al Turismo e allo Spettacolo, on. Dario
Antoniozzi, cosentino, con la legittima motivazione che anche il Sud aveva
diritto ad avere i suoi teatri stabili, rispondeva in effetti alla logica
secondo cui il Nord produce beni e il Sud li consuma.
La rapida ascesa e l'altrettanto rapida caduta del terzo teatro stabile del
Meridione è simbolica espressione della condizione di insularità e
d'eccezione del teatro in Calabria. Insularità sia per quanto riguarda il
territorio regionale in cui ogni città fa stato a sé, per cui non si sono
creati né esistono circuiti in cui esperienze, proposte, modelli
organizzativi possano diffondersi e svilupparsi. Sia anche in termini di
assenza di una cultura del teatro, ovvero di un tessuto di tradizioni,
figure significative, utopie, battaglie, eventi radicati nella memoria e
nell'immaginario collettivo.